Il Novecento in classe.

Dopo l’appello su “Repubblica” di Alberto Asor Rosa perché si riportino tra i banchi il secolo breve e i suoi protagonisti, ecco quattro consigli d’autore per l’anno che inizia
«Invece di diminuire la scuola di un anno, bisognerebbe far entrare un secolo di più nei programmi». Ad agosto, sulle pagine di Repubblica, Alberto Asor Rosa contrapponeva alla sperimentazione del “liceo breve” – al via quest’anno – l’esigenza di recuperare in classe lo studio del Novecento. Dopo il dibattito sollevato quest’estate dal suo intervento, abbiamo chiesto a quattro scrittori di indicarci quale sia il loro autore imprescindibile del secolo breve.
Consigli d’autore in vista dell’anno scolastico appena iniziato.
MARCO BELPOLITI

Perec e la scoperta delle mode per capire internet e i social

Sono trascorsi trentacinque anni dal giorno in cui Georges Perec è scomparso a soli 46 anni, e 52 da quando uscì in Francia Le cose, suo romanzo d’esordio, per cui Calvino ebbe a scrivere che «era stato il libro tipico che riassume un’epoca, l’epoca in cui l’Europa s’accorse di essere in piena civiltà dei consumi e della cultura di massa». Il romanzo racconta di una coppia, Sylvie e Jérôme, che viene «poco a poco inghiottita dagli oggetti che la circondano, elettrodomestici o riproduzioni di quadri famosi, dalla pubblicità, dalle mode, dai linguaggi del mondo merceologico».
C’è dentro Roland Barthes e i suoi “miti d’oggi”, Virilio e l’analisi della società contemporanea, e molto altro ancora. Tutte questioni ampiamente storicizzate. Ma è pro- prio il passato prossimo – gli anni Sessanta – che nella scuola viene spesso ignorato o misconosciuto.
Attraverso Le cose i ragazzi potranno conoscere i prodromi della società attuale post-post-consumistica, capire come ciò che li circonda – il web e i social – sono essi stessi “cose”, e come le relazioni sociali siano un prodotto delle “cose” medesime. Un po’ di Marx, Freud e Lacan spiegato attraverso il racconto.
Per gli insegnanti più coraggiosi, come viatico estivo dopo la maturità, sempre di Perec, La vita istruzioni per l’uso: «L’ultimo avvenimento nella storia del romanzo non solo francese» (Calvino); da leggere sdraiati sul divano, in un prato montano o in spiaggia: tanto tempo libero davanti scacciando la noia e la paura del futuro.
Foto: IL PREFERITO DI CALVINO Georges Perec ha esordito nel ’65 con Le cose. Per Italo Calvino, “è il libro che riassume un’epoca”

L’Italia che perde i confini con Soldati e Comisso

«La sposa americana» di Mario Soldati. Un romanzo pubblicato nel 1977 che sembra scritto ieri, di un autore inafferrabile, che ha messo il naso nel cinema, nella televisione. Un autore che ha scritto cose diverse, molte delle quali dimenticate. La sposa americana è un romanzo di intreccio, sensuale, spudorato, che parla di amore e matrimoni, con una libertà che rischiamo di dimenticare. Lo farei leggere perché è uno di quei libri che ti fa innamorare della letteratura, che nella leggerezza di una scrittura veloce e chiara ti porta via il cuore senza che te ne accorgi. Perché la grande letteratura deve continuare a essere il sogno sbandato di uomini e donne spregiudicati, e perché questo accada non dobbiamo mai smettere di leg- gere romanzi che portano più lontano di quello che riusciamo a vedere adesso, nella nostra pigrizia. Ragione per cui lo metterei insieme a un altro, grandissimo, libro. Mio sodalizio con de Pisis, di Giovanni Comisso. Storia di una relazione affettiva tra due artisti giganteschi, che hanno inventato il Novecento italiano. Il libro, pubblicato per la prima volta nel 1954, racconta Roma, Parigi, il mondo. Come il romanzo di Soldati, Mio sodalizio con de Pisis mette questo Paese al centro di una trama più grande, che non ti aspetti. Perché quando il mondo alza i muri, serve la letteratura per ricordare che i confini sono miraggi: si spostano, scompaiono, non sono altro che illusioni, indifendibili.
Foto: UN TALENTO VERSATILE Giornalista, regista, sceneggiatore, scrittore. Mario Soldati è l’autore de La sposa americana

