Il «generale» della costache fece tremare la sinistra.

Marzio Fatucchi

 

Era ex missino, eppure è stato il miglior candidato del centrodestra a presidente regionale. E il primo ex Msi a portare un assessore ex Pci ad un convegno dell’allora An per parlare dell’arretratezza infrastrutturale toscana. Tutto questo è stato Altero Matteoli. E molto altro: il più potente colonnello di Gianfranco Fini, quando esisteva ancora An, l’uomo che sceglieva le candidature nazionali e tutti i segretari locali.

In tanti suoi ex compagni (ma solo di viaggio) lo ricordano così. Tra loro Riccardo Migliori (anche lui, ex Msi poi An). I due, fino alla rottura politica quando Matteoli entrò in Forza Italia quattro anni fa, erano vicinissimi. Il primo ricordo è quello di una visita in carcere: «Io ero consigliere regionale, lui stava per diventare deputato. Andammo nel carcere di Livorno. Era un modo per arginare il superattivismo della sinistra sul tema delle carceri. A quei tempi a destra non andava molto considerare le carceri: ma lui era eterodosso, libertario. Non firmammo mai la proposta di Almirante per la pena di morte, per esempio» racconta l’ex deputato fiorentino.

L’uomo della destra della costa. Consigliere comunale per 4 mandati al Comune di Livorno (quando parlava, quelli del Pci uscivano dall’aula per non ascoltare «il missino»). Poi, dal 2006 al 2011, anche sindaco di Orbetello. «Glielo chiese come favore il vecchio sindaco che non poteva ricandidarsi: fallo per me». Ma non era la prima volta che si prestava ad operazioni del genere. Deputato per 6 volte dal 1983 (riconquistò il seggio dello storico missino Beppe Niccolai, dopo 8 anni, poi fu altre tre volte senatore), gli fu poi chiesto di candidarsi consigliere comunale nella democristiana Lucchesia: e dal 1985 al 1990, ogni giovedì partiva da Roma per andare a Castelnuovo Garfagnana. «Se Lucca era “solo” feudo Dc — spiega Migliori — Castelnuovo era il conformismo allo stato puro. E lui portò la sua strafottenza livornese, deflagrante. Ma alla fine, conosceva tutto il territorio». Gli fu concessa, anni dopo, la cittadinanza onoraria.

E Matteoli proprio in Lucchesia era diretto, per una cena elettorale, ieri prima dell’incidente. Nel ‘94, arriva la campagna elettorale vincente per il centrodestra con Berlusconi. E Matteoli diventa ministro dell’Ambiente (sarà anche delle Infrastrutture nel 2008). Solo che prima una sua dichiarazione antiabortista lo mette al centro delle polemiche. «E dire — racconta Migliori — che, quando lo si portava a giro, era sempre un problema coi preti. A Vallombrosa si mise a fare battute, “eh, ma voi frati state sempre in posti bellissimi”, perdemmo venti voti, accidenti». Poi, si becca pure il «premio Attila» di Legambiente, anche perché aveva dichiarato «che a lui interessava poco quel dicastero: che era un po’ come quando vuoi il figlio maschio e ti nasce la femmina, le vuoi bene lo stesso ma insomma…». Dopo questi due scivoloni «è cambiato, aveva un taglio istituzionale riconosciuto dagli avversari. Mai una rissa quando Matteoli illustrava un provvedimento in aula o commissione: ascoltava tutte le opposizioni, anche troppo. Andavi al ministero e lo trovavi a parlare con i deputati dell’opposizione. Considerava Ermete Realacci (deputato Pd, ndr ) amico e ispiratore». Una capacità che sfoderò nelle regionali del 2000: «Si precipitarono da Roma i giornalisti, i sondaggi lo davano vincente» racconta sempre Migliori. Una campagna elettorale «in cui si spese tutto, e spendemmo un sacco: usammo pure elicotteri». Matteoli si fermò al 40%, il miglior risultato di sempre del centrodestra.

Certo, resta l’ombra di tante inchieste, da cui è uscito spesso per conflitti di attribuzione con la giunta alle autorizzazioni a procedere. Solo tre mesi fa, però, era stato condannato per corruzione nell’ambito dell’inchiesta del Mose, a Venezia. «Da tempo non ci parlavamo più — dice Migliori — ma da amici comuni so che era determinatissimo a voler dimostrare la propria innocenza». Arcigno in campagna elettorale (Nicola Nascosti lo definì nel 2013 «il nostro generale», perché nonostante avesse il posto sicuro in Senato «si è mosso ed ha fatto campagna elettorale in ogni angolo della Toscana in prima linea»), ma sempre disponibile a confrontarsi con tutti, ad occuparsi dei problemi del territorio, soprattutto della costa (ma andò anche a parlare con i pendolari della Faentina). A battagliare con le amministrazioni locali ma anche a trovare soluzioni, a partire dall’Aurelia, suo vero cavallo di battaglia. Su cui aveva avuto un altro incidente nell’83, come ricorda il deputato di Fdi (ex missino anche lui) Achille Totaro: «Tutti i giovani del Fuan furono chiamati a donare il sangue — scrive su Fb — era colui che durante le lotte intestine alla destra dette a noi ragazzi del Fuan di Firenze le chiavi di una stanza fuori dalla sede del partito nonostante fossimo antagonisti alla sua corrente e rischiassimo l’espulsione. Perché lui era così. Ascoltava sempre anche le ragioni di chi non la pensava come lui. Dentro e fuori la sua parte politica».

 

Martedì 19 Dicembre 2017, Corriere Fiorentino.

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