I sindaci: non ci hanno ascoltato

Decreto sicurezza, rientra il dissenso dei 5S. I sindaci: non ci hanno ascoltato

Alla Camera passa la fiducia con 336 sì e 249 no. Salvini: è una rivoluzione, ora più legalità. Minniti: otterranno l’effetto opposto. No di Forza Italia, ma oggi voterà il testo
 
ROMA. Tanto rumore per nulla. Il dissenso interno ai Cinquestelle, che pure al Senato aveva fatto vacillare la maggioranza gialloverde, alla Camera si squaglia come neve al sole. A sei giorni dalla scadenza, il decreto sicurezza fortissimamente voluto da Matteo Salvini passa con 336 voti favorevoli e 249 contrari. “È una rivoluzione che porta tranquillità, ordine, regole e serenità nelle città italiane” esulta il ministro dell’Interno a sera, “finora sull’immigrazione erano stati fatti solo provvedimenti spot”.

Eppure, che il governo nutrisse qualche timore rispetto ai 18 deputati grillini che, una settimana fa, avevano scritto al capogruppo D’Uva per esprimere forte malessere e chiedere sostanziali modifiche al testo caro al vicepremier leghista, era risultato chiaro nella decisione di porre la fiducia. Cautela ripagata, dopo un lavorio sotterraneo condito da inviti al ripensamento e minacce d’espulsione, con un voto davvero largo. Tra i sì, tutti i “ribelli” tranne uno, che non si è proprio fatto vedere in aula. La crepa aperta nella compattezza stellata si è richiusa senza neppure un mugugno.

A pesare, i provvedimenti disciplinari avviati contro i cinque dissidenti che, nelle scorse settimane avevano fatto vacillare lo stesso decreto e il condono per Ischia. In testa la senatrice Paola Nugnes, autrice due giorni fa di un accorato appello ai colleghi su Fb: “Cosa avremmo fatto noi, ieri, di fronte a un provvedimento tecnicamente sbagliato, imposto per ideologia, che avrà conseguenze gravi sulla sicurezza degli italiani, sugli stranieri, che non risolve nulla ma crea molti problemi in più? Su quali tetti saremmo saliti a denunciare?”. Parole cadute miseramente nel vuoto. E infatti: “Avete venduto l’anima alla Lega”, attacca il dem Enrico Borghi.

Tiene dunque il patto di scambio tra pacchetto sicurezza e riforma della giustizia (prescrizione inclusa) stretto dai vertici di Lega e M5S. Trasformando in una pura formalità il voto finale sul testo previsto per oggi. Anche grazie ai voti di Fi, che ieri hanno detto no alla fiducia “perché contrari a questa alleanza di governo”, ma pronti ad approvare un decreto che “va nella direzione del programma del centrodestra”, annuncia la capogruppo Gelmini.

“Non è una buona giornata per il Paese”, attacca invece l’ex ministro dell’Interno pd, Marco Minniti. “Sono molto preoccupato perché quando si cancella la protezione umanitaria si sta dando un colpo mortale alle nostre politiche di integrazione” e si crea solo “illegalità”, taglia corto. Giudizio condiviso dai sindaci.

Perché se “rispetto alla sicurezza urbana rileviamo un passo in avanti nel contrasto di alcuni fenomeni che provocano allarme sociale”, il giudizio relativo alle politiche sull’immigrazione “è radicalmente diverso”, è critico il presidente dell’Anci, Antonio De Caro. Preoccupato per gli effetti che saranno soprattutto i territori a pagare. “Si azzera il percorso fondato sull’accoglienza diffusa, unica strada per evitare tensioni sociali tra ospiti e popolazione residente”, elenca il leader dei primi cittadini. “Si cancella la protezione umanitaria che però non cancellerà i migranti: nella migliore delle ipotesi diventeranno irregolari che possono solo occupare immobili o lavorare in nero, nella peggiore si trasformeranno in manovalanza per la criminalità organizzata”. Se non è una bocciatura, poco ci manca. Anche perché “non sono state accolte le poche ed essenziali modifiche che noi sindaci chiedevamo”.