Guerra in Ucraina: far pace col boia, il nostro dramma

L’editoriale del direttore Nico Perrone

ROMA – Va in onda su Rete 4 di Mediaset il delirio di Sergej Lavrov, ministro degli Esteri russo, ormai più oltranzista del suo boss Putin. Per 40 minuti il guerrafondaio ha parlato liberamente ai telespettatori italiani (per fortuna soltanto 900mila collegati in quel momento), sfornando una serie di assurdità che hanno scatenato imbarazzo e reazione in mezzo mondo, ma lasciato indifferente il giornalista che era lì per intervistarlo. La forza della nostra democrazia, che permette libertà di parola al sicario, che fedele alla sua cricca non è riuscito una volta, in 40 minuti di propaganda, a dire che in Ucraina hanno scatenato la guerra. Non solo, ormai la cerchia di potere stretta attorno a Putin segue il copione alla lettera, quello che si sono scritti da soli e che interpreta i fatti che accadono, la realtà storica solo a proprio uso e consumo.

Ed ecco che, per giustificare la loro invasione di chiaro stampo nazista, il nostro Lavrov ribalta la realtà spiegando che anche Hitler come il presidente ucraino Zelensky era ebreo. Di qui, seguendo il suo filo, si potrebbe dunque dire che per Lavrov la Seconda guerra mondiale è stata scatenata da nazisti ebrei, e sono stati loro a sterminare milioni di ebrei; gli stessi nazisti ebrei ora stanno dietro a Zelensky e loro, i russi buoni, devono per forza ‘denazificare’ quel Paese.

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Capite che qui si vive il vero dramma, perché bisogna per forza puntare alla pace, trovare un accordo con gli aggressori. Ma se questi sono preda dei loro deliri come ci si confronta? Come si imposta una trattativa? Almeno il giornalista Mediaset poteva chiedere fin dove Putin vuole arrivare, se si accontenterà del Donbass oppure punta a distruggere tutta l’Ucraina. Niente, quello sfornava menzogne e l’altro stava ad ascoltare tenendosi il mento. Alla fine, addirittura, lo ha salutato augurandogli ‘buon lavoro’. Che poi sarebbe quello di massacrare i cittadini ucraini e di distruggere ogni loro cosa.

Le parole del ministro guerrafondaio russo hanno scatenato anche una rissa politica a casa nostra. Tra i primi a protestare per lo spazio dato al ministro russo dalla rete Mediaset è stato Enrico Letta, leader del Pd: “‘Buon lavoro, ministro Lavrov’. L’abisso. Ma quel che è più grave è che la vicenda dello spot da propaganda di guerra anti-Ucraina stia passando, con solo pochi scossoni. Siamo così pochi a pensare che non sia possibile, né accettabile? E che sia un’onta per l’Italia intera?” ha twittato il leader dem.

Subito è arrivata la replica di ‘fonti’ della Lega, (si badi bene, non di Matteo Salvini) per dire che “un conto è criticare, duramente e giustamente, le dichiarazioni di un ministro straniero come Lavrov (straniero, russo non si può dire?), altro conto è invece attaccare una grande e libera televisione nazionale, e con lei migliaia di giornalisti e professionisti. La censura non ci piace e va combattuta all’estero, men che meno è auspicabile e augurabile in Italia“, con tanti saluti a chi doveva comunque mettere in atto almeno un minimo di contraddittorio.

Difende Mediaset anche la leader dei Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni: “Dopo le bestialità affermate ieri sera su Rete 4 dal ministro russo Lavrov, che ha ripetuto le vergognose tesi della propaganda russa, gli italiani hanno ben compreso quanto siano insensate le giustificazioni del governo russo sull’invasione in Ucraina. Non può essere data a Mediaset la responsabilità di tali affermazioni: se oggi gli italiani comprendono meglio le ragioni per le quali è necessario difendere l’Ucraina è anche grazie alla libertà di stampa e di parola, che in Italia sono diritti costituzionali garantiti” ha detto Meloni.

Intanto Putin sta già pensando al ‘trofeo’ da mostrare ai suoi fan durante la parata del 9 maggio a Mosca. Come un vecchio imperatore, farà sfilare centinaia di prigionieri di guerra ucraini, si spera non in catene come schiavi. Vengono alla mente le parole del nostro saggio amico Stanislaw Jerzi Lec: “Il boia sogna eternamente i complimenti del condannato per la qualità dell’esecuzione“.

Il problema, per noi che vogliamo la pace, che difendiamo valori di civiltà e non vogliamo (e non dobbiamo) trasformarci in aguzzini, è che cosa dobbiamo fare. Un aiuto da Ryszard Kapuscinski, grande giornalista, che spronava sempre a “raccontare per poter cambiare, cambiare qualcosa… la minima speranza che qualcosa possa cambiare – spiegava- ci può essere solo se nel mondo la gente sa il motivo per cui in una frazione dimenticata di un villaggio africano si combatte e si muore ogni giorno…”.

 

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