Nardella: E per farlo sono pronto a mettere in garanzia il patrimonio immobiliare.
Nardella e il futuro
di Fabio Galati
I droni per controllare gli assembramenti. Cinquemila famiglie da aiutare con i buoni spesa. Un patto con inquilini e proprietari per evitare gli sfratti, ma soprattutto la creazione di un nuovo strumento giuridico per riempire con famiglie di residenti le case sfitte della rete di Airbnb e simili. E ancora: rinegoziazione dei contratti di servizio della tramvia, in vista di contingentamenti più o meno stabili sui passeggeri. Trattativa con Alia per variare le tariffe della Tari, fino ad arrivare alla possibile esenzione per le imprese costrette a chiudere.
Utilizzo del nuovo piano urbanistico come un “bazooka” per modificare l’assetto della città, non più solo a vocazione turistica, ma convertita a hi-tech, ricerca e case per giovani.
Dario Nardella è un fiume in piena.
Queste sono solo alcune delle idee e dei provvedimenti che ha in mente o che ha appena varato. È reduce da una conference call con i sindaci Pd delle maggiori città italiane, preocupati per i bilanci dei propri Comuni, azzoppati dall’emergenza coronavirus.
Sindaco, partiamo da qui. A Palazzo Vecchio mancheranno, se va bene, 150 milioni in bilancio.
Cosa intende fare?
«Di sicuro non alzerò le tasse per i cittadini e per le imprese. Con i miei colleghi abbiamo deciso di dire chiaramente al governo che se in un decreto non vengono stanziati 5 miliardi per i bilanci dei Comuni nei prossimi mesi rischiamo di trovarci la spazzatura lasciata per strada senza che nessuno la raccolga».
La Tari, tariffa sui rifiuti, è appunto uno dei tributi che avete deciso, come gli altri, di posticipare a giugno. Basterà?
«No, non basterà. Per questo ho chiesto ad Alia di rinegoziare le tariffe, visto che tra l’altro ora svolgono meno servizi. Voglio arrivare all’abbassamento o all’esenzione dalla Tari per alcune categorie, per esempio le imprese che sono state costrette a chiudere.
Se non producono rifiuti perché devono pagare per smaltirli?».
Il governo sembra tiepido sulle vostre richieste.
«Farò qualunque tipo di battaglia. Se ci sono ministri del Pd, del mio partito, che fanno orecchie da mercante, mi batterò perché si muovano. Prima di tutto viene la mia città, poi l’appartenenza al Pd. La dimensione del deficit è così grande che le mezze misure non servono.
Firenze poi è ancora più in difficoltà.
Noi abbiamo fatto forte affidamento sull’imposta di soggiorno, che non solo mancherà quest’anno, ma che è probabile che anche nel 2021 abbia un gettito molto basso. Perché il turismo sarà il settore che riprenderà con più lentezza di tutti».
Oltre a un’iniezione di liquidità lei pensa necessaria anche una manovra sul debito?
«Il governo deve permetterci di indebitarci. Ora lo possiamo fare solo sul fronte degli investimenti. Per legge, invece, dobbiamo essere messi in grado di indebitarci per finanziare la spesa corrente, quella che ci serve ad esempio per i servizi agli anziani o scolastici. E per farlo sono pronto a mettere in garanzia il patrimonio immobiliare».
Oltre ai 5 miliardi che chiedete quindi lei è pronto a impegnare gli immobili comunali?
«Se non vogliamo alzare le tasse è l’unica soluzione. Preferisco indebitarmi per mantenere i servizi.
E quindi utilizzare gli immobili comunali. Non venderli, ma metterli a garanzia dei prestiti, costituendo un fondo apposito».
Intanto vi muovete sull’emergenza virus. Il tema sempre attuale è quello dei controlli.
«La prefettura ci ha appena autorizzato ad utilizzare i droni per controllare gli assembramenti. Ora schiereremo anche quelli. Anche perché ho molti timori sulle possibili infrazioni per Pasqua e Pasquetta».
Ancora troppa gente in giro?
«Purtroppo i nostri sensori a partire da lunedì scorso ci segnalano ogni giorno 1.000-1.500 veicoli in più. Un aumento progressivo che mi preoccupa. La scorsa settimana eravamo al minimo, con solo il 20% di veicoli in circolazione rispetto al solito. Ora stiamo già arrivando al 25%. I segnali di miglioramento sul fronte dei numeri sanitari sembrano indurre le persone ad un allentamento, invece certi comportamenti possono bloccare la tendenza alla diminuzione dei contagi. Dobbiamo ancora stringere i denti».
E per la distribuzione delle mascherine?
