Quando la ruota del destino ha compiuto il suo giro, la sedia a dondolo di Jimi prende a muoversi. A più di settemila chilometri dal luogo della morte. Nella casa di Seattle, subito dopo aver saputo del decesso del figlio a Londra, Al Hendrix commenta: “È tornato”. Un fenomeno paranormale a corollario di un fatto tragicamente banale, quello in cui alle 12.45 del 18 settembre 1970 si chiude l’esistenza del più grande chitarrista della storia del rock, a soli 27 anni. A ricostruire con puntualità i fatti, in un volume sobrio e ricco nel suo taglio cronistico come The story of life – Gli ultimi giorni di Jimi Hendrix sono due documentati studiosi del Nostro, Enzo Gentile e Roberto Crema. Analisi preziosa, la loro, perché sin da quelle prime ore dopo la breaking news l’incredulità dei fans ha montato teorie complottistiche, e anche il Fato, lungo l’arco di cinquant’anni, ha dato pennellate capricciose alla trama. Come sia, Jimi Hendrix non è stato assassinato, né stroncato da abusi di droghe: lo certifica l’autopsia del dottor Teare, che non ha riscontrato sul corpo segni di violenza né di tossicodipendenza. Semmai, gli furono fatali nove pastiglie di Vesperax, un barbiturico custodito nella cucina della fidanzata, la pittrice tedesca Monika Dannemann, con la quale progettava di sposarsi (ma era un piano che Jimi cambiava spesso, sostituendo la candidata) e con cui condivise anche l’ultima notte nell’appartamento al 22 di Landsdowne Crescent, dentro il Samarkand Hotel. Jimi era sbarcato in Europa già in agosto, dapprima per partecipare a una caotica, leggendaria edizione del Festival di Wight, dove suona quando il pubblico è ormai esausto e con il malus di un impianto in tilt; e poi per intraprendere un insidioso tour continentale, tra concerti riusciti e altri in cui un’immensa stanchezza psicofisica lo costringe a lasciare il palco dopo pochi minuti. Hendrix, superstar del rock-blues psichedelico, esploratore dell’universo della Stratocaster, vuole cambiare tutto attorno a sé.

Prima di partire da New York, al party inaugurale dei suoi Electric Lady Studios, confida a Patti Smith di voler invitare lì tutti i musicisti possibili perché trovino una “consonanza astrale”, basata su una singola nota. Quanto a sé, ripete di non sentirsi un bravo chitarrista. Il suo sogno è scappare su un’isola, da anacoreta sui generis proteso verso il segreto della reincarnazione, ma con un’indole da predatore sessuale. Però per il momento deve lavorare, incastrato com’è dalla cupidigia del manager Mike Jeffery. La tournée si risolve in un mezzo flop, complici gli acidi che fanno precipitare il bassista Billy Cox in una paranoia incontrollabile: Hendrix dovrà rimandarlo in America. Per fortuna la “sua” Londra è piena di amici. Il 16 settembre ecco il Nostro impegnato in una session al Ronnie Scott’s con Eric Burdon e gli War. Il 17 è giorno easy: Hendrix e la compagna risolvono questioni pratiche, fanno shopping e restano fino all’ora di cena in casa di Phillip Harvey, figlio di un Lord conservatore. Tornati nella propria tana, si godono un po’ di tranquillità. All’una di notte Jimi decide di fare una capatina a un party dal produttore Pete Kameron, dove però sa che incontrerà alcune vecchie fiamme: tra queste, una figura distruttiva come Devon Wilson, che ora frequenta Mick Jagger, ma è ancora possessiva nei confronti di Hendrix. Devon è una tossica persa: alla festa offre a Jimi una potente amfetamina, la Black Bomber. Verso le tre citofona Monika Dannemann e riporta il fidanzato al Samarkand Hotel. I due bevono vino, mangiano sandwich, prendono un Vesparax a testa e si addormentano. Al mattino, dopo le dieci, Monika esce per comprare le sigarette. Torna subito e scopre che lui sta male, ha tracce di vomito attorno alla bocca. La ragazza telefona a Burdon e altri amici: nessuno prende l’allarme sul serio. L’ambulanza, chiamata alle 11.18, arriva in fretta, i due infermieri non paiono preoccupati, ma poco più di un’ora dopo, al St.Mary Abbott Hospital, Jimi viene dichiarato morto. Chi aveva fatto ingerire le altre otto pastiglie di Vesparax al musicista? Se la Dannemann ha ricostruito fedelmente gli eventi, solo un annebbiato Hendrix avrebbe potuto alzarsi e prenderle. Ma c’era qualcuno interessato a toglierlo di mezzo? Il fratello Leon Hendrix, autore della prefazione per Gentile e Crema, sostiene che sì, “è stato ucciso”, ma dal sistema che gli girava intorno. Tre giorni dopo quel 18 settembre, Jimi era intenzionato a tornare a New York per mettere al sicuro molti nastri inediti prima che il manager Mike Jeffery, con cui voleva rompere, potesse soffiarglieli. Poi il Caso ha ingarbugliato il racconto. Leon non ha mai avuto parte nelle beghe ereditarie che hanno coinvolto la famiglia e non solo; Devon Wilson è precipitata da una finestra del Chelsea Hotel nel 1971; due anni dopo Jeffery muore in un incidente aereo in Francia (il corpo non viene ritrovato), Monika Dannemann si suicida nel ’96, dopo aver passato anni a ripetere invano la sua verità su quel mattino di mezzo secolo fa.