Dopo mesi di ordini e contrordini per spiegare agli italiani come proteggersi dal virus, il Governo è preoccupato per l’anima dei cittadini e raccomanda un Natale sobrio, asettico, per vivere al meglio un “giorno di raccoglimento spirituale”, tra un acquisto su Amazon e l’altro. C’era da immaginarselo dopo il catechismo di chi, citando Matteo 18-20, voleva convincerci che la messa pasquale non fosse certamente un’attività essenziale. A questo punto, con il Vaticano troppo impegnato a piangere per l’estinzione del capibara maculato dell’amazzonia e lo scioglimento dei ghiacciai, è lecito aspettarsi l’istituzione del Ministero della Religione, con il compito di modernizzare sacramenti e feste comandate istruendo la popolazione per il tempo presente. Nell’attesa, un cattolico non può che rispondere alle intimazioni del Governo sfoderando il dogma più incontestabile della Costituzione italiana. Grazie dell’interessamento signori ministri ma, per amore della laicità dello stato, alla salvezza della mia anima ci penso da me. Si potrebbe anche far leva sul solito fascino per il multiculturalismo. Per la nostra religione santificare le feste è un comandamento irrevocabile. In qualità di minoranza de facto, noi cattolici desideriamo continuare a farlo. Nel nome del rispetto delle diversità e del dialogo interreligioso, naturalmente.

Difficile non pensare al peggio quando lo Stato e i suoi burocrati esprimono – anche goffamente – l’intenzione di ficcare il naso nelle tradizioni e nelle festività religiose, materia troppo importante per essere oggetto di un decreto legge. La Storia abbonda di precedenti poco felici. Uno dei più paradossali fu quello dell’interregnum di Oliver Cromwell in terra britannica, a metà del diciassettesimo secolo. Presi da un incontenibile zelo religioso, i puritani al potere bandirono il Natale e la Pasqua: troppi bagordi, troppa allegria, troppe bevute e occasioni di peccato. Ma, soprattutto, troppi richiami all’odiato ‘culto papista’. All’estremo opposto dello spettro religioso e politico, possiamo ricordare il calendario rivoluzionario francese del 1793 che vietava le celebrazioni natalizie. Tra i diversi provvedimenti per far piazza pulita delle tradizioni scomode, insieme all’istituzione del culto della ‘dea ragione’, c’era l’aggiornamento del ricettario nazionale: la Torta dei Re Magi veniva sostituita dalla ben più laica ‘Torta dell’Uguaglianza’. I traguardi della Francia ispirarono un’altra grande repubblica rivoluzionaria. Le parole di William Henry Chamberlin, ex-comunista e corrispondente americano in Unione Sovietica dal ’22 al ‘34, descrivono bene lo zelo e lo spirito antireligioso del regime:

Ci sono stati molti esempi, nella storia, di una religione che ha perseguitato crudelmente tutte le altre; ma in Russia il mondo sta assistendo al primo tentativo di distruggere completamente qualsiasi interpretazione soprannaturale della vita.

William Henry Chamberlin

Anche l’URSS abolì il Natale, che venne vissuto dai cristiani sovietici come una celebrazione privata che non godeva di alcun riconoscimento da parte di uno stato invero apertamente ostile. I bolscevichi ebbero almeno la decenza di non nascondersi dietro a pie e paternalistiche motivazioni. C’era la causa dell’ateismo radicale, oltre che la brama di legiferare su uno degli aspetti più importanti della vita pubblica: cosa un popolo deve festeggiare, e cosa non è degno di essere ricordato. Il Natale doveva diventare un party privato per bigotti. I festeggiamenti per il nuovo capodanno civile, inaugurato dal Governo per soppiantare quello tradizionale ortodosso del 12 Gennaio, ne avrebbero eclissato il ricordo. La battaglia contro il Natale raggiunse livelli paradossali, quasi grotteschi, con il divieto di comprare gli alberi addobbati, considerati strumenti di ‘propaganda religiosa’. Come recitavano gli slogan sui pamphlet della Lega degli Atei Militanti, “la lotta contro l’albero di Natale è la lotta contro la religione e i nemici di classe”. Sbaglia chi sorride e sottovaluta l’impatto della campagna anti-natalizia. Nonostante la rinascita del cristianesimo nel Paese, oggi il Natale resta una festività secondaria in Russia, ancora incredibilmente meno popolare del capodanno. Da qualche parte in Siberia Babbo Natale si sta leccando le ferite.

