I Segni della guerra

L’origine del conflitto di questi giorni alla moschea Al-Aqsa tra israeliani e palestinesi è millenaristica prima ancora che millenaria.

Nel pomeriggio del 10 maggio la brigata di Al-Qassem a Gaza ha dato un ultimatum agli occupanti israeliani: lasciare il complesso di Al-Aqsa e rilasciare i prigionieri. Un’ora dopo sono stati lanciati missili da Gaza verso Gerusalemme. Un missile anticarro è stato sparato contro una jeep dell’esercito israeliano vicino al confine di Gaza. Successivamente altre raffiche di missili sono state sparate da altri gruppi di resistenza contro obiettivi vicino a Gaza. L’esercito israeliano ha annullato l’inizio di una manovra su larga scala che aveva programmato di eseguire nei prossimi 30 giorni. Quella manovra è stata vista come una preparazione per un attacco a tutto campo contro Hezbollah in Libano. Ieri Hezbollah aveva annunciato una mobilitazione generale delle sue forze per scoraggiare un potenziale attacco a sorpresa. Le truppe israeliane sono ora in allarme per una potenziale escalation all’interno di Israele e Gaza.

Dopo quattro elezioni Israele non ha ancora un nuovo governo. Il primo ministro Netanyahu è sotto processo per corruzione. Una guerra più ampia che può trasformarsi in una vittoria potrebbe aiutarlo a evitare un giudizio e ottenere voti per le prossime elezioni. Secondo la tradizione ebraica, l’antico tempio ebraico si trovava proprio dove si trova ora la moschea di Al-Aqsa. E alcuni teorici aspirano a ricostruire il tempio, il terzo, ma per poterlo fare devono prima rimuovere la moschea.

1. Secondo un’inchiesta di Terrestrial Jerusalem (TJ) un’organizzazione non governativa israeliana, le affermazioni contenute negli accordi di normalizzazione fra Emirati Arabi Uniti (EAU), Bahrain e Israele(noti come “Accordi di Abramo”) segnano un “cambiamento radicale dello status quo” e hanno “conseguenze di vasta portata e potenzialmente esplosive”. Le violenze che si stanno susseguendo in questi giorni dipendono da quegli accordi. Secondo lo status quo stabilito nel 1967, solo i musulmani possono pregare sull’al-Haram al-Sharif (il Nobile Santuario in arabo, cioè la Spianata delle Moschee), Monte del Tempio, secondo gli ebrei, noto anche come complesso della moschea Al-Aqsa. I non-musulmani possono visitare il sito, ma non pregare. Il 28 aprile 2017 il Comitato esecutivo dell’Unesco aveva approvato, con 20 voti a favore, 10 contrari e 23 astensioni, la controversa risoluzione sulla “Palestina occupata”, biasimando le “provocazioni continue, che rendono difficili gli atti di culto islamici sul sito delle due Moschee”. Benjamin Netanyahu, il primo ministro israeliano, aveva confermato questo status quo in una dichiarazione formale nel 2015. Tuttavia, una clausola inclusa nei recenti accordi fra Israele e gli Stati del Golfo indica che potrebbe non essere più così. Secondo la dichiarazione congiunta fra USA, Israele e EAU rilasciata il 13 agosto 2020 dal presidente americano Donald Trump:

“Come sancito nella Visione di Pace, tutti i musulmani che vengono in pace possono visitare e pregare nella moschea di Al-Aqsa e gli altri siti sacri a Gerusalemme devono restare aperti ai fedeli pacifici di tutte le fedi”.

Ma Israele definisce Al-Aqsa come ‘struttura di una moschea’, come nella dichiarazione, chiarifica la relazione di TJ. “Secondo Israele (e apparentemente gli Stati Uniti), tutto quello che c’è sul Monte che non sia la struttura della moschea, è definito come ‘uno degli altri siti sacri di Gerusalemme’, aperto a tutti, ebrei inclusi, per pregare”, dice la dichiarazione.

“Questa scelta di terminologia non è né casuale né un passo falso e non può essere vista se non come un tentativo intenzionale, seppure furtivo, di lasciare la porta spalancata alla preghiera ebraica al Monte del Tempio, cambiando così radicalmente lo status quo”.