ERALDO AFFINATI

Amore, guerra e Resistenza così Fenoglio vi cambia la vita

Salve ragazzi! Sappiate che c’è un poker d’assi nella letteratura italiana del Novecento: due nella prima metà del secolo, Italo Svevo e Luigi Pirandello, due nella seconda metà: Carlo Emilio Gadda e Beppe Fenoglio.
Io ho sempre scelto l’ultimo: il partigiano. Vorrei tanto che anche per voi, oggi, fosse lo stesso. In particolare vi raccomando Una questione privata. A me, quando avevo la vostra età, bastava immaginare il suo protagonista in corsa sulle creste delle Langhe con il Bren sulle spalle per essere a posto.
«Il cuore non gli batteva, anzi sembrava latitante dentro il suo corpo»: come poter dimenticare questo inizio? Milton che lascia Ivan sul margine del bosco e fissa la villa di Fulvia è scolpito nella mia pietra. Lo stesso Ivan, quando an- sioso si appresta a raggiungere l’amico per dirgli di far presto, perché lì dove stanno è pericoloso e da un momento all’altro potrebbe arrivare una pattuglia di fascisti, «pattina nel fango».
Potremmo fare una lezione soltanto su questa immagine: il pattinaggio si lega a un’idea di vacanza e i due giovani sono invece in guerra. È come se Fenoglio preannunciasse in una cellula primaria il tema del suo romanzo: il contrasto lancinante fra la memoria del passato, quando lui e Fulvia si frequentavano, prima che tutto accadesse, e l’incubo del presente, grigio-piombo, nelle pozzanghere della pioggia caduta sulle Langhe sconvolte. Leggere questo libro può cambiare la vostra vita. Specialmente se trovate l’insegnante giusto.
Foto: IL PARTIGIANO Beppe Fenoglio, partigiano e traduttore. Una questione privata uscì postumo nel 1963

PAOLO DI PAOLO

Da Baricco a Tabucchi storie che spiegano la Storia

«Era l’ultima lettera, quella che non spedivano mai, ma sempre portavano addosso. Dopo la loro morte, sarebbe stata aperta dalle mani tremanti di una madre, o di una ragazza, nella penombra di un tinello, o per strada sotto un sole assurdo. Era la voce che immaginavano di lasciare dopo di loro. La sua diceva, ordinatamente, così. Padre, vi ringrazio. Grazie per avermi accompagnato al treno, il mio primo giorno di guerra. Grazie del rasoio che mi avete regalato». Così Alessandro Baricco immagina – nel suo romanzo Questa storia – i pensieri di un soldato a Caporetto.
Fra poco, saranno cent’anni da quella disfatta: potrebbe essere un perfetto “innesco emotivo” per una lezione. Proporre libri o brani di autori contemporanei che raccontano la Storia nella forma di una storia ha più di un vantaggio.
Attraverso una lingua più vicina e più veloce, ma soprattutto attraverso una prospettiva “presente”, aprire un discorso sul passato con le domande di oggi, ricostruire da qui il colore di un’epoca, esplorare il rapporto fra pubblico e privato.
Da Vassalli a Mazzucco, da Tabucchi a Affinati, da Janeczek a Lagioia, si potrebbe costruire per tessere una contro-storia d’Italia – un buon trampolino da cui poi tuffarsi nei libri dei testimoni diretti. Anche per la storia letteraria e artistica può essere un buon metodo: farsi raccontare Manzoni – le sue nevrosi, la sua famiglia – da qualche pagina di Natalia Ginzburg; avvicinare Petrarca con un piccolo libro di Marco Santagata, Il copista, che ci mostra la sua quotidianità, il suo corpo, i suoi gesti.
Foto: SCRITTORE E CRITICO Alessandro Baricco, 59 anni. Nel romanzo Questa storia racconta la disfatta di Caporetto

 

La Repubblica

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