«Il presidente Rossi mi ha confermato che l’obbligo scatterà quando sarà terminata la distribuzione. Da oggi ci sono 300 persone al giorno impegnate nella distribuzione. Finora ne abbiamo date 80mila. La distribuzione porta a porta è la migliore. Nella mia telefonata registrata ai fiorentini spiego anche come si possono usare».
Invece sui buoni spesa qual è lo scenario?
«Oggi (ieri, ndr) distribuiamo i primi 20mila attraverso Quartieri e sicurezza sociale. Sono buoni da 10 euro l’uno».
Sono cartacei. Non potevate darli online?
«Purtroppo creare un sistema telematico sarebbe stato più complesso, invece volevamo partire subito perché chi è in difficoltà ne ha bisogno ora. Abbiamo avuto uno sconto del 19,5% dal gestore e questo ci permetterà di coprire più cittadini con la stessa cifra. In due giorni abbiamo avuto 3.200 domande, più o meno ne stiamo accettando il 70%. Il valore medio del contributo è di 360 euro a famiglia. Alla fine speriamo di aiutare così 5mila famiglie. Senza contare l’altra parte di cittadini che saranno intercettati tramite la rete del volontariato»
Molti fiorentini sono in difficoltà anche per pagare l’affitto. Cosa farete per aiutarli?
«Abbiamo 36mila famiglie in affitto a Firenze. Dobbiamo evitare l’emergenza sociale. Quindi ci stiamo muovendo su tre linee. La prima: sospendere gli affitti alle attività commerciali che si trovano in immobili di proprietà del Comune.
La seconda: chiedere a Casa Spa di fare lo stesso per gli alloggi dell’edilizia popolare. La terza: il mercato dell’affitto privato.
L’assessore Vannucci convocherà le associazioni dei proprietari di case e quelle degli inquilini per lanciare un patto sociale, nero su bianco. Uno strumento innovativo che deve farci evitare una escalatione di conflitti legali e sfratti. Il rischio è altissimo.
Molte famiglie e molti commercianti avranno forti difficoltà a pagare gli affitti e tutto questo non può gravare solo sulle spalle dei proprietari».
E il patto che cosa dovrebbe prevedere?
«I proprietari dovrebbero accettare di rinegoziare i contratti. Sospendere i pagamenti per poi spalmare nei mesi successivi gli affitti non riscossi oppure prolungare la durata del contratto. Oppure ancora studiare formule di pagamento parziale per la durata dell’emergenza, magari alleviando il peso fiscale sulla proprietà. Si può fare leva anche su nuovi strumenti che il governo ci mette a disposizione, come il credito d’imposta al 60% per le locazioni commerciali».
Ecco. Il tema degli affitti incrocia quello del volto della città dopo la futura ripartenza. Lei aveva detto che Firenze dovrebbe studiare una futuro che non sia solo a vocazione turistica, soprattutto per il centro.
«Stiamo studiando la creazione di un fondo di garanzia per incentivare l’uso delle seconde o terze case per affitti alle famiglie. E qui ci inseriamo nel tema del crollo degli affitti gestiti da tutte le piattaforme online».
Volete convertire le case Airbnb o Booking per riportare la residenza in centro? Per farlo bisogna superare la diffidenza dei proprietari abituati a ottimi profitti senza nessun pensiero sulla libera disponibilità dell’appartamento. I turisti pagano (e molto) e dopo qualche giorno se ne vanno.
«Sì, ma ora i turisti non ci sono più e non si sa quando torneranno. Il Comune sarà garante verso il proprietario sul fatto che potrà rapidamente rientrare in possesso della casa quando ne avrà bisogno, senza entrare in un vortice di azioni legali. Sarà il Comune a garantire lo spostamento dell’inquilino. Sarà un rapporto a tre. Questo verrà incontro anche alle esigenze dell’inquilino, che aiuteremo a pagare se non sarà momentaneamente in grado. Ci permetterebbe di calmierare questa bolla che si è creata sugli affitti turistici. Ma non è finita qui. Useremo un vero e proprio ‘bazooka’».
Cioè?
«Il nuovo piano urbanistico. Ho messo a lavorare gli assessori Del Re e Vannucci sulla costruzione di un regolamento che sarà la grande opportunità della città. Sarà davvero il bazooka che useremo per ridisegnare Firenze: lo sviluppo dei quartieri e il riutilizzo delle ex aree industriali. Queste aree dovranno essere indirizzate verso le aziende ad alto tasso d tecnologia e i laboratori di ricerca. Dovremo avere un parco tecnologico, specializzato nei settori che questa pandemia ha messo in risalto, penso innanzitutto alla tecnologia medicale. Non più nuovi alberghi, ne abbiamo anche troppi. E useremo lo strumento urbanistico per riportare in centro anche aziende e uffici».