La stessa dichiarazione è stata ripetuta nell’accordo con il Bahrain.

2. Una dichiarazione più sfrontata è stata inclusa nell’“accordo del secolo”, il piano per il Medio Oriente svelato alla fine del gennaio 2020 da Trump e Netanyahu alla Casa Bianca. Jared Kushner, importante consigliere e genero di Trump, è stato la persona di maggior spicco che ha lavorato alla proposta, mentre a Ron Dermer, Ambasciatore israeliano negli USA, è stata attribuita la formulazione dell’accordo. Il piano stipula che “lo status quo del Monte del Tempio/Haram al-Sharif dovrebbe rimanere inalterato”, ma nella frase successiva si dice anche che: “persone di ogni fede possono pregare sul Monte del Tempio/Haram al-Sharif”. La clausola ha causato polemiche e ha spinto David Friedman, Ambasciatore USA in Israele, a tornare sui suoi passi durante l’incontro con la stampa il 28 gennaio 2020. “Non c’è nulla nel piano che imporrebbe modifiche dello status quo senza l’accordo fra tutte le parti”, ha detto. La rapida ritrattazione di Friedman della frase contenuta nel piano di Trump attesta che probabilmente Dermer l’aveva inserita e che Kushner non l’aveva capita. Il fatto che sia stato Friedman a ritrattare e non la Casa Bianca significa anche che il linguaggio del piano di Trump è ancora ufficiale e determinante quando si arriverà al dunque. Gli accordi di normalizzazione arrivano dopo che le autorità israeliane hanno installato degli altoparlanti sui lati est e ovest del complesso di Al-Aqsa senza il permesso del Waqf (istituzione islamica). Il complesso sacro è amministrato dal Waqf islamico con sede in Giordania. Secondo lo status quoIsraele è responsabile solo della sicurezza fuori dai cancelli. Nel suo rapporto TJ nota che nell’accordo non si parla del Waqf e del suo ruolo autonomo. In questi giorni, intanto, Israele colpisce Gaza con piogge di missili e ha ferito centinaia di palestinesi a Gerusalemme mentre divampano le tensioni ad Al-Aqsa.

3. I palestinesi sono preoccupati da tempo per i possibili tentativi di partizione della sacra moschea, come è successo con la moschea di Ibrahimi (la Tomba dei Patriarchi per gli ebrei) a Hebron. Nel corso degli anni si è sviluppato un Movimento del Tempio, costituito in gran parte da “ebrei religiosi nazionalisti di estrema destra che cercano di cambiare lo status quo”, riferisce TJ. Alcuni chiedono la preghiera per gli ebrei all’interno del complesso sacro, mentre altri mirano a costruire il Terzo Tempio sulle rovine della Cupola della Roccia che, secondo le profezie messianiche, annuncerebbe la venuta del Messia. L’ONG israeliana Ir Amim ha pubblicato numerose relazioni di questo gruppo, un tempo marginale, ma che oggi fa parte di una tendenza politica e religiosa dominante e gode di stretti legami con le autorità israeliane. Una delle più attive e potenti organizzazioni è la Ateret Cohanim Yeshivà, una scuola rabbinica che si occupa di formare i futuri Sacerdoti del Tempio. Questi attivisti credono che permettere agli ebrei di pregare nel complesso e dividere il sito sacro fra musulmani ed ebrei sia un passo verso la sovranità, per raggiungere un giorno il loro scopo finale: la costruzione del tempio. Il Mikdash Education Center  nel 2018 ha fatto coniare una medaglia con i volti di Trump e Ciro il Grande, l’antico re di Persia (558-529 a. C.), che permise il ritorno degli Ebrei in Patria nell’anno 539, dopo che Nabucodonosor II, il re babilonese (605-562 a. C.), aveva conquistato e distrutto Gerusalemme con il primo Tempio nel 587/586, deportandone gli abitanti a Babilonia. La scritta apposta sulla medaglia in ebraico, arabo e inglese celebra Trump come colui che, secondo le aspirazioni del Nuovo Sinedrio ricreato in Israele, porterà alla ricostruzione del Tempio ebraico su quella che ora è la cosiddetta Spianata delle Moschee, nel cuore di Gerusalemme. Il Mikdash Education Center è uno dei tanti gruppi rabbinici che caldeggiano il progetto di riedificazione del Tempio, che fu distrutto nel 70 d. C. dai Romani.

