Generazione Covid I giovani pagano la crisi

A maggio il tasso di disoccupazione sotto i 25 anni sale al 23,5%. Giù i contratti a termine Nel mese 65 mila donne perdono il lavoro. La Commissione Ue corre ai ripari con un piano
di Marco Patucchi
ROMA — Li chiamavamo precari. Sono diventati la Generazione Covid. Ma sono sempre loro, i nostri giovani, per i quali il mondo del lavoro continua ad oscurare come un’ombra l’orizzonte. Il futuro. Più di un ragazzo su sei, ci dice l’Organizzazione mondiale del lavoro, ha interrotto la propria attività a causa della pandemia, mentre chi l’ha salvata ha comunque registrato una riduzione dell’orario di lavoro (e dunque delle retribuzioni) del 23%. Un effetto «devastante e sproporzionato », sottolinea l’Ilo. E stiamo parlando di giovani che un lavoro prima del lockdown ce l’avevano. Magari da poco tempo, ma per loro la speranza nel futuro almeno s’era accesa.
Buio totale, invece, per i i ragazzi senza lavoro che, ha certificato ieri l’Istat, in Italia rappresentano ormai una tara endemica. Il tasso di disoccupazione giovanile a maggio è salito al 23,5% contro il comunque alto 7,8% del tasso complessivo: una distanza che suona come condanna inappellabile per intere generazioni della classe dirigente. L’ennesimo balzo della disoccupazione giovanile, spiega l’Istat, se non altro è determinato da uno dei pochissimi indicatori positivi dei dati del mese scorso: è tornato a crescere, infatti, il numero delle persone in cerca di lavoro (+18,9%), segno che dopo il trauma del coronavirus si prova a rialzare la testa. Solo nelle prossime settimane, però, si potrà valutare quanto sia giustificato questo “ottimismo della volontà”, perché resta il fatto che tra febbraio e maggio gli occupati sono diminuiti di oltre mezzo milione di unità e le persone in cerca di lavoro di 400 mila, con conseguente aumento degli inattivi di 900 mila.
Tornando al solo mese di maggio, sono sempre i “di cui” delle cifre a fotografare il dramma sociale della Generazione Covid (e delle donne). Gli occupati totali in meno sono stati 84 mila rispetto ad aprile e 613 mila sull’anno precedente: ebbene, degli 84 mila posti scomparsi, la stragrande maggioranza riguarda le donne (-65 mila), così come i giovani visto che sono stati 79 mila i lavoratori a termine in meno (e precario, in Italia, è sinonimo di giovane) contro i -11 mila contratti stabili (si arriva al -84 mila considerando 6 mila occupati in più nel lavoro autonomo. «Nel giro di un anno – sottolinea Francesco Seghezzi, presidente della Fondazione Adapt – abbiamo perso 600 mila posti di lavoro con contratto a termine, senza guadagnarne altrettanti con contratto stabile ». I numeri di maggio, peraltro, sono attenuati dalla moratoria sui licenziamenti introdotta dal governo a fronte agli effetti economici della pandemia e che, nelle intenzioni di Pd e M5S, dovrebbe essere prorogata fino al termine dell’anno, unitamente alla Cassa integrazione Covid. Mentre, in prospettiva, un aiuto al mercato del lavoro potrebbe arrivare dall’ulteriore congelamento (ora previsto fino a metà agosto) dell’obbligo di causali per il rinnovo dei contratti a termine. Solo un “pannicello caldo” a tamponare un’emergenza ormai strutturale per il nostro Paese. E non solo qui. Anche la Commissione europea prova a soccorrere la Generazione Covid con il pacchetto “Bridge to jobs”, vale a dire il rafforzamento della Garanzia giovani che, a partire dal 2013 ha aiutato 24 milioni di giovani a trovare lavoro attraverso stage o apprendistato. Sta di fatto che il tasso di disoccupazione giovanile nella Ue è comunque alto, 15,4%, così Garanzia giovani sarà estesa dai 25 ai 29 anni, con un occhio particolare per i gruppi più vulnerabili (minoranze etniche, disabili o giovani di territori svantaggiati). L’ennesima pacca sulla spalla alla Generazione Covid.
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