Raccontare 10 anni in due ore è impossibile, meno che mai se il decennio è quello dei Settanta in Italia: il regista-sceneggiatore Omar Pesenti (insieme a Michele Danesi e Massimo Vavassori) ci ha provato con Italia di Piombo, documentario la cui prima di due puntate andrà in onda stasera su History Channel.

Come tutte le storie di piombo, l’inizio coincide con la morte dell’agente Antonio Annarumma a Milano il 19 novembre 1969, la deflagrazione con la strage di piazza Fontana, la metamorfosi con la strage di piazza della Loggia, lo sviluppo con il cambio di colore: l’alba delle Brigate rosse, gli attentati alle cose, i primi sequestri mordi e fuggi, il rapimento di Mario Sossi, il processo di Torino ai capi storici delle Br e la scia di sangue che investirà l’Italia fino (in questa prima puntata) al culmine della strage di via Fani e dell’assassinio di Aldo Moro il 9 maggio 1978.

La precisa voce narrante dello storico Alberto Guasco è un’ottima introduzione ai giovani che di queste vicende fossero ancora a digiuno. Ciò che colpirà chi invece già conosce i fatti è l’uso sapiente della regia e del materiale di archivio. Efficacissimo, ad esempio, il racconto di Fortunato Zinni dello scoppio di piazza Fontana all’interno della sala dell’ex Banca Nazionale dell’Agricoltura, in uno schermo diviso a metà tra passato e presente.

Non manca il “cattivo”, in questo caso l’ex Br Franco Bonisoli, che già nel 1990 rilasciò a Sergio Zavoli una toccante e umanissima intervista. Bonisoli è ancora lo stesso e le sue riflessioni confermano che l’onestà intellettuale è la vera patente per riconquistare la dignità. “La storia non si può scrivere in bella copia”, dice Guasco, ma se raccontata con umanità, può lasciare il segno.