Espulso un colpevole restano i problemi

Il commento

 

di Giovanni Bianconi

 

L a toga strappata di dosso a Luca Palamara segna l’epilogo di un processo disciplinare, ma non chiude il caso. Per lui e per la categoria che ha rappresentato per oltre un decennio. Il condannato nega di sentirsi vittima ma parla da vittima: «Pago per tutti»; ritiene ingiusto un giudizio limitato ai fatti addebitati, ma sa che non è vero: sono state applicate le regole che ogni giorno applicano i suoi (ora ex) colleghi. Tuttavia questa condanna non può suonare come un’assolu-zione per la magistratura nel suo insieme. L’auto-riforma, in attesa delle riforme annunciate, deve proseguire per restituire all’istituzione la credibilità incrinata. Espellere un colpevole non risolve il problema. Se Palamara è vittima, lo è di se stesso; giunto all’apice del potere nel suo mondo, inseguiva le proprie aspirazioni con spregiudicate manovre (illecite secondo il verdetto) e rapporti border line con magistrati a mezzo servizio in politica (Cosimo Ferri) e ex ministri imputati (Luca Lotti), considerandosi intoccabile. Ma è anche il frutto avariato di un siste-ma che gli ha consentito di coltivare certi metodi. La sua apparizione nella sede del Partito radicale, a poche ore dalla radia-zione, è sembrata evocare un po’ Enzo Tortora (se il paragone non suonasse ingiurioso per una vera vittima della «giustizia») e un po’ Joe Valachi, pronto per la commissione d’inchiesta invocata dai suoi nuovi compagni di strada politica. «Se parlo io crolla la magistratura», confidava agli albori dello scandalo, prima di venirne travolto, lasciando in sospeso possibili e dirom-penti rivelazioni. Da allora accenna e allude, come ha fatto pure ieri, portando però sulle spalle il pesante silenzio opposto al suo giudice disciplinare, quando ha preferito non rispondere alle domande dell’accusa sui fatti con-testati (le trame dell’hotel Champagne). Per adesso è crollato lui, sebbene la storia non sia finita. Ma la magistratura, con le prassi opache o poco com-mendevoli scoperchiate dalle indagini su Palamara, continua a non stare tanto bene. Per questo il caso non è chiuso. Al di là del destino di una toga strappata, urgono nuove pratiche (solo in parte avviate) e comportamenti traspa-renti. Senza aspettare le riforme.

 

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