Un cambio di rotta radicale.
«A partire dagli anni Ottanta le funzioni sono state portate fuori dal centro. Dobbiamo invertire quella tendenza. Perché questa è una fase completamente diversa.
L’emergenza coronavirus ci porta a dover immaginare una città diversa».
Banche università e uffici giudiziari hanno già traslocato.
«Certo, non è che voglio riportarli in centro. Ma possiamo usare strumenti urbanistici e fiscali per portarci altre funzioni direzionali. Penso ad esempio all’azzeramento dell’Imu produttiva per alcuni anni alle aziende che aprono sedi in centro.
Potrebbero arrivare laboratori di ricerca e imprese innovative, sul modello del Granaio all’ex caserma Cavalli. Dobbiamo evitare che il centro dipenda solo dal turismo.
Anche perché quello che sta accadendo dimostra che si tratta di un settore estremamente fragile».
Penserete anche ai giovani? In molte città europee i quartieri cambiano volto quando accanto a start up e laboratori si crea la possibilità per i giovani, più o meno precari, di avere una casa propria.
«Gli Student hotel non possono essere la sola risposta a questo tipo di esigenza. Dobbiamo replicare quello che è stato fatto alle Murate o che faremo in via della Scala, con alloggi destinati alle giovani coppie. Questi sono stati esempi sporadici, ora invece dobbiamo fare una mappa capillare del centro e del semicentro per destinare immobili alle giovani coppie».
Il tema della ripartenza si porta dietro tante scelte. Partiamo dai trasporti. Come faranno a funzionare?
«Siamo entrati gradualmente nell’emergenza e ne usciremo gradualmente. Dovremo fare grande attenzione. Dobbiamo capire i tempi e il ritmo che ci darà il governo.
Se col virus dovremo convivere fino alla scoperta del vaccino avremo un lungo periodo intermedio in cui, ad esempio, prevedere contingentamenti su tramvia e bus.
Dovremo studiare dei meccanismi, per i trasporti ma anche per i luoghi di aggregazione sociale. Per questo i dispositivi di protezione individuale sono essenziali. Siamo stati la prima regione a riuscire ad approvvigionarsi di milioni di mascherine in Cina. Ma non possiamo dipendere da altri Paesi.
Nell’arco di qualche mese dobbiamo avere una filiera produttiva locale.
Che tra l’altro ci permetterebbe di calmierare i prezzi. E a questo proposito mi auguro comunque che il governo emani un provvedimento per bloccare i prezzi delle mascherine. Non è che tra un mese non avremo più bisogno. Fino a quando non sarà disponibile un vaccino dovremo usare tamponi e mascherine su larga scala. E l’obbligo di certi comportamenti potrebbe non terminare mai. Probabilmente il modo di governare le grandi manifestazioni pubbliche cambierà per sempre, come per i grandi impianti sportivi».
Quindi prima di rivedere la folla al Franchi dovremo aspettare parecchio?
«In questo momento direi che non sia il primo dei problemi. Ma non c’è dubbio che le manifestazioni sportive dovranno seguire un processo graduale di riapertura. Mi auguro che sia così».
Tornando ai trasporti non si può ignorare che i business plan su cui è stata costruita la tramvia o la gara dei bus toscani erano basati su un mercato che si annuncia completamente diverso. E così il business plan per l’ampliamento dell’aeroporto di Peretola. Come affronterete questo problema?
«Noi dobbiamo tirare una riga, in accordo con la Regione. Riformulare tutti i modelli gestionali e chiedere ai partner privati di fare altrettanto per quanto riguarda tutto il sistema, trasporto pubblico locale e anche trasporto internazionale. Noi come Comune siamo più direttamente interessati con le tramvie. I tempi dei cantieri inevitabilmente devono essere rivisti. Ma anche il modello di business sul quale si è costruito il contratto di servizio della tramvia e del trasporto pubblico locale va rivisto. Sulla tramvia abbiamo avuto sempre una forte quota di fiorentini, ma anche un notevole apporto di turisti che ha consentito di raggiungere il break even, cioè gli obiettivi finanziari e gestionali. Ora cambia il mondo e dovremo ridiscutere tutto».
Sull’aeroporto Palazzo Vecchio non è impegnato direttamente ma cosa potrà accadere?
«Non abbiamo un ruolo diretto ma credo che cambierà il sistema mondiale dei trasporti e quindi anche il sistema toscano si adeguerà.
Questa pandemia ha un impatto così profondo e globale sugli stili di vita che andranno rivisti interi modelli produttivi dei servizi».