Il post Nazareno di Silvio & Matteo.

 

SETTEGIORNI
Berlusconi e Renzi vivono la loro nuova condizione di spettatori con il vecchio spirito di quando erano protagonisti ai tempi del Nazareno.
Hanno ripreso a dialogare, se mai avessero completamente smesso. Si parlano di continuo per interposte e fidatissime persone, e finiscono per convincersi l’un l’altro. Perciò sentire Berlusconi è come sentire Renzi. Il primo fa dire ai parlamentari forzisti che «serve un accordo per dare stabilità al Paese», e intanto teorizza che «sarà difficile far nascere un governo, perché io non mi farò da parte e loro – cioè Salvini e Di Maio – non riusciranno a trovare una soluzione». Dunque il ritorno alle urne «va messo nel conto per l’autunno, anche se è una cosa che non mi auguro».

Il secondo manda avanti i parlamentari dem della sua corrente per sostenere che «alla fine Cinque Stelle e Lega si metteranno d’accordo», ma lontano dall’ufficialità prevede che «non ce la faranno» e che «non sarebbe nemmeno negativo tornare al voto denunciando il loro fallimento». Le analisi di Berlusconi e Renzi combaciano come il loro stato d’animo, che faticano a dissimulare. È un impasto di recriminazioni che serve da alibi per nascondere gli errori. E se gli amici dell’ex leader pd si augurano che «Matteo non si riduca come D’Alema», gli amici di una vita del Cavaliere continuano a ricordare le volte in cui dissero «Silvio devi farti concavo»: dalla rottura del Nazareno fino al No del referendum, passando per l’elezione di Mattarella al Colle.

Le colpe di ieri sono reciproche. Il conto di oggi lo pagano entrambi. Giorni fa a palazzo Madama un autorevole senatore forzista, avvistando Renzi in Aula, è andato a salutarlo: «Come va con i tuoi compagni di partito?». «Compagni… E a voi come va con i vostri alleati leghisti?». «Alleati…». «Sono c… vostri». «Beh, veramente sono anche c… tuoi». Le schermaglie sono rivelatrici di un desiderio che non può essere esaudito. Almeno non adesso. Perché il retropensiero è sempre lo stesso, e viene tenuto nascosto anche prospettando un ritorno alle urne: governare insieme era la promessa che il Cavaliere e l’allora segretario del Pd si erano scambiati, sottoscrivendo il Rosatellum.

Prima di riprovarci devono attendere che si consumino dei passaggi: i due (Berlusconi e Renzi) scommettono sul fatto che gli altri due (Salvini e Di Maio) si schiantino. A quel punto, come si è lasciato sfuggire il renziano Giacomelli, «Giorgetti premier a me andrebbe benissimo». Giacomelli è toscano, la sua sarà stata una battuta. Altrimenti una simile eventualità farebbe seguito alla deflagrazione del Pd e da preludio a un avveniristico rassemblement . A meno che, a trasformare il sogno in incubo, non si realizzasse la nefasta profezia di Rotondi, fedelissimo del Cavaliere: «M5s e Lega hanno già l’accordo. Si caricheranno in maggioranza Forza Italia e dopo qualche mese diranno “ciaone” a Berlusconi».

Prima, probabilmente, sarebbero gli elettori grillini a salutare Di Maio. In ogni caso, Rotondi non ha mai ricevuto tante telefonate come dopo la sua dichiarazione: erano forzisti terrorizzati e attaccati a qualcosa di metallico. D’altronde in questa fase ogni ipotesi verosimile può apparire vera. E quindi anche l’idea di vedere Berlusconi e Renzi insieme, uniti in matrimonio da Salvini. Un problema ci sarebbe: l’uso dei moderni strumenti di comunicazione. Il leader della Lega vorrebbe chattare con il Cavaliere, «invece ogni volta che devo dirgli qualcosa è una rottura. Sono costretto a chiamarlo». Magari lo spiegherà a Renzi…

 

Corriere della Serawww.corriere.it/