Il Papa fa il Papa, Conte e Salvini ‘amarcord’ Putin

L’editoriale del direttore Nico Perrone

ROMA – Il Papa fa il Papa, e nulla si può dire della sua richiesta, che probabilmente resterà inascoltata, di incontrare il dittatore russo. Qui invece voglio ricordare le cronache giornalistiche, vecchie e nuove, sul leader della Lega, Matteo Salvini, sui suoi rapporti consolidati anche da un accordo politico con Russia Unita, il partito di Putin; della sua voglia matta di volare a Mosca per convincere il dittatore a smetterla di massacrare gli ucraini.

A suo tempo con lui, ad omaggiare Putin, c’era Giuseppe Conte, presidente del Consiglio del governo M5S-Lega appunto. “Sono molto contento della visita. Mi è stata riservata un’accoglienza meravigliosa. Direi che sia nato anche un rapporto di amicizia“, disse l’ex premier nel 2018 dopo l’incontro con Vladimir Putin a Mosca. In quella occasione, Conte invitò Putin in Italia: “Manca da troppo tempo”, cinguettò. Il Financial Times pubblicò un articolo dal titolo ‘L’Italia loda Putin e prepara la battaglia con Bruxelles’, sottolineando che il nostro Paese si stava “preparando a una possibile battaglia contro gli altri Stati partner dell’Unione sulle sanzioni” economiche contro la Russia decise dopo l’annessione della Crimea.

In seguito Putin venne in Italia nel luglio del 2019, cominciando la sua visita da Papa Francesco con un’ora di ritardo, tanto per gradire e far capire l’aria. Si parlò anche dell’Ucraina, ma in quell’occasione Putin l’unica cosa che disse fu: “È importante che le posizioni della Russia e del Vaticano siano in sintonia per quanto riguarda i valori tradizionali, la promozione del dialogo interreligioso e interculturale”. Il presidente russo poi incontrò il capo dello Stato e il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, dicendo di essere “grato all’Italia” per la posizione assunta riguardo la ripresa di “un regime di rapporti pieni” tra Russia e Ue, mentre Conte spiegò che le sanzioni “non sono un fine, ma uno strumento”.

Anche in questi giorni Giuseppe Conte, ora presidente del M5S, non passa giorno senza immettere in rete suoi distinguo rispetto alle decisioni del premier Draghi e del Governo di cui anche il suo partito fa parte. Una sorta di doppio gioco che mal si sposa con l’attività del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, un big del M5S, che però lavora in piena sintonia con l’Unione europea e il presidente del Consiglio. Anche oggi Conte ha tuonato contro il premier Draghi, agitando il bastone del potere: “In che Paese viviamo se il leader della forza di maggioranza relativa dice una cosa scontata: che dopo due mesi di guerra è giusto che il premier e il Governo si confrontino col Parlamento, soprattutto prima di viaggi importanti a Washington e a Kiev”, ha detto, aggiungendo: “Le guerre si fanno senza confrontarsi con il Parlamento? Nelle democrazie parlamentari bisogna venire costantemente” in Aula “e aggiornare non solo i parlamentari ma anche il popolo italiano su qual è l’obiettivo politico che l’Italia sta perseguendo e vuole portare ai tavoli internazionali“. E poi l’ennesimo distinguo: “Non c’è un unico indirizzo politico, si creano sempre falchi e colombe. Io vorrei capire se noi stiamo andando nella direzione di quelli che pensano di sconfiggere la Russia e mettono nella quota di rischio anche la possibilità di un’escalation militare, anche di un conflitto nucleare planetario, oppure se andiamo nella direzione di chi ragionevolmente lavora tutti i giorni per una soluzione politica. Draghi deve spiegare qual è l’indirizzo politico che porta“.

Il leader M5S ha precisato: “L’alleanza euro-atlantica non è mai stata messa in discussione e non va messa in discussione, però qui dobbiamo capire se all’interno di questa alleanza siamo tra alleati, si può parlare? Possiamo dare un contributo o dobbiamo stare zitti e buoni e seguire quello che è il mainstream che si realizza nell’ambito di questa alleanza? Noi partecipiamo direttamente, chiediamo ai cittadini italiani di soffrire delle conseguenze, ci sono decisioni in prospettiva”.

Insomma, un gran giro di parole, senza mai stare ai fatti: c’è la Russia che ha invaso un Paese libero, che da due mesi sta bombardando e uccidendo gli ucraini; l’Ucraina aggredita che vuol far parte dell’Europa, che ci chiede armi per difendersi, cercare di respingere l’aggressore. Bisogna far finta di niente? Chiedere agli ucraini di sottomettersi per far contenti Conte e Salvini? Quello che poi preoccupa di più è che questi due politici non capiscano (o facciano finta di non capire) che Putin ormai è preda di un delirio di onnipotenza, si vede come una sorta di inviato divino, benedetto dal suo patriarca, che ha il compito di ritornare alla Grande Russia del passato, dove i Paesi confinanti devono star zitti e buoni, obbedire in silenzio ed esaudire i desideri del dittatore.

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Lo ha detto Putin più volte, lo spiegano e rispiegano in coro tutta la sua cricca, a partire dal ministro degli Esteri Sergej Lavrov che ieri ha avuto a disposizione una rete Mediaset per sparare in libertà fake news senza che nessuno lo interrompesse con un ‘vaffa’. Anzi, il giornalista che lo doveva intervistare oggi dopo essersi vantato dello scoop, ha voluto sottolineare: “Non tocca a me confutare Lavrov”.

 

 

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