di Andrea Greco
MILANO — Il tracollo dei mercati prosegue. Ieri, 400 miliardi di euro bruciati dalle Borse europee, che calano linearmente, dall’avvio — sullo sfondo della presa russa della centrale nucleare di Zaporizhzhia — alla chiusura. Piazza Affari e tra le Borse peggiori, con 36 miliardi persi ieri, pari al -6,24% dell’indice Ftse Mib a fronte del -5% dell’Euro Stoxx 50.
Milano vale 84 miliardi in meno dal 24 febbraio (primo attacco russo in Ucraina), -13,45%, e da gennaio il calo è del 20%. Oltre alla messe di cattive notizie, c’è la nuova incertezza, sostanza più grama del rischio perché non si può “prezzare”. Quindi tutti vendono con zelo, cercando riparo sui beni, o sulle valute, meno esposti. Come il vecchio oro, o la Svizzera, o soprattutto gli Stati Uniti. «Gli Usa hanno un’economia più robusta e chiusa, sono più distanti dalla Russia, autosufficienti per l’energia, in più il dollaro è la valuta di conto degli scambi globali», spiega Giuseppe Sersale di Anthilia. In effetti il Dow Jones ha perso mezzo punto, e il dollaro si è rafforzato, schiacciando l’euro a un cambio di 1,0914, i minimi da maggio 2020.
In Europa i listini hanno preso male il taglio del merito di credito russo da parte di S&P: la Russia ha un rating Ccc-, a due passi dal grado “default”. «Le sanzioni aumenteranno in modo sostanziale i rischi di default », scrive l’agenzia Usa, e aggiunge che la ritorsione russa — bloccare i flussi finanziari — già impedisce di pagare gli interessi dei bond agli investitori. E le sanzioni non sono finite: «Il numero di banche russe da escludere dal sistema Swift potrebbe aumentare», ha detto l’alto rappresentante dell’Ue, Josep Borrell.
Impossibile trovare una delle maggiori 40 azioni quotate a Milano in denaro. Mentre le vendite si abbattono su Tim (-15,5%), sull’auto e sulle banche. Per le banche europee, scrive Credit Suisse, «è la più forte caduta da 30 anni in seguito a crisi geopolitiche», e si lega alla frenata del Pil più che all’esposizione diretta in Russia, «molto limitata». Non troppo, limitata, per le italiane Unicredit e Intesa Sanpaolo: la prima ha 12,8 miliardi di esposizione in Russia, la seconda 5,6. Ieri sono scese del 14,6% e del 9%, portando il ribasso dalla crisi al 45% e al 33%. Ma gli effetti potrebbero riguardare anche molte altre imprese che operano in Russia e Ucraina tanto che il Mise ha istituito una task force per task force per valutare i contraccolpi sull’industria italiana.
Anche le materie prime continuano a correre, specie quelle energetiche, che la Russia esporta in quantità. Il gas Ttf ha segnato un nuovo record e chiuso a 204,15 euro per Mwh, +26,94%. Il petrolio Wti prima della chiusura a New York saliva del 4,73% a 112,76 dollari. Uniti ai rincari delle materie prime alimentari e “tecnologiche” (il palladio per esempio), alimentano l’inflazione, che sta diventando “stagflazione” dato il rinculo del Pil europeo.
Gli uffici studi stimano che un -1% di Pil equivalga a un -12% per l’Euro Stoxx: e da inizio crisi il ribasso è già del 17%. «Vuol dire che si teme una guerra più lunga, con più effetti sul Pil», spiega Guido Pardini di Intermonte. Che aggiunge: «Gli operatori cercano di prezzare il nuovo premio al rischio: per questo vendono con razionalità azioni e attivi più rischiosi ».