La psicosi sulla tassa
Con il caso della tassa sui sacchetti di plastica abbiamo assistito a uno straordinario esperimento di «psicolo gia delle folle». Vale a dire come una piccola, marginale e insignificante questione possa agitare paure. Continua a pag. 25 Di Liegro e Pirone a pag. 6 segue dalla prima pagina Possa spingere a indignazione, mobilitare la protesta, assai più di affari di ben altra rilevanza. Del resto l’inventore della psicologia delle folle, il francese Gustave Le Bon, alla fine del XIX secolo, lo sapeva benissimo: le sollevazioni scoppiano spesso perché il popolo, dopo aver sopportato le angherie più crudeli senza fiatare, esplode di fronte a un piccolo sgarro, vissuto alla stregua di una violenza insopportabile. Sia chiaro, qui non nascerà alcuna sommossa, o almeno si spera. E mentre ai tempi di Le Bon le folle si riversavano in strada, oggi schiamazzano sui social: e infatti proprio su Twitter, Facebook e Instagram si sono letti commenti di una virulenza degna di ben altra causa. La vicenda in sé, appunto, è poca cosa, dal punto di vista dell’esborso dei consumatori. Senza dire che tutti sono sempre pronti a dirsi per l’ambiente e a irridere Trump per il riscaldamento globale, ma quando si chiede loro un minuscolo e poco più che simbolico contributo concreto, innalzano grida indignate. Ma la vicenda è interessante, almeno sociologicamente, anche per un’altra ragione. Ci fa vedere come funzioni in concreto la teoria del complotto, che sembra convivere perfettamente con la comunicazione al tempo dei social. In questo caso il complotto sarebbe stato organizzato, secondo tale mitologia, da Renzi per favorire gli affari di un’imprenditrice amica sua. Niente di tutto questo è vero, ma l’immaginario del complotto è radicato proprio perché, come direbbe il filosofo della scienza Karl Popper, non è «falsificabile». Qualsiasi argomento a contrario si porti viene recepito, da chi crede al complotto, come ulteriore prova dell’esistenza della cospirazione. Il terzo dato interessante, sempre da un punto di vista di psicologia sociale, è che Renzi appare sempre più come il capro espiatorio di vicende le più svariate. In questo caso la misura è stata decisa dal governo Gentiloni, di cui certo il partito guidato da Renzi è azionista di maggioranza. Ma pochi se la sono presa con il governo e con il premier, e molti di più con Renzi e con il Pd. Se però usciamo dall’analisi sociologica, non possiamo nascondere una certa preoccupazione. Il Censis ci dice che nel paese domina un’atmosfera di rancore. Ma forse qui siamo oltre, e dovremmo parlare di una sorta di schizofrenia sociale. In questi giorni di vacanza le località turistiche e di montagna sono piene anche di italiani, molti dei quali sono partiti all’estero per villeggiare. Eppure lo spirito collettivo della rete sembra dipingere un paese convinto di essere sull’orlo della miseria, al punto da adottare misure di protesta persino clamorose pur di non pagare due centesimi. E se entriamo poi nell’analisi politica, le preoccupazioni sono ancora maggiori. Più in generale, però, c’è da chiedersi quanto valgano sondaggi e previsioni elettorali di fronte a una minoranza, certo, ma corposa e rumorosa di cittadini che reagisce in maniera così irrazionale di fronte al nulla. Aspettiamoci di tutto, nei prossimi mesi. Infine un pensiero per chi, prima o poi, varerà il nuovo governo e ne farà parte: non vorremmo essere nei loro panni.
l Messaggero – Marco Gervasoni – 04/01/2018 pg. 1 ed. Nazionale.