Finalmente! Un ragionamento serio sul Monte

«Puntando su Siena gli stessi soldi si poteva avviare un piano diverso»

Il professor Gai: questa trattativa sa un po’ di resa, vicina alla svendita…

S.O.

 

Vendere Mps a Unicredit è una scelta politica, razionale, ma non l’unica possibile. Lorenzo Gai, ordinario di Economia degli intermediari finanziari all’Università di Firenze, nominato Cavaliere dell’Ordine al merito nel giugno scorso dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, analizza la situazione in cui si trova attualmente la banca più antica del mondo.

«Lo Stato nel 2017 ha investito nel Monte 3,9 miliardi che oggi valgono 700 milioni. Un conto salato, senza dubbio, e uno scenario attuale molto complesso perché dopo la vendita di alcuni asset sono rimaste le attività tradizionali, oggi poco profittevoli e tutto il personale. Aggiungiamo che la pandemia di Covid ha spinto molto la digitalizzazione e reso perciò ancora più pesante la dote composta da 22 mila dipendenti. Infine consideriamo gli stress test che per come sono congegnati “puniscono” gli istituti impegnati in un percorso di ristrutturazione ed hanno evidenziato una carenza di capitale di 2,5 miliardi. Lo stato dovrebbe sborsarne circa due per sostenere pro quota la ricapitalizzazione necessaria».

La cessione a Unicredit è una strada obbligata?

«Il Monte resta comunque un boccone grosso da digerire e in Italia sono soltanto due gli istituti in grado di prenderlo, ma Intesa si è già sistemata con l’operazione Ubi. A proposito delle banche straniere direi che le tedesche sono messe male, Bnp Paribas è già a posto con Bnl, Crédit Agricole è impegnata con Creval. Quindi resta Unicredit. Ed è evidente che in un contesto come quello che abbiamo descritto il prezzo lo fa chi compra, di certo non chi vende. Una cosa è certa: se al termine della due diligence di 40 giorni arriverà il disco verde, Unicredit farà un affare».

Unicredit fa un affare, a Siena cosa rimane?

«Fa un affare perché si prende la banca ripulita dagli Npl e dai rischi legati alle controversie legali, beneficia di un consistente credito fiscale. Va visto come sarà definito il perimetro, ma è possibile che qualche centinaio di filiali posizionate al Sud vadano al Mediocredito Centrale. Dando la parte buona a Unicredit e mettendo tutto il poco buono in una bad bank di matrice pubblica, a Siena rimane ben poco: difficile scorgere per un nuovo progetto industriale, anche a carattere regionale».

C’è chi parla di regalo.

«Sa un po’ di resa. Siamo abbastanza vicini a una svendita sulla falsariga di quanto è stato fatto nel recente passato con le banche venete finite a Intesa».

Secondo lei c’erano alternative possibili?

«Evidentemente anche le interlocuzioni con Banco Bpm e altri istituti di medie dimensioni non hanno dato buoni esiti. Sembra che lo Stato abbia messo la testa nella direzione di volersi liberare del problema, anche per chiudere un fronte di trattativa con l’Europa. Ma, ripeto, è una scelta politica».

Un conto è liberarsi di un problema, altro conto è provare a risolverlo: si poteva provare a risolverlo?

«Certo la strada è stretta, ma l’opzione di un Monte stand alone in astratto si poteva provare a percorrerla. Se punti su Siena gli stessi miliardi — visto che anche l’operazione Unicredit è tutt’altro che gratuita per lo Stato — puoi avviare un progetto industriale che passi per l’aggregazione con altre realtà come Bper, Popolare di Sondrio e altre di dimensioni simili».

Ma c’è un accordo con le istituzioni europee.

«È vero che c’è un accordo in base al quale lo Stato deve uscire dall’istituto senese nel 2021, ma gli accordi si possono ridiscutere. Nessuno si augura di certo che il Monte diventi una nuova Alitalia, ma la vicenda della compagnia di bandiera mostra che la mano pubblica può scegliere di restare e rilanciare. La politica può dare quello che vuole e strade alternative percorribili ce ne sono sempre».

Sembra invece che l’opzione Unicredit sia l’unica possibile, che lo Stato adesso abbia a disposizione solo questa mossa.

«Certo l’assenza di soggetti alternativi ha portato al Governo un unico interlocutore che detta anche le condizioni: alla data room non si era affacciato nessuno, tranne il fondo Apollo. Ma quando ti ritrovi incastrato e puoi fare una sola mossa, vuol dire che hai sbagliato le mosse precedenti».

 

https://corrierefiorentino.corriere.it