La moschea di Al-Aqsa a Gerusalemme, dove negli ultimi giorni sono entrate in azione le forze di polizia israeliane per disperdere i fedeli palestinesi di religione musulmana, è uno dei luoghi di culto più importanti della fede islamica. Le scritture raccontano che lì Maometto è arrivato dopo un pellegrinaggio alla Mecca. Un viaggio di una notte al termine del quale è asceso al cielo. Può contenere cinquemila fedeli ed è stata completata all’inizio dell’VIII secolo. Si affaccia sulla Cupola della Roccia, il santuario islamico dalla cupola dorata, dove si trova la Roccia di Abramo, il monte sul quale, secondo la tradizione,  Abramo fu sul punto di sacrificare il figlio unigenito Isacco, su ordine di Yahweh: è, quindi, un simbolo anche per la cultura religiosa ebraica. Viene, infatti, chiamato il Monte del Tempio e gli ebrei sono soliti pregare ai suoi piedi, sotto l’altopiano sacro presso il Muro Occidentale che rappresenta i resti di un muro di contenimento che un tempo circondava il Monte del Tempio. Per gli ebrei, il monte, noto in ebraico come Har Habayit, è il luogo più sacro perché era il sito di due antichi templi: il primo fu costruito dal Re Salomone, secondo la Bibbia, e in seguito fu distrutto dai babilonesi; e il secondo rimase per quasi 600 anni prima che l’Impero Romano lo distruggesse nel I secolo. Una sottile differenza che però ha dato vita a scontri nel corso degli anni e problemi di carattere politico. La moschea sorge nella parte orientale di Gerusalemme. Israele ha assunto il controllo di quella parte della città sacra durante la guerra arabo-israeliana del 1967 sottraendola alla Giordania. L’obiettivo politico di Israele è sempre stato quello di rendere tutta la città di Gerusalemme la capitale dello stato d’Israele. L’area è però popolata dal popolo palestinese di religione musulmana che pure chiede da anni un riconoscimento alla comunità internazionale e vorrebbe che Gerusalemme Est diventasse la capitale del loro Stato. Una controversia alla base di lotte sanguinose di cui la moschea rappresenta uno dei simboli.

La Roccia di Abramo è protetta ed onorata da quella che impropriamente chiamiamo la Moschea d’Oro, che non è affatto una moschea – i musulmani infatti lo dicono Nobile Santuario – bensì un reliquiario (martyrion), costruito con venerazione da maestranze bizantine su mandato di  un imperatore omayade ben conscio del valore sacro del luogo, non meno dei cristiani. Adesso gli israeliani, che vogliono quel luogo da duemila anni,  sono sul punto di impadronirsene. Nulla più gli si oppone:  hanno  reso i musulmani, protettori  per secoli del Luogo Santo,  nemici guerreggianti gli uni contro gli altri, sciiti contro sunniti, e il wahab saudita di fatto ne è diventato un fedele alleato. La ricostruzione del Tempio è stata anche sponsorizzata in passato dalla passeggiata sulla spianata del Tempio compiuta il 28 settembre del 2000 di Ariel Sharon: fu un gesto simbolico che affermava la necessità di arrivare il più presto possibile alla ricostruzione del Tempio. I media del mondo laico e occidentale/atlantico non capirono la valenza teologica di un tale avvenimento o non vollero capirla. La discernettero invece molto bene i Palestinesi, che, come risposta, fecero scoppiare la “Seconda Intifada”. La Knesset (il Parlamento Israeliano), il 19 luglio del 2018, definì Israele come “Stato/Nazione del popolo ebraico” e declassò la lingua araba (parlata da circa 2 milioni di uomini in Palestina) da “lingua ufficiale” a “lingua d’interesse”.

 

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