Allora (1996-’98) si chiuse violentemente e rapidamente la stagione di Mani Pulite, infatti destra e sinistra inciuciarono per allungare i processi e mandarli in prescrizione. Questa volta si tratta di archiviare con la stessa violenza e rapidità la lunga parentesi “populista” e “giustizialista”, iniziata nel 2007 in piazza Maggiore a Bologna e in decine di altre collegate con centinaia di migliaia di “vaffa” ai pregiudicati in Parlamento e ai privilegi di casta. I poteri marci, riavutisi dalla grande paura del 2018, approfittano dell’implosione dei 5 Stelle (momentanea o definitiva, si vedrà) per rialzare la testa, affilare le zanne, allungare le grinfie, regolare i conti e dichiarare che la ricreazione è finita, come se l’ansia di pulizia che si è sfogata in questi anni nel voto “grillino” (ma anche in tanti movimenti “carsici” della sinistra apolide, dai Girotondi alle Sardine) fosse evaporata nelle urne europee e regionali. Nemmeno Conte, Di Maio e Bonafede sospettavano che toccare la prescrizione – in uno con la riforma del voto di scambio, l’aumento delle pene per gli evasori e la revisione delle concessioni autostradali – avrebbe scatenato una simile onda d’urto. La Bongiorno, santa patrona del potere reale (da Andreotti a B.& Fini a Salvini), li aveva avvertiti: “É una bomba atomica”. Aveva ragione, anche se lei la vedeva con gli occhi dei giapponesi come una tragedia, e noi con quelli degli Alleati come una liberazione. Il sistema dei poteri marci si regge su tre capisaldi: mafia, corruzione, evasione.
E sull’impunità per tutti e tre, difficilissimi da scoprire e ancor di più da punire. Approfittando dell’ignoranza di Salvini, in tutt’altre faccende affaccendato fuorché in quelle di studiare e lavorare, e dell’incredulità del centrosinistra per il ritorno al governo, i 5Stelle li hanno resi più facili da scoprire e da punire con il nuovo reato di scambio politico-mafioso, la Spazzacorrotti, la blocca-prescrizione e le manette agli evasori. Così chi campa di voti mafiosi, tangenti ed evasioni è entrato nel panico. Tantopiù che la truffa delle concessioni autostradali, smascherata dal crollo del ponte Morandi e dalle altre porcherie emerse dalle indagini, ha messo in crisi il quarto caposaldo dei poteri marci: il capitalismo di rapina che fa soldi con i beni pubblici.
Il re, anzi il reo, è nudo. E ora presenta il conto. I risultati li vedete ogni giorno sui media, con odi alla prescrizione, ditirambi per i Benetton, epicedi a Craxi morto per legittimare i ladri vivi e screditare chi risponde colpo su colpo facendo contro-informazione e contro-opinione: Davigo, Gratteri, Di Matteo e, nel nostro piccolo, il Fatto. Se riescono a mettere a tacere queste e poche altre voci, parleranno soltanto loro, a reti ed edicole unificate. Ogni amnistia richiede prima l’amnesia. Per tornare alle ruberie e ai privilegi dei bei tempi che furono, prima che la gente aprisse gli occhi e smettesse di votare i loro manutengoli, bisogna cancellare la memoria. E oggi isolare le voci stonate dal coro è molto più facile che ai tempi della Bicamerale e delle altre restaurazioni gattopardesche (la rielezione di Napolitano e il governo Berlusconi-Letta nel 2013 e il referendum Renzi nel 2016): il coro s’è allargato e chi potrebbe stonare è passato dall’altra parte o a miglior vita, o semplicemente si è ritirato per stanchezza e sfiducia. Noi no. Noi abbiamo un dovere verso i lettori e le vittime: come Marco Piagentini, che 11 anni fa perse la moglie e due figli nella strage di Viareggio e ora rischia di vedere ucciso anche il processo ai responsabili. Il suo appello a Sono le Venti (sul Nove) perché nessuno tocchi la legge Bonafede, a nome delle vittime delle stragi raccolte nel coordinamento “Noi non dimentichiamo”, è uno sprone ad andare avanti. E dovrebbe esserlo anche per le Sardine, se usciranno dall’agnosticismo sui temi della legalità; e per i 5Stelle, che stanno sperperando il patrimonio di fiducia e speranza di milioni di persone in misere guerricciole di portineria, incuranti della posta in gioco che va ben oltre le loro trascurabili persone. Noi del Fatto continueremo a ripetere che non si stava meglio quando si stava peggio; che Craxi era un corrotto latitante e un pessimo politico, come pure Andreotti, Forlani e tutto il resto della banda, di ieri e di oggi; che la prescrizione durante il processo è una vergogna che salva decine di migliaia di colpevoli e punisce decine di migliaia di vittime (i processi vanno sveltiti, ma senza prescrizione); che Davigo e gli altri magistrati preparati non solo possono, ma devono parlare in pubblico per smontare le fake news del partito dell’impunità; e che la Restaurazione non la vogliamo, né ora né mai.