Greco appende la toga Un brindisi tra i veleni per la procura di Milano

Dopo gli strascichi del caso Amara, va in pensione l’ultimo pm del pool Mani pulite
di Sandro De Riccardis Luca De Vito
MILANO — Cinque anni fa, la sua nomina a capo della procura di Milano era apparsa come il normale compimento del percorso del più giovane pm del pool di Mani Pulite, che da quella straordinaria stagione di lotta alla corruzione all’inizio degli anni 90, arrivò a succedere a Edmondo Bruti Liberati. Nessuno allora avrebbe immaginato che Francesco Greco, che andrà in pensione a 70 anni sabato e domani saluterà i colleghi con un brindisi davanti all’Aula Magna, avrebbe lasciato un ufficio spaccato, con due aggiunti e diversi pm indagati, rimasti impelagati in accuse reciproche sulla gestione di quelle indagini su cui lui stesso aveva investito di più. Una procura che da lunedì sarà guidata da Riccardo Targetti, ora procuratore aggiunto responsabile dei reati d’impresa. Solo per pochi mesi però: ad aprile anche lui andrà in pensione. E se non dovesse arrivare prima la decisione del Csm, il timone potrebbe passare proprio a Fabio De Pasquale, titolare delle inchieste Eni che gli sono costate l’imputazione a Brescia per rifiuto di atti d’ufficio.
I malumori covavano da tempo, ma a fare da detonatore sono stati i verbali di Piero Amara, ex legale esterno di Eni che ha parlato in procura di una presunta loggia Ungheria. Documentazione consegnata all’ex consigliere del Csm Pier Camillo Davigo da uno dei titolari del fascicolo, il pm Paolo Storari, come forma di “autotutela” da quella che lui considerava l’inerzia dei colleghi nell’indagine. Una vicenda che si intreccia con le inchieste su Eni e la sentenza di assoluzione dei vertici del Cane a sei zampe nel processo per corruzione internazionale sul giacimento Opl245 in Nigeria dei pm De Pasquale e Spadaro. Quei verbali erano stati infatti depositati nell’inchiesta parallela sul “falso complotto” che Storari seguiva con l’aggiunto Laura Pedio: un presunto depistaggio per sabotare proprio l’indagine sulla Nigeria. Una guerra interna che si è affiancata all’insoddisfazione di molti pm verso la gestione dell’ufficio. Lamentele approdate al Csm in una relazione critica sull’organizzazione interna. Questa estate la maggioranza dei pm, 59 su 64, ha poi firmato un documento di sostegno a Storari, suonato come un plateale gesto di sfiducia al capo.
Ma c’è un prima e un dopo nel racconto dei cinque anni di Greco, che fin da subito aveva provato a dare al lavoro degli uffici uno slancio internazionale, pur rimanendo nel solco della tradizionale indipendenza della procura di Milano. Tra i successi investigativi, quelli che hanno fatto emergere l’evasione fiscale dei colossi del web, da Apple a Google. Lavorando con la Guardia di Finanza di Milano, Greco ha fatto pagare conti salati alle multinazionali che realizzavano profitti in Italia ma pagavano le tasse all’estero. Una formula che ha fatto scuola, quella della “stabile organizzazione occulta”, individuata in tutti i casi in cui esisteva una struttura in Italia, anche se non formalmente dichiarata, che ha permesso di recuperare centinaia di milioni per l’Erario.
Tra le inchieste da ricordare, quelle che hanno inciso sullo scenario politico i n Lombardia, come “Mensa dei poveri” che ha svelato il sistema di clientele intorno agli uomini di Forza Italia o quella sulla Film Commission che ha portato alla condanna dei revisori contabili della Lega. Ma a chi chiede al procuratore di cosa vada più fiero, Greco cita le intuizioni che hanno portato a filoni investigativi inediti, come quelli sulle compagnie telefoniche che applicavano servizi a pagamento non richiesti dai clienti. E sul fronte dei diritti: dall’indagine sullo sfruttamento dei rider, alla gestione del fascicolo sull’aiuto al suicidio per il Dj Fabo per il quale la stessa procura ha chiesto l’archiviazione del radicale Marco Cappato. È difficile tuttavia ignorare come nell’ultimo anno la vicenda Storari abbia lasciato macerie. Sarà il Csm a dover fare la scelta che dovrà sanare le ferite. Tra i candidati il procuratore generale a Firenze Marcello Viola, il procuratore capo di La Spezia Antonio Patrono, il capo dei pm di Bologna Giuseppe Amato. E con loro, l’unico candidato di Milano, l’aggiunto Maurizio Romanelli alla guida del dipartimento della pubblica amministrazione, grande esperto di terrorismo e fenomeni mafiosi. Una candidatura, la sua, che proprio nelle ultime settimane sembra aver ripreso quota.
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