IL TENTATIVO DI ACCELERARE LA METAMORFOSI DEL GRILLISMO

 

di Massimo Franco

 

Le cautele residue del Pd sull’inserimento dei grillini nel gruppo parlamentare socialista europeo vanno lette in parallelo con le vicende del M5S in Italia. L’ipotesi di un’accelerazione, spuntata ultimamente come riflesso e proiezione dell’alleanza con la sinistra, in embrione a livello nazionale, non è inverosimile. Dopo la sconfitta alle Amministrative di ottobre, il vertice grillino ha fretta di voltare pagina; e il partito di Enrico Letta, che le ha vinte e oggi sarà a Bruxelles, è pronto ad assecondare l’ingresso in un gruppo già piuttosto eterogeneo. Il problema è che il M5S teme di perdere il pezzo di potere strappato nell’Ue; e di ritrovarsi minoranze interne ulteriormente in subbuglio. In più, al di là della fama di movimento estremista guadagnata in questi anni, non risulta ancora definita la sua vera identità: perfino rispetto al Covid e alle vaccinazioni. Dal 2019 al febbraio scorso il M5S è stato alleato col Pd, ma appena un anno prima andava a braccetto con la Lega di Matteo Salvini: entrambi in chiave anti-sistema e euroscettica, con un’area impregnata anche di cultura antiscientifica. È vero che su questo, come sulla politica estera e la giustizia, si sono registrate conversioni da una posizione all’altra. Forse, però, non si sono avuti un’elaborazione e un ripensamento degni di questo nome. La partecipazione al governo di Mario Draghi è un ulteriore passaggio nella ricerca di una legittimazione che alleggerisca queste zavorre ideologiche. Ma, come per la Lega, ristagnano i pregiudizi. D’altronde, i tormenti che il grillismo sta vivendo raccontano una transizione incompiuta. Non è chiaro se il dualismo tra il nuovo leader Giuseppe Conte, ex premier, e il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, farà esplodere o stabilizzerà il Movimento. Ma potrebbero complicare la trattativa in incubazione. La disponibilità del Pd deve fare i conti con quanti chiedono di capire quale M5S sarà l’interlocutore; e soprattutto con quale livello di affidabilità e di tenuta. È probabile che la situazione si chiarisca. L’insistenza con la quale Di Maio colleziona «mea culpa» per gli errori del passato va in questa direzione. Basta pensare al «gesto sconsiderato», parole dell’ex ministro grillino Vincenzo Spadafora, della visita di Di Maio vicepremier ai «gilet gialli» francesi con Alessandro Di Battista, nel febbraio del 2019: un Di Battista tuttora contrario, ad esempio, al green pass. Eppure c’è grande attenzione al modo in cui il grillismo di governo cerca di cambiare profilo: sarebbe un’evoluzione positiva. Il problema è che sia anche una metamorfosi credibile e irreversibile. Per quanto disastrato e diviso, fino al voto il gruppo del M5S rimane il più numeroso nel Parlamento italiano.

 

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