La storia
La sua «Lettera su Dio» all’asta per quasi 3 milioni
di Giuseppe Sarcina
La «debolezza umana» nel documento venduto a New York
WASHINGTON«Per me la parola “Dio” non è altro che l’espressione e il risultato della debolezza umana». Firmato Albert Einstein, 3 gennaio 1954, Princeton, New Jersey. È il passaggio chiave di una delle lettere più famose del grande scienziato. E oggi anche la più preziosa, visto che Christie’s ieri l’ha venduta per 2 milioni e 892.500 dollari, compresi i diritti d’asta, a New York. La quotazione iniziale era di 1-1,5 milioni di dollari.
È un testo in tedesco di due pagine, con qualche correzione, indirizzato a Eric Gutkind, autore del libro «Choose Life: The Biblical Call to Revolt». L’appello è agli ebrei, partendo dalla «incorruttibilità» di Israele.
A quell’epoca Einstein aveva già 74 anni. Aveva ottenuto il Nobel nel 1922, rivoluzionato la fisica, e non solo, con la teoria della relatività. Da almeno vent’anni era uno dei pensatori più importanti e più popolari del pianeta. Merito anche del suo stile diretto, della sua libertà di pensiero che imponevano il confronto, se non la polemica.
Non cambio idea: la Bibbia è una raccolta di leggende venerabili ma comunque piuttosto primitive
La «Lettera su Dio» ne è un esempio. Einstein aveva letto l’opera di Gutkind e l’aveva bocciata su tutta la linea: «La Bibbia è una raccolta di leggende venerabili ma comunque piuttosto primitive. Non c’è un’interpretazione, per quanto sottile possa essere, che mi faccia cambiare idea». E ancora: «Per me la religione ebraica nella sua versione originale è, come tutte le altre religioni, un’incarnazione di superstizioni primitive. E la comunità ebraica, di cui faccio parte con piacere e alla cui mentalità sono profondamente ancorato, per me non ha alcun tipo di dignità differente dalle altre comunità. Sulla base della mia esperienza posso dire che gli ebrei non sono meglio degli altri gruppi umani, anche se la mancanza di potere evita loro di commettere le azioni peggiori. In ogni caso non sono in grado di distinguere alcun “eletto” tra loro».
La notizia dell’asta ha rilanciato la discussione sulla spiritualità di Einstein, che di sé aveva detto: «Sono un religioso, non un credente». In questa stessa lettera lo scienziato cita «il nostro meraviglioso Spinoza», il filosofo ebreo olandese del diciassettesimo secolo che concepiva la figura di Dio come un essere senza forma, impersonale: l’artefice dell’ordine e della bellezza visibili nell’universo.
Idea ripresa da Einstein anche nel celebre dibattito all’Hotel Metropole di Bruxelles con il fisico Niels Bohr che sosteneva il «principio di indeterminazione», l’impossibilità di stabilire quale sia la legge fondante del cosmo. «Dio non gioca a dadi con l’universo», disse Einstein.
Per me la parola «Dio» non è altro che l’espressio-ne e il risultato della debolezza umana
Ma la «Lettera su Dio» conferma, più prosaicamente, il crescente valore di mercato dell’epistolario di Einstein. Fino a qualche anno fa era di proprietà della famiglia Gutkind. Nel 2009 passò di mano per la prima volta in un’asta per 400 mila dollari.
Ora vale sette volte tanto. L’anno scorso a Gerusalemme fu venduta per 1,56 milioni un’altra sua nota: «Una vita tranquilla e umile porta più felicità che l’inseguimento del successo e l’affanno senza tregue che ne è connesso».