Il mondo visto da Clinton e De Gregori

Dalla guerra in Ucraina ai social media, da Bob Dylan a Buffalo Bill L’ex presidente americano e il cantautore italiano hanno dialogato davanti a centinaia di studenti riuniti per una sessione Onu
di Lucio Luca
NEW YORK
Il presidente e il cantautore si abbracciano davanti a più di tremila studenti, ricordano l’orrore della guerra in Ucraina e si alzano in piedi per salutare Andriy Shevchenko, il campione diventato suo malgrado uno dei testimoni dell’aggressione subita dal suo Paese. Poi chiacchierano di Fellini e letteratura americana, fumetti e grande cinema di Hollywood, dell’amore comune per Bob Dylan e di un mondo che non può più perdere tempo, travolto da una pandemia ancora non del tutto sconfitta, un conflitto lacerante nel cuore dell’Europa, una rivoluzione del clima spesso incontrollata e una crisi economica che rischia di paralizzare il pianeta.
Metti una sera prima di cena, un grande albergo di Times Square e due amici “improbabili”: da una parte Bill Clinton, due volte presidente degli Stati Uniti, accanto a lui Francesco De Gregori, il poeta della canzone italiana, reduce da un applauditissimo concerto al Manhattan Center e visibilmente emozionato per un dialogo che mai avrebbe pensato di poter fare. Artefice e moderatore dell’incontro Claudio Corbino, presidente dell’Associazione Diplomatici e anima di “Change the world”, l’iniziativa che coinvolge studenti di tutto il mondo con il sogno di diventare un giorno ambasciatori.
Francesco De Gregori «La vita degli artisti può sembrare strana e ricca di chissà quali avventure. Ma chi doveva dirmelo che un giorno avrei parlato a tu per tu con un presidente degli Stati Uniti?» Bill Clinton «Beh, anche per me è un grande piacere. Dico sul serio… »
De Gregori «Presidente, negli anni della mia adolescenza la cultura americana è stata molto importante. Tutto ciò che veniva dagli Stati Uniti ci appariva nuovo e stimolante: molti artisti ne sono stati influenzati, mi piace ricordarne uno fra tanti, Federico Fellini, che una volta in un’intervista disse che il suo amore per il cinema era nato, da bambino, dalla visione di un film western “minore” di cui nemmeno ricordava più il titolo. E poi la letteratura, Steinbeck, Faulkner, Hemingway. Fino ai fumetti, Paperino, Superman. E Elvis, Bob Dylan, i blue jeans. Una ventata di novità che portò con sé nuovi linguaggi artistici, nuovi stili che furono capaci di rimuovere consuetudini e schemi ormai sorpassati. Fu una formidabile lezione di anticonformismo per i giovani di allora. Qualcosa di meravigliosamente e pacificamente “rivoluzionario”».
Clinton «Bello che lei abbia citato Bob Dylan, sai che adesso si occupa di scultura? Io penso che voci come la sua continueranno a vivere, ne abbiamo sempre più bisogno».
De Gregori «Stiamo vivendo momenti di grande paura a causa della crisi in Ucraina. Noi eravamo giovani sognatori quando vedemmo cadere il muro di Berlino. Avevamo pensato che mai saremmo stati protagonisti di un nuovo incubo. Temo che si stiano ricreando i due grandi blocchi, rischiamo di tornare indietro di cinquant’anni».
Clinton «Una delle grandi domande di questa nuova era è se il potere possa rispettare la libertà di scelta delle persone sia come individui, che come comunità e nazioni. Gli ultimi avvenimenti mi fanno dubitare ma ai giovani mi sento di dire solo una cosa: spero che possiate creare il vostro futuro in un mondo trainato più dalla cooperazione che dal conflitto. Quando si vive in un posto in cui esiste un partito unico, dove qualcuno decide sempre per te, persino chi comanda finisce per svilirsi: si arriva al punto di non sapere nemmeno cosa pensa la gente del tuo Paese, ti importa solo quello che vuoi sentire. Eppure se non avessi ascoltato le opinioni del mio staff quando ero in carica, avrei potuto chiudere la Casa Bianca e farla gestire dai computer. Cosa che, credimi, non era poi così accattivante trent’anni fa. Quanto alla guerra, aggiungo solo una cosa: se vincesse l’Ucraina sarebbe un segnale importante per tutto il mondo ».
De Gregori «Ha già citato tante volte la cooperazione tra i popoli. Eppure, tanto per fare un esempio, è difficile pensare a Stati Uniti e Cina che camminano insieme, uniti, compatti, per il benessere dell’umanità ».
Clinton «Non sono un sognatore, so bene che le difficoltà sono sempre dietro l’angolo. Eppure spero ancora che noi e Pechino possiamo continuare a competere lealmente nell’economia, la scienza, la tecnologia. Davvero, non possiamo evitare una catastrofe climatica senza cooperazione».
De Gregori «Siamo qui insieme a migliaia di studenti che arrivano da ogni parte del mondo. Non ce n’è uno, in questo momento, che non abbia in mano il suo smartphone per fotografare o chattare con gli amici. È evidente che i social hanno cambiato il meccanismo di formazione del consenso politico. Vorrei sapere cosa ne pensa…», Clinton «Io vorrei fare una considerazione sui social media e sul ruolo politico che hanno assunto. I drammatici eventi in Ucraina sembrano aver messo in luce il ruolo decisivo delle tecnologie più avanzate come strumento fondamentale anche durante la guerra. Penso alla capacità di hackerare i sistemi nemici, ma anche, al contrario, di mantenere attiva la rete con i satelliti. E penso anche al ruolo fondamentale che la comunicazione ha sempre svolto in ogni guerra. Però oggi, in un mondo globalizzato, questi ragazzi non sono più solo americani, o italiani, russi, cinesi. Rifiutano le armi perché la classica retorica della guerra, che si basa sul “demonizzare” il nemico, non può più funzionare: vedono chiaramente che quello che dipingono come l’altro da combattere e da annientare, in realtà è proprio come loro. Guarda i loro stessi film, legge i loro stessi libri, ascolta la loro stessa musica. Internet e i social media hanno creato una nuova coscienza globale, un nuovo grande sentimento collettivo delle persone, una vera opinione pubblica mondiale. Ecco, io penso che questo possa essere il punto fondamentale su cui costruire un mondo nuovo e libero».
De Gregori «Spero adesso che mi possa perdonare se cito una mia canzone, ma mi pare utile farlo, sia perché quando l’ho scritta avevo più o meno l’età di questi ragazzi, sia perché parla proprio di un grande mito americano, Buffalo Bill. Lui, nella canzone, dichiara ad alta voce la sua vocazione anticonformista e libertaria quando dice che mentre “la locomotiva ha la strada segnata, il bufalo può scartare di lato e cadere”. È evidente che le simpatie di Buffalo Bill, e anche le mie, sono tutte per l’animale che, al contrario della locomotiva costretta a viaggiare su rigidi binari d’acciaio, può scegliersi la sua strada e magari anche rischiare l’osso del collo pur di essere libero. E allora io mi auguro che un “vecchio” artista come me e un grande politico come lei, possano ancora sperare che questi ragazzi abbiano per le mani tutti gli strumenti per essere liberi come animali nella prateria senza mai cedere a nessuna deriva culturale che li voglia sempre più simili ad una locomotiva con la strada segnata ».
Clinton «È una bellissima immagine quella della sua canzone. Ed è sicuramente anche il mio augurio. La generazione dei diciottenni, ventenni, è migliore della nostra, non ho dubbi su questo. Dobbiamo credere in loro».
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