Perché tanto impegno per combattere una festa? Perché in buona parte sono i riti collettivi a plasmare e, nel tempo, a definire una civiltà. Rappresentano le più sincere evidenze di cosa un popolo ritengano sacro, di quali siano i suoi punti di riferimento. La graduale trasformazione del Natale da ricorrenza religiosa a orgia consumistica la dice lunga sullo stato delle cose in Occidente. Ma cosa succederebbe se il puritanesimo sanitario e la visione del mondo degli ormai noti ‘esperti’ dovessero davvero trovare seguito? Corriamo un po’ con la fantasia e seguiamo il filo logico dell’ipocondria di massa. Forse il Natale diventerebbe la festa della dissidenza. Una notte da ribelli. Messa catacombale e poi giù di gozzovigliate segrete e pericolosissime tombolate. Per essere ammessi al cenone servirà la parola d’ordine. ‘Una Poltrona per Due’ in TV sarà la nuova Radio Londra. Brindare e abbracciarsi? Guerriglia batteriologica in piena regola. I più temerari oseranno spacciare panettoni in giro per il vicinato. Lo spirito del Natale sarà la resistenza di chi preferisce il vino rosso ai grigi proclami degli esperti.  Qualcuno continua a ripetere che è ‘come una guerra’. Bene, la nostra Vigilia sarà quella del Natale 1914 sul fronte occidentale.

Esattamente come allora i giornali non ne parleranno. Sui libri di storia sarà raccontata come un fatto di cronaca, una curiosità. In realtà fu un miracolo che andò contro ogni logica, mandando al diavolo il materialismo dialettico e la legge del più forte. Non era passato neppure un mese da quando l’inferno si era materializzato nei pressi della cittadina di Ypres, in Belgio. Quella notte le reclute del quarto corpo d’armata britannico aspettavano il loro destino nel silenzio di una vigilia surreale. Accucciato accanto alla feritoia un soldato trema e maledice il turno di guardia. Ognuno ha imparato a scaldarsi come può. Di sotto qualcuno ci prova rileggendo le lettere da casa, carta che in trincea vale più dell’oro. Più fortunati i sergenti, che confabulano sull’esito della battaglia rintanati attorno al caldo di una stufa: calcolano il valore dei metri di fango che hanno creduto di strappare al nemico al prezzo di centomila uomini. Ma alla sentinella non importa un gran che. L’unica cosa che conta è tenere bassa la testa sotto lo stipite della trincea. Geopolitica di base: I cecchini sono come le formiche, non dormono mai. La vedetta impreca prima contro il freddo e poi contro i tiratori crucchi che non gli perdonerebbero una sigaretta notturna. Qualcosa attira la sua attenzione, un improbabile bagliore. Il soldato si affaccia cauto alla feritoia e non crede ai suoi occhi. Poche fioche luci risplendono sulla terra di nessuno, ancora ubriaca di sangue.

Truppe britanniche e germaniche si incontrano nella terra di nessuno durante la tregua non ufficiale, settore Bridoux-Rouge Banc

Lentamente, altre lanterne si uniscono alla danza. Il gelo provoca allucinazioni? Qualche metro più in là, lungo il confine di filo spinato, anche il suo compagno guarda incredulo. I tedeschi sono impazziti. Un coro si leva dalla barricata del Kaiser. L’accento è quello del nemico, ma le parole hanno il suono di casa, di un camino scoppiettante, della vestaglia di sua moglie e dei piccoli che addobbano l’albero. Quelli che l’altro ieri gli sparavano addosso ora cantano ritornelli in un inglese stentato. Dobbiamo rispondere? Come si dice buon natale in crucco? Il soldato abbandona il posto di guardia e si cala giù nel reticolato della trincea. Corre a cercare il tenente. Altre luci, altri canti attirano l’attenzione dei soldati. Rispondere, sì, dobbiamo rispondere. Le reclute più giovani non resistono. Due pazzi scavalcano la trincea, non avranno nemmeno vent’anni. Figli adottivi della No Man’s Land che non torneranno a casa. Stanno andando a cacciarsi nella trappola del nemico? Passano i secondi ma lo scoppio del fucile non arriva. Solo altri canti, ora più vicini che mai. Se non è un miracolo questo! Anche i crucchi sono usciti allo scoperto, forse non sanno che un nostro mitragliere potrebbe falciarne a decine… Ma la sentinella si ferma. Quel pensiero non può andare oltre, non la sera della Vigilia. Al diavolo gli ordini, esco anche io. È Natale, è una notte da ribelli. E non fa più tanto freddo.

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