IL PROCESSO ENI-NIGERIA CHIUDE CON IL VECCHIO CAPITALISMO.

 

La prima udienza del processo più importante dell ‘ anno arriverà il giorno dopo le elezioni, il 5 marzo 2018: l ‘ Eni e diversi suoi top manager presenti e passati, assieme a Shell e a politici nigeriani, devono rispondere dell ‘ accusa di corruzione internazionale per quella che per l ‘ accusa è la più grande mazzetta della storia, 1,3 miliardi. Il giudice per l ‘ udienza preliminare (gup) di Milano Giuseppina Barbara ha disposto il rinvio a giudizio il 20 dicembre, un esito che i vertici del gruppo petrolifero controllato dallo Stato hanno cercato di scongiurare per tutta l ‘ udienza preliminare, durata oltre sei mesi. La sequenza degli eventi secondo i pm – è ormai chiara, resta da stabilire se si tratti di reati. Il fatto che un giudice abbia detto che ci sono gli elementi per andare a processo è un pessimo segnale per chi ha sempre sostenuto che l ‘ Eni, in Nigeria, si sia comportata nell ‘ unico modo corretto possibile. NEL 2011 ENI E SHELL acquisi scono per 1,3 miliardi i diritti di sfruttamento di un colossale giacimento in Nigeria, noto come Opl 245. Pagano i soldi al governo, ma la somma finisce a un ex ministro del Petrolio, Dan Etete, che nel 1998 aveva intestato il giacimento alla sua società Malabu, all ‘ allora presidente della Nigeria, Goodluck Johnatan e a vari soggetti coinvolti nella trattativa. I pm di Milano Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro sostengono che 50 milioni dovevano tornare anche ai manager Eni e ai mediatori che seguivano l ‘ affare, tra questi Luigi Bisignani. Anche se di quei soldi non si è trovata traccia (ci sono solo le dichiarazioni dell ‘ ex manager Vincenzo Armanna, l ‘ unico che – per l ‘ accusa – ha ricevuto la sua quota), il gup avalla la tesi dei pm secondo cui 50 milioni ” so no stati consegnati in contanti presso la casa di Roberto Casula (dirigente Eni in Nigeria, ndr ) ad Abuja ” . La linea dell ‘ Eni è sempre stata questa: se in Paesi difficili come la Nigeria non si tratta con il governo legittimo, con chi bisogna interloquire? Tradotto: Eni e Shell hanno negoziato con le autorità e hanno pagato il prezzo della concessione su un conto indicato dal governo nigeriano, dove poi sono finiti quei soldi è un problema che riguarda l ‘ ex presidente Goodluck e la sua corte, non certo l ‘ allora ad Paolo Scaroni e il suo successore Claudio Descalzi, all ‘ epoca direttore generale che ha seguito tutto il dossier. LA SENTENZA, che dovrebbe arrivare entro un anno, sarà quindi uno spartiacque. Se stabilirà che l ‘ Eni ha usato il governo per fare ” sesso sicuro in Nigeria ” (sintesi dell ‘ E conomist ), cioè come schermo per la corruzione, allora tutte le grandi imprese che operano in Paesi in via di sviluppo si sentiranno a rischio: da Leonardo a Fincantieri a Salini Impregilo a Saipem, ogni volta che un manager pagherà una commessa governativa saprà di poter essere chiamato a rispondere di che fine avranno fatto i soldi versati. Se invece i giudici di Milano assolveranno l ‘ Eni e i suoi vertici, sarà un via libera generale. Vuoi pagare una mazzetta in Africa? Trova un intermediario del governo (non è difficile, specie se poi questi trattiene qualcosa per sé), poi sarà lui a girare la somma a chi di dovere e il manager italiano non rischierà nulla. A leggere il rinvio a giudizio e le notizie che arrivano dalla Nigeria, l ‘ Eni ha più di un motivo per preoccuparsi. Secondo la ricostruzione del gup, l ‘ idea di usare il governo come schermo per la corruzione viene a Muhammed Adoke Bello, procuratore generale della Nigeria. Ne parla nel dicembre 2010 con Ednan Agaev, uno dei mediatori. Adoke Bello sarà poi uno dei beneficiari dei 466 milioni di dollari prelevati in contanti ad Abuja dopo il pagamento di Eni e Shell. Nello stesso periodo un collaboratore del presidente Goodluck ritira 54 milioni, sempre cash. ORA CHE GOODLUCK e la sua corte non sono più al potere, il nuovo governo di Muhammadu Buhari sta cercando di recuperare almeno parte di quelle somme che, sulla carta, erano destinate allo Stato della Nigeria e non alle tasche di alcuni politici. Dopo aver mosso varie accuse di corruzione a Eni e Shell e aver sequestrato il giacimento, la Repubblica federale di Nigeria ora ha fatto causa presso un tribunale inglese per un miliardo di dollari a Jp Morgan. É la banca che aveva aperto il conto vincolato di Londra dove Eni e Shell hanno depositato il miliardo per il giacimento Opl245. Secondo l ‘ attuale governo nigeriano, la banca non ha svolto i controlli che ” avrebbe potuto e dovuto ” attuare per scoprire ” l ‘ appropriazione indebita ” da parte dell ‘ ex ministro Etete e sodali. Ora la Nigeria vuole indietro quei soldi direttamente da Jp Morgan, che respinge le accuse. A novembre il governo di Abuja ha già recuperato 85 milioni di dollari da un fondo in Inghilterra, soldi dell ‘ affare Opl245 Malabu anche se, scrive la Reuters , non è ben chiaro chi ne avesse la disponibilità. Se viene stabilita l ‘ irregolarità delle transazioni, la posizione dell ‘ Eni si complica ancora di più. Anche perché il gup di Milano ha scritto che ” devono ancora pervenire tutti gli esiti delle attività di indagine svolte a mezzo di rogatoria internazionale ” in Svizzera e Nigeria, in pratica per Eni le indagini sono ancora in corso anche dopo la chiusura formale e nel dibattimento potrebbero emergere sorprese. Per l ‘ ad Claudio De Scalzi, riconfermato in primavera per un secondo mandato di tre anni, il 2018 non sarà un anno facile.
C os ‘ è Il giacimento Opl 245 in Nigeria viene acquisito da Eni e Shell con un accordo del 2 01 1 stipulato con il governo nigeriano che assegna alle due società i diritti di e s p l o ra z i o n e . Il prezzo viene fissato u n i l a te ra l mente da Eni e Shell, non c ‘ è alcuna gara, viene violata la riserva di q u o te garantite alle co m p a g n i e locali, non c ‘ è t a ss a z i o n e sui proventi della vendita. Il governo si impegna a esentare Eni e Shell da ogni co n s e g u e n za di eventuali co n t rove rs i e sulla titolarità del g i a c i m e n to
Timonieri in tempesta Luigi Bisignani, a destra Paolo Scaroni, l ‘ ex numero uno di Eni, e l ‘ attuale, Claudio Descalzi Ansa / La Pressel
1,1 m i l i a rd i Versati il 25 maggio 2011 da Nae (Nigerian Agip Exploration , Eni) sul conto Jp Morgan di Londra del governo nigeriano.
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