di Daniele Magrini
Si può dire, senza che questo passi sotto la lente della speculazione politica particolarmente aggressiva a Siena, che dispiace che uno come Franco Caroni sia stato messo nelle condizioni di dimettersi? È un’altra dimostrazione che a Siena si passa sopra alle competenze e all’impegno di intere esistenze, in nome di esigenze che nulla c’entrano con la valutazione delle persone. Franco Caroni non è uno degli ultimi rimasugli del regime precedente – perché era un regime -. Non era il soldatino obbediente messo lì a fare gli interessi di qualcuno. Non sottintendeva a strategie politiche di occupazione di poltrone. Ha portato Siena Jazz nella dimensione dell’alta formazione internazionale e lo ha fatto soprattutto grazie alla propria credibilità, non maturata nelle stanze del partito dominante. Anzi, c’è stato un momento – lungo – in cui ha dovuto impegnare ben più della propria riconosciuta competenza musicale e manageriale per tenere in piedi Siena jazz.
Insomma, se quelli di prima hanno indubbiamente lasciato rovinose macerie, e lo hanno fatto discriminando tra amici e nemici, quelli di ora, nell’ambizione di formare nuova classe dirigente – anche legittima quando il vento cambia – dovrebbero valutare con meno acredine le risorse umane e professionali di una città che comunque attende un tempo nuovo, lontano dai veleni e dagli eccessi dei poteri. Un’altra musica, insomma.