Il fascino del socialismo ammalia i Millennials.

 

Sarà pure vero che a 20 anni dobbiamo essere incendiari, e a 40 diventiamo saggiamente pompieri, ma scoprire che la maggioranza dei Millennials americani preferirebbe vivere in uno stato socialista fa lo stesso un certo effetto. Non solo perché un’idea del genere è storicamente anatema negli Usa, ma anche perché forse rappresenta l’altra faccia della medaglia del populismo. La Victims of Communism Memorial Foundation ha commissionato uno studio a YouGov, per misurare la popolarità dei sistemi politici tra gli americani. I risultati relativi alla fascia dei Millennials, cioè il folto gruppo di giovani che a breve governerà il Paese, sono stati sorprendenti: il 44% vorrebbe vivere in una società socialista, contro il 42% capitalista, il 7% comunista, e il 7% fascista. Tirando le somme, le posizioni estremistiche sono in netta maggioranza, ma i motivi di preoccupazione non si fermano qui. Il 23% degli americani compresi fra 21 e 29 anni d’età, cioè non proprio adolescenti distratti, considera Stalin un eroe, percentuale simile a quella di chi ha una percezione positiva del dittatore nucleare nordcoreano Kim Jong-un. Solo il 71% è convinto che la libertà di parola sia un bene prezioso da proteggere a ogni costo, mentre il 48% la confinerebbe nel mondo dei social media e il 45% nelle università. Fuori da questi ambiti, secondo loro sarebbe accettabile tappare la bocca a chi pronuncia verità scomode. Tali certezze, però, sono accompagnate da una discreta dose di ignoranza, perché solo un terzo degli intervistati è capace di definire con precisione i sistemi politici di cui parla. Come abbiamo notato al principio, non è inusuale essere incendiari a vent’anni, e diventare pompieri a quaranta. Infatti se si allargano i dati dello studio all’intera popolazione Usa, le percentuali cambiano nettamente: 59% di capitalisti, contro il 34% di socialisti. Dietro alla ricerca di YouGov, però, non c’è solo l’avventatezza della gioventù. Il successo ottenuto da Bernie Sanders durante le primarie democratiche del 2016 aveva già dimostrato una nuova tendenza tra i ragazzi americani, pronti a mandare alla Casa Bianca l’unico parlamentare degli Stati Uniti che si definiva socialista. La mentalità di questo gruppo demografico è cambiata, e se non pretende la rivoluzione, certamente chiede sensibilità per temi come l’uguaglianza economica, l’accesso all’istruzione, i diritti civili, la difesa dell’ambiente, anche sul posto di lavoro. Queste spinte sono aumentate dopo l’elezione di Donald Trump, con una netta polarizzazione tra gli stessi giovani, sempre più schierati col populismo di destra o di sinistra. Ce lo ha confermato Ben Rhodes, già consigliere di Obama, durante il primo summit della fondazione dell’ex presidente, dedicata proprio alla formazione della nuove leadership: «I giovani non rifiutano la politica, il problema è che la fanno dalla parte sbagliata. A destra come a sinistra, sono attirati dall’estremismo populista. E’ una reazione alle loro ansie e insoddisfazioni, ma se non troviamo in fretta una risposta più logica e moderata, rischiamo la destabilizzazione permanente delle nostre società».
La Stampa.
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