I vescovi di strada in pole per la Cei del dopo Bassetti

di Paolo Rodari
ROMA — Sono caldi i motori in vista della successione del cardinale Bassetti alla guida della Cei. Zuppi, Lojudice e Castellucci sono oggi i nomi più accreditati, ma da qui a maggio tutto può accadere. Papa Francesco apre oggi, all’Ergife Palace Hotel di Roma, la penultima assemblea generale dei vescovi italiani con il cardinale Gualtiero Bassetti alla guida. Nell’assemblea del prossimo maggio, infatti, scaduto il mandato dei cinque anni, i presuli saranno chiamati a votare una terna di nomi che poi verrà sottoposta al Papa per l’elezione del nuovo presidente. Tre i presuli che più di altri sembra possano ricevere il gradimento dell’episcopato: l’arcivescovo di Bologna, il cardinale Matteo Zuppi, l’arcivescovo di Siena, il cardinale Paolo Lojudice, e monsignor Erio Castellucci, arcivescovo di Modena (e vescovo di Carpi). Anche se da qui a sei mesi molto può cambiare, ad esempio con il rientro dei due vescovi più votati dopo Bassetti nel 2017: Franco Giulio Brambilla, vescovo di Novara, e Francesco Montenegro, arcivescovo emerito di Agrigento. Ma non solo, in lizza sono pure gli altri due vicepresidenti, Giuseppe Baturi, arcivescovo metropolita di Cagliari, vicepresidente per l’Italia centrale e Antonino Raspanti, vescovo di Acireale, vicepresidente per l’Italia meridionale.
Un arcivescovo di Bologna alla guida dei vescovi si è già visto in passato. Dal 1969 al 1979, infatti, presidente della Cei fu Antonio Poma. Lo chiamavano «il cardinale del silenzio», riuscì a distogliere l’episcopato italiano dalle preoccupazioni politiche per avviarlo su una strada più pastorale e di evangelizzazione. La stessa cosa che sta proponendo Zuppi, 66 anni, romano, a Bologna: legato alla Comunità di Sant’Egidio, sa essere pastore di tutte le anime, dai dossettiani ai settori più conservatori legati al suo predecessore Carlo Caffarra. Viceparroco di monsignor Vincenzo Paglia a Santa Maria in Trastevere, Zuppi si è sempre distinto per l’instancabile azione a sostegno dei più poveri, degli immigrati, dei rom, senza escludere l’attività di diplomazia esercitata col suo movimento. A Bologna sa interpretare al meglio quella Chiesa dei poveri che ebbe in don Paolino Serra Zanetti, in padre Marella e nelle Case della carità una sua espressione.
Paolo Lojudice, 57 anni, romano di Torre Maura, è forse meno conosciuto di Zuppi. Ma l’esperienza sul campo non è da meno. Ex vescovo ausiliare di Roma sud, è stato parroco a Tor Bella Monaca: «Papa Francesco non ti dà una medaglia — ha spiegato una volta divenuto cardinale — ma dice “continua a sporcarti le mani come facevi”». Le famiglie in difficoltà, le ragazze schiave della prostituzione, i rom dei campi di periferia, sono stati per anni il suo pane quotidiano. Anche se, ha spiegato più volte, non ha mai cercato la marginalità, ma nello stesso tempo, ha detto, «non l’ho evitata».
Erio Castellucci è forse dei tre il presule che più è conosciuto dai confratelli vescovi. È, infatti, vicepresidente della Cei per l’Italia settentrionale, un ruolo che lo porta a rapportarsi con i titolari delle diverse diocesi del Paese e a giocare un ruolo di primo piano all’interno dei vari consigli permanenti, le periodiche riunioni del direttivo della Cei. Oggi, fra l’altro, i lavori in aula dopo l’intervento del Papa proseguono con i gruppi di studio che si confrontano proprio a partire dagli spunti offerti da un intervento di Castellucci su “Annunciare il Vangelo in un tempo di rigenerazione. Il Cammino sinodale in Italia”. Castellucci si è esposto negli ultimi tempi anche su temi scomodi: in “Benedetta povertà?” (Emi) ha chiesto alla Chiesa di essere coraggiosa: «Vendite o donazioni totali o parziali, riconversioni dove possibile, dismissioni, non dimenticare i poveri» significa anche questo, ha scritto.
Franco Giulio Brambilla ha ricevuto diversi voti nel 2017. Allievo del cardinale Martini, è un sincero bergogliano. Al Sinodo sulla Famiglia, nel 2015, si è dichiarato possibilista circa la comunione ai divorziati risposati, in scia ad “Amoris Laetitia”. Ma ancora fra i possibili candidati ci sono altri presuli, alcuni presidenti delle commissioni episcopali e anche per questo conosciuti dai vescovi sul territorio, fra gli altri Domenico Pompili, vescovo di Rieti, Derio Olivero di Pinerolo e Gian Carlo Perego di Ferrara.
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