Foxy Lady a Leopoli

Il nuovo romanzo di Andrei Kurkov, scrittore ucraino di lingua russa, racconta una città occidentale, cosmopolita e hippie Con un grande omaggio a Hendrix
di Wlodek Goldkorn
Un viaggio, per lo più notturno, fra i perdenti — non tanto della transizione al capitalismo quanto dal punto di vista esistenziale — un viaggio dunque in una Leopoli dove si verificano strani fenomeni naturali, in apparenza inspiegabili, è il leitmotiv di Jimi Hendrix a Leopoli, l’affascinante romanzo di Andrei Kurkov, edito da Keller e tradotto da Rosa Mauro. L’autore è uno scrittore ucraino di lingua russa, nato sessantuno anni fa non lontano da San Pietroburgo, abita a Kiev, anche se in questi giorni di guerra ha scelto di lasciare la città, e ha nel suo curriculum numerosi libri per adulti e bambini, fra cui, da segnalare Diari ucraini e Picnic sul ghiaccio.
Come si diceva, Jimi Hendrix a Leopoli, uscito in originale nel 2014, narra un’allucinata avventura di molti personaggi in quella che viene considerata la città più occidentale del paese, a pochi chilometri dal confine con la Polonia. Ecco, la città appunto, oltre agli uomini e donne ritratti da Kurkov, è una protagonista importante del romanzo. Spieghiamoci. Abbiamo appena detto che Leopoli è la città più occidentale dell’Ucraina. E allora correggiamoci. Leopoli è una città occidentale, mitteleuropea, dal passato polacco, poi asburgico, poi di nuovo polacco, dal 1939 al 1991 sovietico, e dal presente ucraino. Nella narrazione di Kurkov ci sono in sottofondo le memorie plurime del luogo. Non solo della straordinaria bellezza delle architetture, quanto quelle della rovina ai tempi dell’Urss, quando le strade e gli edifici andavano a pezzi e il potere centrale lesinava fondi a una città considerata infida, perché con la testa rivolta in una direzione opposta a quella di Mosca.
Attenzione, Jimi Hendrix a Leopoli, non si svolge in un luogo povero ma in una città in pieno sviluppo, dove però la miseria non è solo un lontano ricordo. E tutto questo in un vortice di scene, situazioni talvolta grottesche, altre volte teneramente ironiche o volutamente kitsch e dove la tenerezza facilmente si trasforma in qualcosa di grottesco ma anche dove il kitsch sfiora spesso il sublime. E ancora, nell’architettura del romanzo ci sono echi di postmodernismo in voga nella letteratura russa oggi, conditi da reminiscenze delle atmosfere di Bulgakov da Maestro e Margherita.
Eccoci dunque una notte al cimitero principale della città, dove si riunisce un gruppo di hippie invecchiati, patetici, per celebrare la memoria di Jimi Hendrix, loro idolo ai tempi della gioventù. All’improvviso, al raduno si presenta un ex capitano del Kgb, la polizia politica, che a suo tempo aveva il compito di seguire le vite degli hippie, di controllare i loro movimenti, di sorvegliare le abitazioni e abitudini. Di più non racconteremo, se non che, ovviamente, l’ex poliziotto era affascinato dalle persone che controllava e di Jimi Hendrix medesimo.
Poi il centro della narrazione si sposta su un giovane che si guadagna la vita, facendo espellere i calcoli renali ai benestanti clienti. I pazienti sono per lo più polacchi, uno di loro è perfino un principe: un modo questo per fare ironia sugli stereotipi che gli ucraini hanno dei loro vicini ed ex dominatori. Il guaritore — in realtà non guarisce ma invece di notte porta i suoi pazienti in automobile sulle strade scassate della città, in modo che le vibrazioni della macchina causino l’effetto voluto — si innamora di una ragazza, allergica ai soldi, che però di notte lavora in un chiosco di cambiavalute. È un amore travolgente, romantico ( finito benissimo, possiamo dirlo), di due persone disperate.
Ma ecco, che raccontando la loro storia Kurkov, riesce a far vedere al lettore un negozio di ciarpame a prezzi stracciati, dove l’innamorato compra un portacenere con immagini di Venezia. Quel brutto portacenere diventa un oggetto totemico della seduzione e dell’erotismo sublime fra lui e lei: un formidabile esercizio di bravura ed esempio dell’immaginazione dell’autore. Poi c’è un barbiere, pure lui emarginato, in origine polacco, ma che non si sente più polacco, ma forse non è neanche ucraino, e inoltre incontriamo scrittori, attrici conducenti di taxi. E i senzatetto in fila per la minestra donata da un’organizzazione caritativa. Se i protagonisti sono tanti, il plot è semplice. A Leopoli succedono cose fuori dal comune.
Si sente il profumo di mare, nelle strade gabbiani attaccano le persone, in alcuni condomini si verificano molti casi di suicidio, sembra che ci sia una specie di “ bufera magnetica”, e via elencando fenomeni inspiegabili. I vari personaggi, fra bevute di vodka, conversazioni e discussioni sulla vita, amore, morte, e con l’ausilio di un mago indagano sulle cause della catastrofe. La scoprono. La vicenda è legata a un’altra città, oggi al centro delle cronache, Odessa.
Non la riveleremo, ma diremo che finisce bene e auguriamo altrettanto non solo a Leopoli ma all’Ucraina tutta, in mezzo a una catastrofe vera e non più letteraria.
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