I SOSPETTI SULLE FUTURE ALLEANZE DEI PARTITI.

 

La Nota
I numeri Al di là delle solite tensioni nei partiti sulle candidature, cresce il timore di una legislatura appesa a numeri parlamentari precari
Sentir parlare di governo per cambiare la legge elettorale mentre ancora si debbono chiudere le liste è un paradosso solo in apparenza. Al di là delle solite tensioni nei partiti per strappare le candidature a disposizione, cresce il timore di una legislatura appesa a numeri parlamentari precari. E si moltiplicano i segnali che lasciano indovinare la disponibilità a rimangiarsi i proclami elettorali e a cercare alleanze con quanti continueranno a essere raffigurati fino al 4 marzo come avversari. Ieri il presidente del Senato uscente, Pietro Grasso, leader di Liberi e uguali, ha spiegato di essere pronto a entrare in un esecutivo «finalizzato a rifare la legge elettorale». Un «governo del presidente», ha precisato, che si giustificherebbe con l’esigenza di rivedere una riforma incapace di garantire stabilità. È l’ennesimo segnale che un simulacro di unità nazionale, o come si vuole chiamare, rappresenta l’obiettivo o comunque la ricaduta inconfessabile del voto del 4 marzo. Candidare i propri leader alla presidenza del Consiglio sapendo che sarà quasi impossibile arrivarci non è un’ingenuità. Piuttosto, è un modo per velare le future alleanze; per nascondere dietro una pretesa di autosufficienza la necessità di guardarsi intorno a caccia di sponde più o meno affini. La tattica riguarda tutti. Quando Luigi Di Maio, candidato a Palazzo Chigi per il Movimento 5 Stelle, assicura che «non lascerà il Paese nel caos», evoca un compromesso in Parlamento con altre forze politiche. E ieri lo ha ribadito: «La sera del voto, se il M5S non prenderà il 36-37% io non voglio fare un appello a un partito ma a tutto l’emiciclo». Naturalmente lo motiva con una sintonia sul programma. Ma comunque si prepara a una trattativa. E il fatto che ieri abbia evitato di polemizzare con il capo della Lega, Matteo Salvini, dopo i suoi giudizi indulgenti sul fascismo, ha alimentato i sospetti di una futura convergenza. Al fondo c’è la sensazione che le coalizioni messe in piedi siano tutte friabili. Se nessuna raggiunge la maggioranza assoluta, la prospettiva che si sfaldino e giochino liberamente è verosimile. E si vedrà se sarà una fiera del trasformismo o una dimostrazione di senso di responsabilità. Succede lo stesso quando, tra una punzecchiatura e l’altra, Pd e Forza Italia salvano il salvabile a proposito di Matteo Renzi e di Silvio Berlusconi. È un’altra prospettiva proibita, in campagna elettorale, sullo sfondo di un’incompatibilità ufficialmente irriducibile. Ma potrebbe affacciarsi dopo. La lotta per le candidature riflette l’esigenza di avere fedelissimi riconoscenti, perché si dovranno affrontare trattative spregiudicate. E dunque sarà decisivo, per i leader, coprirsi le spalle.
Corriere della Sera.