La carezza dell’agente che batte la violenza.

In una giornata in cui il desiderio di capire come sono andate le cose si mescola a un certo qual senso di vergogna per le scene di violenza che hanno sfregiato la capitale nelle prime ore del mattino, il gesto del poliziotto nei confronti della rifugiata grazie, Angelo Carconi, fotografo dell’Ansa, per questo scatto – è un momento di piccola bellezza nello sfacelo generale. Non è più come ai tempi della battaglia di Valle Giulia, quando Pasolini, tra gli studenti e i carabinieri mandati a caricarli, stava dalla parte di questi ultimi, «figli di poveri» contro «figli di papà». Oggi, dubbi su chi fosse il vero povero, negli scontri di piazza Indipendenza a Roma, non ce ne possono essere. E però, di questi tempi incarogniti, dove il razzismo mena colpi al buio, senza distinguere il terrorismo dallo Ius soli, il rifugiato dal migrante, il richiedente asilo dal residente, e figuriamoci i somali dagli eritrei, o dai marocchini o dai tunisini, tutto ci si poteva aspettare tranne che un poliziotto, nel mezzo del corpo a corpo, trovasse la forza di accarezzare una manifestante, e poi di prenderla per mano (gli scatti successivi ci dicono questo) e accompagnarla a cercare le sue cose. Non sappiamo cosa ha fatto scintillare quella carezza, forse l’uomo ha riconosciuto in quello strazio un dolore simile al suo, o forse ha intravisto gli inferni che hanno portato quella donna fino a lì, in un luogo che si presumeva civile, e che si è rovesciato nel suo contrario. Forse ancora ha avuto pena e pietà, per lei e per se stesso, mandato a combattere un nemico già vinto. È quasi impossibile resistere alla tentazione di vedere in quella carezza molto più di quello che è, non solo perché ci piace sentirci migliori di quanto siamo, ma perché l’umanità è magnetica. E se è sopravvissuta in una giornata come quella di ieri, non tutto è da buttare, domani.
La Stampa