«I centri storici di Toscana: musei per turisti o città da abitare?»

Overtourism, Milano, Firenze

UN COMITATO DI RESILIENZA

Gaspare Polizzi

 

Il 26 settembre, per la prima volta, i rappresentanti delle città d’arte soffocate dal turismo di massa si incontreranno a Bruxelles per costituire un’alleanza europea. Lo stesso giorno all’Accademia delle Arti del Disegno, davanti a Orsanmichele, si terrà un convegno nazionale di studi a carattere interdisciplinare dal titolo inequivoco: «I centri storici di Toscana: musei per turisti o città da abitare?». L’Accademia prosegue un percorso di riflessione avviato il 23 e il 29 maggio dell’anno scorso con le giornate di studio sulla fuga dei residenti dal centro della nostra città e che terrà conto anche della recente sentenza del Consiglio di Stato sugli interventi edilizi nelle zone più delicate di Firenze dal punto di vista urbanistico. Due eventi di diversa portata, ma che convergono verso lo stesso obiettivo.

Il problema si sta aggravando, anche per la carenza di progetti e di conoscenze. I flussi, i servizi, la rete dei consumi sono ormai stravolti dall’affollamento turistico. A Firenze l’ultimo caso in ordine di tempo registrato dalle cronache è fortemente simbolico: due mesticherie del centro chiudono per far posto a gelati e borse. «Nelle vie qui intorno non ci sono più residenti: a chi potevamo vendere?», hanno dichiarato i titolari, fotografando il destino dei negozi di vicinato là dove i fiorentini scompaiono. Cambiando gli equilibri si assiste a profondi mutamenti evolutivi o involutivi. La città però forse conserva una sua capacità di reazione, che si misura in tempi lunghi, mentre è urgente l’iniziativa politica. Il Comune di Milano possiede — unico in Italia — la «Direzione città resilienti», inserita in un programma dalla Rockefeller Foundation, che ha stanziato 186 milioni di dollari per 100 Resilient cities , allo scopo di aiutare le città prescelte a resistere, adattarsi e crescere di fronte alle nuove sfide globali. In concreto, si va dalla mappatura dei rischi (cambiamento climatico, piogge intense), alle risorse (energia e acqua), alla sicurezza (vivibilità degli spazi pubblici), ai pericoli idro-geologici, agli edifici da rigenerare. Per quanto diverse siano le due realtà, anche Firenze avrebbe bisogno di una struttura tecnica di questo tipo. Con obiettivi chiari: il censimento e il monitoraggio delle aree di degrado e di microcriminalità; l’integrazione di nuovi residenti nel centro storico, anche grazie all’immissione sul mercato immobiliare di affitti a prezzi bassi, contrattata con le aziende immobiliari che investono sulla rendita.

E ancora: il sostegno del piccolo commercio e dell’artigianato locale; un piano di forestazione urbana; il riuso delle aree pubbliche dismesse. Linee guida da perseguire con le competenze multidisciplinari della «scienza delle città», in un progetto di pianificazione urbana che vada oltre la durata di una giunta comunale. E che indirizzi verso un’educazione alla cittadinanza attiva, secondo il modello «del vetro rotto», ricordato da Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera del 4 agosto: «Se il vetro viene aggiustato, e chi lo rompe di nuovo viene punito, il misto di decoro e rigore produrrà comportamenti virtuosi». Come dire che la prima sfida contro degrado e usura urbana è con noi stessi. Nessuno escluso.

 

https://corrierefiorentino.corriere.it