Greta e l’effetto Papeete

il caffè

 

di Massimo Gramellini

 

Ti abbiamo osannata quando con la tua protesta solitaria hai riacceso l’attenzione dei grandi sui patemi ambientali. Ti abbiamo sostenuta quando i malpancisti ti accusavano di esserti trasformata in un fenomeno da baraccone. E ti abbiamo difesa dalle critiche di chi giudica strumentale la decisione di recarti al summit dell’Onu in barca a vela, mezzo di trasporto ecologico ma non alla portata di tutte le tasche, mentre lontano dalle luci della ribalta i tuoi collaboratori raggiungeranno New York a cavalcioni di più economici e tossici aerei. Però una cosa te la dobbiamo dire, Greta Thunberg. Attenta all’effetto Papeete.

Come forse non sai, prende il nome dallo stabilimento balneare di Milano Marittima in cui Salvini ha trascorso le ferie e perso politicamente la brocca. Arrivando davanti all’isola di Manhattan, tu ieri hai strillato sui social «Terra!», neanche fossi la pronipote vichinga di Cristoforo Colombo. L’altro giorno avevi informato l’umanità che il tuo viaggio era disturbato da un vento forte e che le onde dell’oceano erano molto alte. Capisco che sei abituata a misurare tutto ciò che ti riguarda con il metro dell’eccezionalità. Ma non stai solcando mari ignoti, né scoprendo continenti riemersi. Stai solo andando a New York in barca a vela. Attenta all’effetto Papeete, Greta. Basta un attimo. Basta sentirsi al centro dell’universo e circondarsi di laudatori adoranti per perdere il contatto con la realtà e ritrovarsi, al risveglio, in minoranza persino con sé stessi.

 

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