«Farò di Spoleto una città musicale»

 

 

Per la prima volta, dopo 63 anni, una donna assume la direzione del Festival dei Due Mondi di Spoleto: Monique Veaute. La 64ª edizione si svolgerà dal 24 giugno all’11 luglio.

Già alla guida di altre importanti manifestazioni, la più recente il RomaEuropa festival, di cui è ora presidente onorario, che effetto le ha fatto questa nomina?

«Sono stata molto colpita quando ho saputo di essere stata scelta a svolgere questo lavoro. Mi sono detta: ah, bello! È un momento storico particolare per le donne che, finalmente, sono sempre più riconosciute nelle loro capacità di gestire ruoli importanti. Per esempio la recente nomina della prima rettrice dell’Università Sapienza, Antonella Polimeni. Così nel resto d’Europa, con Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione europea, Christine Lagarde alla guida della Banca centrale… Sono convinta che siamo in grado di svolgere un tipo di organizzazione più empatica, più condivisa. Sono una femminista storica e non ho mai avuto dubbi. Con questo spirito mi accingo a svolgere il mio compito, decisamente impegnativo, grazie al supporto di un’altra donna, la direttrice generale Paola Macchi. Si tratta di un festival con una storia incredibile in una città medievale, con un importante patrimonio artistico e che, grazie al geniale maestro Giancarlo Menotti, aprì le porte alle novità, all’originalità, alle rarità».

Ha conosciuto Menotti?

«In maniera causale, a una cena: mi trovai seduta al suo tavolo, con altra gente, durante un festival di molti anni fa. Chissà che avrebbe detto se avesse saputo che un giorno… Comunque, spero di essere all’altezza di chi mi ha preceduto e, anche riguardo all’ottima direzione di Giorgio Ferrara, non intendo fare cambiamenti radicali. La mia sarà una graduale evoluzione, nel rispetto dell’impronta originale».

Impronta sottolineata da Alberto Moravia, nella riflessione che dedicò alla nascita del festival.

«Lo scrittore fu sedotto da questa iniziativa. Nel testo parla di “nostalgia delle corti”, del “mecenatismo illuminato e aristocratico, che risveglia piccole città con celebrazioni artistiche” e aggiunge che Spoleto “non si aspettava di diventare sede di un festival”. Una situazione imprevista, così come il mio arrivo alla direzione: per fortuna sono stata accolta benissimo e spero di non deludere i cittadini e gli spettatori».

Quali sono le linee del programma?

«La prima cosa è il mio omaggio a ciò che è accaduto nei precedenti 63 anni. Sto progettando un approfondito lavoro sulla memoria dei Due Mondi e ho intenzione di creare a Spoleto il primo grande museo dell’effimero: teatro, musica, danza, arti visive che hanno animato il festival dal 1958 a oggi. Sono andata a curiosare negli archivi e ho visto che lì sono passati i più grandi artisti. La seconda linea riguarda la musica, vorrei fare di Spoleto una città musicale, perché dispone di bellissimi teatri al chiuso e di un teatro romano, e poi le chiese, le piazze…».

Per questo avrà due grandi orchestre in residenza?

«Certo! La Budapest Festival Orchestra diretta da Iván Fischer e quella di Santa Cecilia diretta da Antonio Pappano. La prima inaugurerà il 25 giugno in piazza del Duomo, con il concerto dedicato ad autori francesi come Milhaud, Satie e Ravel e farà una serie di esibizioni concertistiche che invaderanno la città. Alla seconda è affidato il gran finale con musiche di Rossini, Fazil Say, Rimsky-Korsakov, ma anche concerti da camera, recital… Insomma, sarà una poliedrica sinfonia. D’altronde, era davvero un peccato utilizzare la bellissima piazza del Duomo solo per la conclusione».

Per quanto riguarda la prosa?

«Uno dei temi che fungerà da Leitmotiv è Dante. Stiamo pensando a una serie di messinscene tratte da momenti diversi della Divina Commedia: spero, perché no?, di scoprire il Luca Ronconi del futuro. Inoltre, ci sarà un concerto dell’ensemble Micrologus, specializzato in musica medievale, cioè quella che ascoltava il poeta, e un convegno proprio su questo genere musicale affidato agli esperti dell’Accademia di Santa Cecilia».

Qual è la sua opinione sulla creatività artistica al femminile?

«Le donne sono creative quanto gli uomini ma sono sempre state schiacciate dai loro colleghi e dunque mancano un po’ i modelli. A parte fantastiche eccezioni, non sono frequenti le eccellenze femminili nella prosa o nella musica, pochi teatri e poche orchestre sono diretti da donne: in questo campo, con la parità di genere, ancora non ci siamo. Però le cose stanno evolvendo positivamente ed esistono delle eccezioni: nel settore della danza, sulle orme di Pina Bausch, si fanno largo giovani coreografe molto dotate. Il mio intento, nei prossimi cinque anni, è dare spazio rilevante a nuovi talenti femminili e accogliere artiste residenti».

Inaugurare la sua direzione con la pandemia in corso la preoccupa?

«No. Qualunque siano le condizioni pandemiche a giugno, troverò la maniera giusta per realizzare il progetto. Trovo assurda la chiusura attuale dei teatri».

In tanti anni di frequentazioni artistiche, le è mai venuta voglia di allestire uno spettacolo con la sua regia?

«Mai, non sono creativa. Sono una buona organizzatrice».

In Francia, è stata insignita del titolo di Chevalier des arts et lettres dal ministro della Cultura e ha ricevuto la Légion d’Honneur dal presidente della Repubblica. Ha ricevuto l’Ordre National du Mérite dal ministro degli Affari europei. In Italia le è stato conferito il titolo di Cavaliere al Merito della Repubblica italiana. Non saranno troppi?

Ride: «Ma no! Sono omaggi, mi considerano un bravo soldato della cultura».

Che cosa si augura?

«Che venga tantissimo pubblico a vedere tutto ciò che offriremo, se non altro per pura curiosità».

 

www.corriere.it › la-lettura

 

Fotografia dal web (se la pubblicazione viola eventuali diritti d’autore, vi chiediamo di comunicarcelo e provvederemo immediatamente alla rimozione)