Carlotta De Leo
Roma
Quarantotto ore prima del decreto del 9 marzo che stabiliva il lockdown in tutta Italia, il Comitato tecnico raccomandò di «definire due livelli di misure di contenimento: uno nei territori in cui è maggiore la diffusione del virus, l’altro, sull’intero territorio nazionale». Quello che emerge dai cinque verbali del Cts desecretati e pubblicati sul sito della Fondazione Luigi Einaudi è un racconto parziale di quanto accaduto in questi mesi di pandemia da coronavirus. Mancano infatti ( in realtà, la pubblicazione non è stata chiesta) i resoconti sulle questioni più controverse come la mancata zona rossa di Alzano e Nembro.
L’8 marzo, alle 3 del mattino, il premier presenta il Dpcm che dispone la zona rossa per la Lombardia e altre 14 province (Modena, Parma, Piacenza, Reggio Emilia e Rimini, Pesaro e Urbino nelle Marche, Alessandria, Asti, Novara, Verbano-Cusio-Ossola e Vercelli in Piemonte, Padova, Treviso e Venezia in Veneto) dove vanno applicate «misure rigorose». Ma passa soltanto un giorno e arriva il nuovo decreto #iorestoacasa che, invece, impone il lockdown a tutto il Paese.
Grazie alle 233 pagine pubblicate online, si scopre ora che già il 28 febbraio — sette giorni dopo la scoperta del paziente uno di Codogno — gli esperti avevano suggerito al governo di rendere più restrittive le misure per le tre regioni più colpite. «Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto presentano — si legge nel verbale di quella riunione — una situazione epidemiologica complessa, tale da richiedere la prosecuzione di tutte le misure di contenimento già adottate, opportunamente riviste».
Passa una settimana e si arriva alla soglia dei cinquemila contagi con 233 decessi in 24 ore. Manca soltanto un tassello per capire che cosa abbia spinto il governo a decretare il lockdown dell’intero Paese il 9 marzo. E probabilmente è racchiuso nel verbale del Comitato tecnico-scientifico del giorno prima, che non è ancora stato reso pubblico. Di certo c’era che quel giorno si registrò il più alto numero di vittime dall’inizio dell’emergenza (366) che fece balzare l’Italia al secondo posto al mondo per numero di morti dopo la Cina.
Gli avvocati della Fondazione Einaudi chiedono ora di rendere noti tutti i dossier. Anche l’opposizione vuole vederci chiaro: la Lega prepara una interrogazione su Alzano e Nembro. «Nei verbali non ci sono grandi ragioni per prolungare lo stato di emergenza. Non serve a difendere la salute degli italiani, ma del governo» attacca la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni.