Irene, la freccia senese: «Stupita da me stessa».

Atletica, Siragusa alle Universiadi ha vinto medaglie e battuto record su 100 e 200 metri

C’era da riscattare la timida prestazione mondiale di Londra. C’era da confermare l’importante crescita stagionale formalizzata al meeting di Ginevra con un rotondo 23”00 sui 200 metri. C’era, infine, tanta voglia di imporre la propria supremazia in quel robusto spaccato di atletica leggera che ancora tiene i libri di testo in mano: le Universiadi.

Irene Siragusa, 24enne velocista di Colle Val D’Elsa, iscritta al corso magistrale di mediazione linguistica all’Università di Siena, ha fatto tutto questo, e molto, molto di più. Due medaglie, una più bella dell’altra, strappate sul tartan di Taipei: oro nei 200 metri (con l’altra toscana, la pisana Anna Bongiorni, arrivata terza) e argento sul rettilineo dei 100. Vento contro e umidità fastidiosa. Condizioni difficili, annullate dalla sostenibile leggerezza di Irene, capace perfino di stabilire i suoi due nuovi personali: 22”96 sui 200, 11”31 sui 100 metri. Chapeau. «Alla vigilia mai avrei pensato di andare a medaglia né di riscrivere i personali — afferma Irene — Primo, perché arrivavo a questo evento in uno stato di forma buono ma non ottimali, poi perché le condizioni meteo non erano tra le più favorevoli. In più ci sono defezioni tra i partecipanti, e questo ha reso più selettivi i turni di qualificazione. Dopo aver centrato le due finali con relativa facilità, mi sono detta che era il momento di provarci. È andata bene, anzi benissimo. Ammetto che sono più contenta dell’argento sui 100 metri che dell’oro sui 200, perché è nella prima specialità che sono veramente riuscita a stupirmi».

Da Taipei («Ho visto solo alloggio e stadio d’atletica, va bene così», scherza Irene ), la velocista toscana torna a casa sapendo di rimanere tra i prospetti più futuribili della nostra atletica leggera. «Il livello tecnico era molto buono, basti pensare che la ragazza che mi ha superato nei 100 metri (la giamaicana Forbes, ndr ) aveva disputato la finale mondiale nella 4×100. Le Universiadi sono bellissime, un’esperienza da fare». I ricordi tornano al Mondiale e a quella fugace apparizione nei 200 metri. «Siamo arrivati a Londra solo due giorni prima delle gare e c’erano 12 gradi, qui in Italia mi ero allenata a 40° — conclude — Lo sbalzo termico mi ha mandato in tilt. I numeri dicono che non stati Mondiali eccezionali per prestazioni, anzi. Spesso a parlare è gente che non sa niente di noi atleti. Siamo uomini e donne, non robot».

Marco Massetani

 

  • Giovedì 31 Agosto, 2017
  • CORRIERE FIORENTINO