“Il problema è sempre stato quel suo perenne tentativo di fare l’elastico con la destra berlusconiana”

Civati “Non rinnego la prima, ma ora Matteo è lontanissimo”
«Renzi è così, un po’ profezia un po’ maledizione, sempre stato. Ha sedotto e ammaliato, scalato e governato, ma poi ha sciupato un’occasione fantastica per il Pd e il centrosinistra e si è perso. Divorato dalle contraddizioni che ha sempre avuto in sè, da quella doppiezza troppo a lungo sottovalutata in maniera acritica. Adesso, che torni a fare l’esponente di centro. Forse un centro movimentista ma un centro.
Liberale e non di sinistra. Che si chiarisca e lo dica. E noi faremo altro». Ve lo ricordate Pippo Civati, il compagno del rottamatore alla prima Leopolda, correva l’anno 2010? La coppia di giovani che voleva cambiare il Pd, Pippo e Matteo, il milanese e il fiorentino, di sinistra il primo, moderato l’altro. Gemelli diversi, li raccontammo. Ma troppo diversi. E infatti il flirt finì pochi mesi dopo: «Discutemmo. Discutemmo male, diciamo. Dopo la sua visita ad Arcore capii che lui già andava altrove. Tornai alla Leopolda anche l’anno dopo, da imbucato. Andai a dire che noi non saremmo dovuti arrivarci così, a Palazzo Chigi. Ma era tardi». Undici anni dopo Civati, uscito dal Pd per Leu, poi in Possibile, fa altro. Editore e attivista. A sinistra.
Civati, si è mai pentito?
«Non rinnego nulla, non rinnego la Leopolda, anche se sono passati 11 anni e ormai la cosa dovrebbe essere in prescrizione. Io poi dicevo le stesse cose che dico oggi. È la Leopolda che è cambiata. C’è stata un’evoluzione, i più foschi presagi si sono avverati.
Quella che organizzai anch’io era una Leopolda sperimentale, con due personalità che sembrava potessero confrontarsi sull’idea di riformare il centrosinistra. Guardandola sempre più da lontano è diventata altro. Un palco elettorale. Una Leopolda compiaciuta di sé stessa, fotografia del potere, quella corsa ad esserci e mostrarsi, come nella Russia sovietica. Poi la caduta, rovinosa. E le ultime Leopolde nervose, elettriche.
Mi pare Matteo sia in difficoltà».
Avete ancora rapporti? Su Open che idea si è fatto?
«Ogni tanto ci scriviamo, la nostra non è stata una rottura emotiva ma politica. E ora siamo lontanissimi.
Penso che sul Dl Zan abbia dato il peggio di sé. Sui rapporti con l’Arabia non ne parliamo: io mi occupo di Medio Oriente, di Zaky: quello è un regime liberticida e teocratico, altro che nuovo Rinascimento. Ho sempre invidiato il suo tatticismo ma la sua doppiezza è il problema. Quel perenne tentativo di fare l’elastico con la destra berlusconiana. Eppure è troppo facile attaccarlo ora che non ha più potere, preferivo prima. Su Open i magistrati devono fare il loro lavoro e ci diranno dei soldi e dei reati. Ma io Renzi lo giudico sulla politica, non sulle chat. E quelle di Rondolino non sono rilevanti».
Fa bene a fare un nuovo centro che vada oltre Italia Viva?
«Ma che lo faccia davvero. Dubito possa fare il federatore, ma si piazzi lì al centro, lo spazio c’è. Questo farebbe chiarezza anche nel Pd».
Dice che finalmente il Pd potrà fare qualcosa di sinistra?
«È un tema vero, anche per Letta. C’è una grandissima richiesta di giustizia sociale, di segnali forti, specie dai giovani su temi come i diritti, la redistribuzione del reddito». — e.f.
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