In gioco anche la libertà di Salvini e Conte, quella che Putin schiaccia e uccide in Ucraina

L’editoriale del direttore Nicola Perrone

Quando sui campi di battaglia ci si spara e scanna è difficile parlare di pace. Il dettaglio, riferito dal premier Mario Draghi, relativo ad una vecchia telefonata col dittatore russo – con Putin che di fronte alla richiesta di aprirsi al negoziato di pace tranquillamente rispondeva ‘che è troppo presto’ – da solo spiega tutto: l’esercito degli invasori proseguirà a massacrare gli ucraini e a distruggere quel paese. Eppure è tempo di cominciare, di tentare il negoziato, e il premier Draghi lo ha detto con estrema chiarezza: “l’Italia, l’Europa vogliono la pace”. E la pace si fa con i nemici. Con Putin, che ha deciso di invadere e soffocare la libertà di una nazione e di un popolo indipendente, che non vuole sottomettersi alla sua voglia di potere; con il presidente Zelensky, che sta resistendo e contrastando l’invasione, e deve essere lui il primo a mettere nero su bianco che tipo di accordo sta bene all’Ucraina. Insomma, non può essere una pace decisa solo da Putin con gli altri grandi del mondo e poi fatta digerire agli ucraini.

Gira che ti rigira, è la libertà il nodo centrale che sta al centro del conflitto, della macelleria scatenata da Putin, come valore che non può essere nascosto. È la libertà di scegliere autonomamente da che parte stare che fa paura a Putin e alla sua cricca di servi, perché sanno che un popolo libero di scegliere, cosa che quello russo al momento non è, li porterebbe immediatamente in tribunale a rispondere dei crimini commessi. Per questo fa sorridere l’attivo pacifismo messo in campo dal leader della Lega, Matteo Salvini, e dal suo ritrovato alleato Giuseppe Conte del M5S, che non passano giorno senza criticare il governo e il premier Draghi, di cui fanno parte, con l’accusa di voler inviare armi agli ucraini, che si stanno difendendo con grande coraggio.

Ai due leader pacifisti dell’ultimo minuto vorrei ricordare che se fossero stati in Russia a manifestare un simile pensiero critico o di condanna un minuto dopo, se gli andava bene, sarebbero stati spediti al fresco in Siberia, o magari accoppati a colpi di pistola da qualche fedele servo dei servizi di Putin. È la libertà, anche nostra, anche di Salvini e Conte, che gli ucraini stanno difendendo dagli invasori. Che sia proprio la libertà quello che più fa paura a questi loschi figuri lo ha ammesso anche il patriarca russo Kirill, quando benedicendo le armi e i massacratori in partenza, ha parlato di guerra santa al ‘degrado morale’ dell’Occidente, come avevano fatto a suo tempo i seguaci di Al-Qaeda e Isis.

Sappiamo benissimo che nelle nostre società ci sono tante cose che non vanno, che molte volte prevalgono immorali interessi di pochi. Ma questi possono essere combattuti, possono finire sempre giudicati da qualche tribunale. Ma in Occidente sappiamo bene anche che tanto si è fatto per tutelare i diritti umani, la parità di genere, l’inclusione, la trasparenza e la libertà di stampa e di manifestazione. Sono questi valori che terrorizzano i dittatori di tutto il mondo, che fanno paura al patriarca Kirill che parla di Cristo incitando ad uccidere, che parla di giustizia avendo accumulato miliardi, risorse che i suoi seguaci hanno rubato al popolo russo. Con un particolare in più, sempre sottolineato dal patriarca Kirill, il terrore della libertà sessuale: “Per entrare nel club dell’Occidente – ha detto- è necessario organizzare un Gay Pride“.

Ma con Putin, alla fine, bisognerà comunque cominciare a discutere di pace, della fine del conflitto. Ma non potrà mai apparire come il vincitore. Un minuto dopo, infatti, si aprirebbero altri fronti in altri paesi. Bisogna trattare, tocca ai leader europei prendere l’iniziativa, non lasciarla nelle mani di altri dittatori come Erdogan. Ma Conte non ci sente, insiste: è meglio “concentrare gli sforzi verso un negoziato e una soluzione politica”, piuttosto che continuare a inviare forniture di armi. “Basta corsa al riarmo, non è lì che dobbiamo investire” ha detto ai giornalisti della stampa estera. “Non possiamo avere l’obiettivo di sconfiggere la Russia, potevamo augurarcelo all’inizio ma è un obiettivo che rischia di non essere a portata di mano e di rivelarsi molto pericoloso” ha aggiunto. “Nel quadro di un’alleanza euroatlantica che non abbiamo mai messo in discussione, dobbiamo maturare la consapevolezza che gli interessi strategici europei non sono perfettamente sovrapponibili a quelli della NATO, dobbiamo avere un piano strategico. Altrimenti c’è il rischio di perdere una leadership se l’UE non è determinante per cercarle e ottenere una pace”.

Tirando le somme, parole che non vogliono dire niente, non c’è uno straccio di proposta. Solo un volersi differenziare per magari acchiappare qualche consenso del popolo dei pacifisti. Con un piccolo problema, che Putin di loro, di quel che pensano, se ne frega.
Da segnalare, anche a Conte e Salvini, il docufilm su Netflix su “Come diventare tiranni“. Sei puntate con riferimenti storici e ‘lezioni’ su: Come conquistare il potere, annientare gli avversari, dominare con la paura, manipolare la verità, fondare una ‘nuova’ società, governare per sempre. Perché, come diceva il nostro caro amico Stanislaw Jerzy Lec: “Si può chiudere un occhio sulla realtà, ma non sui ricordi”.

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