E Siena sfatò l’ultimo tabù

Tre scudetti e altri successi: alla Mens Sana mancava solo la Coppa Italia. Che arrivò battendo la Virtus Bologna

 

Era la città che regnava sulla penisola dei canestri, la squadra che nelle ultime cinque stagioni aveva conquistato tre scudetti e due Supercoppe. Era il club che potenti investimenti stavano trasformando in una corazzata, troppo forte per chiunque, anche per le piazze storiche del basket come Milano, Varese, Bologna.

Per la Montepaschi Siena, tuttavia, quel ciclo di successi iniziato nel 2004 con Charlie Recalcati in panchina, proseguito sotto la guida di Simone Pianigiani e favorito dalla presenza all’ombra del Mangia di giocatori di eccellente qualità tecnica (Thornton e Andersen, Kaukènas e Stonerook, Ress e McIntyre) non poteva ancora dirsi compiuto fintanto che non fosse stato agguantato l’ultimo trofeo diventato ormai un tabù: la Coppa Italia, maledetta e sfuggente. Dall’introduzione delle Final Eight nel 2000 e fino al 2008, per Siena e i suoi tifosi la competizione invernale — con quella formula super-concentrata, con quella logica spietata del dentro-fuori— si era trasformata in un incubo: cinque ko rimediati nei quarti, tre stop in semifinale, una finale persa (per un canestro di scarto) nel 2002 a Forlì, ad opera delle V nere bolognesi di Ginobili e Rigaudeau. Un totale di nove tentativi, tutti andati a vuoto.

Quando prese il via la stagione 2008/2009, Siena si presentò al via ancora favorita e ancora più forte, grazie a un telaio ormai collaudato (Kaukènas, Sato, McIntyre ed Eze) che i recenti innesti di Ress e Lavrinovic avevano rifinito di pregio e che i nuovi arrivati Finley e Domercant rendevano esplosivo e imprevedibile. La conferma arrivò già durante la Supercoppa di settembre, quando i senesi divorarono al Pala Mens Sana la Scandone Avellino. In campionato la pattuglia di coach Simone Pianigiani non fu da meno. Partì fortissimo umiliando Cantù alla prima giornata, respingendo gli assalti di Treviso, sbancando con facilità il campo di Roma, infliggendo a inizio anno una pesante sconfitta alla Virtus Bologna. Insomma, la Montepaschi approdò al decimo tentativo con la «coppa maledetta» sulle ali dell’entusiasmo e sulla scia di 19 successi in 19 partite di campionato. Siena sempre più invincibile, sempre più famelica. E sempre più decisa a chiudere il cerchio dei trofei nazionali.

A sfidare i biancoverdi in quell’edizione delle Final Eight andata in scena dal 19 al 22 febbraio al Futurshow Station di Casalecchio di Reno si presentarono Roma, Teramo, Treviso (le altre teste di serie inerite nel tabellone), quindi Virtus Bologna, Avellino, Cantù e Montegranaro. Otto squadre, quattro giorni di gare accorciabili a tre sulla base del sorteggio, e il rischio dell’ennesimo passo falso che sarebbe costato la prematura eliminazione. I senesi partirono strafavoriti e tuttavia consapevoli di dover fare i conti con le solite energie fisiche e nervose in parte già assorbite dagli impegni di regular-season ed Eurolega.

Il sorteggio assegnò alla Montepaschi un ostacolo abbordabile nei quarti, Cantù, già ampiamente superato nel doppio scontro di campionato (+ 35 in Brianza, + 23 al Pala Mens Sana) e Siena, sorretta dal calore dei suoi numerosi tifosi accorsi al FuturShow, non deluse e vinse la terza sfida diretta della stagione per 77-65. In semifinale contro la Benetton Treviso fu invece necessario il miglior Henry Domercart per sbrogliare la matassa (decisivi i suoi 12 punti nell’ultimo quarto) e per consegnare la Montepaschi alla seconda finale di Coppa Italia della storia contro La Fortezza Bologna (che aveva a sua volta eliminato nell’ordine Roma e Teramo). Domenica 22 febbraio 2009 alle ore 17.15, di fronte agli 8500 spettatori del FuturShow Station, si affrontarono due formazioni che vantavano un credito nei confronti di questa Coppa: Siena alla ricerca del tanto agognato trofeo, e la Bologna sponda Virtus che di trofei ne aveva già afferrati sei ma era reduce da due finali perse (sul campo amico) nelle ultime due edizioni. I patron dei due club, Sabatini e Minucci, predicarono correttezza agli atleti e alle tifoserie, dal momento che il clima del match si annunciava all’insegna della tensione, sia sul parquet che sugli spalti.

Ne uscì una partita brillante, tiratissima, avvincente, forse la più bella finale nella storia delle Final Eight. Un match che rese onore al basket italiano. E che dimostrò per l’ennesima volta come la Coppa Italia potesse ribaltare anche i pronostici più affidabili. Perché se del valore di Siena tutti erano a conoscenza, la Virtus di quel giorno – allenata da Boniciolli e con una rosa nella quale spiccavano le due bocche da fuoco Boykins e Langford, oltre al pivot stoppatore Sharrod Ford, offrì una prova superlativa per carattere e resilienza.

Siena si portò avanti sin dalle battute iniziali, tentò di scappare via nei primi due quarti arrivando anche a un + 11 di vantaggio, ma Bologna ricucì pazientemente ogni strappo, grazie alla precisione al tiro di Righetti e alla mano calda di Langford. Nemmeno dopo l’intervallo lungo, nemmeno continuando a fare la partita, la Montepaschi fu in grado di sferrare il colpo del ko. E così, come nei migliori thriller, vecchi fantasmi del passato fecero puntualmente la loro comparsa. Perché Bologna, sorniona, a 1’20” dal termine dell’incontro operò addirittura il sorpasso sul 69-68, dopo che Domercart aveva illuso i senesi con la bomba del 68-65. Già, proprio lui, Henry Domercart. Sesto uomo di lusso, già decisivo in semifinale contro Treviso, l’allora 28enne pianista di Chicago si prese sulle spalle la squadra nell’ultimo giro di lancetta, nel momento più delicato del match, segnando un canestro pesantissimo, storico, a 48” dalla fine, per il definitivo contro-sorpasso senese (70-69). Poi fu la sagra degli errori, un generoso scambio di regali. Sbagliarono Vukčević da una parte e Lavrinovič dall’altra. A 4” dalla sirena Bologna ebbe a disposizione l’ultima cartuccia, ma non riuscì a spararla. Finì nel modo peggiore, senza tirare a canestro. Nell’albo d’oro della Coppa Italia entrò Siena, la più bella delle novità.

 

Fonte: Corriere Fiorentino, https://corrierefiorentino.corriere.it/