Governo
La legge di Bilancio sarà lo spartiacque dell’esperimento politico giallo-verde. Con una scadenza molto ravvicinata: settembre, quando si uscirà dal dibattito fatto di interviste e dichiarazioni e si entrerà nel vivo delle decisioni. Praticamente dietro l’angolo c’è in agguato una possibile crisi di governo che gli stessi protagonisti nelle sfere alte della scena politica non escludono. Anzi c’è chi l’ha già messa in conto e sta pure pensando a una exit strategy. A frenare le aspettative di Luigi Di Maio e Matteo Salvini è innanzitutto il ministro dell’Economia Giovanni Tria che ha le spalle coperte dal Quirinale e il sostegno di Mario Draghi. Non è solo una questione di risorse, che a suo parere non ci sarebbero per finanziare reddito di cittadinanza e flat tax, e di vincoli europei. Tria non crede che l’economia si stimoli mettendo più soldi nelle tasche degli italiani e facendo crescere i consumi. La strada maestra sono gli investimenti produttivi. Il ministro dell’Economia non è il solo a pensarla in questo modo. Anche una parte della maggioranza giallo-verde ha questa visione, soprattutto dentro la Lega. I dubbi di Giorgetti Il pragmatico sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, spesso nei suoi colloqui ricorda di avere imparato, quando studiava economia alla Bocconi, che sono le imprese a creare ricchezza e posti di lavoro. E la sua lunga esperienza parlamentare, sempre alle prese con le manovre economiche, gli ha insegnato che già a settembre è necessario avere chiaro cosa bisogna scrivere nella legge di bilancio da presentare entro il 15 ottobre. Occorrono messaggi chiari ai mercati, prima ancora che a Bruxelles. Altrimenti sull’Italia si potrebbe abbattere, già dopo la pausa estiva, una scure da parte di chi compra e vende i nostri titoli di Stato. E tutto questo mentre si va verso la fine del quantitative easing della Bce a guida Draghi. Ecco perché Tria vorrebbe subito un chiarimento di fondo e un’interlocuzione con i due «padroni» politici del governo. Nei prossimi giorni, prima della pausa estiva, per evitare il settembre nero. Per lo stesso motivo fonti della maggioranza e del governo mettono in conto l’uscita di scena del responsabile dell’Economia. Ma un esecutivo senza il bilanciamento dei tecnici e la sintonia con il Colle sarebbe in grado di arrivare alle elezioni europee nel maggio 2019? Di Maio e Salvini invitano Tria ad essere «coraggioso» ma lui ripete che il deficit deve rimanere entro i limiti concordati con Bruxelles. Nel governo si avverte la totale assenza di sintonia tra il ministro e il duo Di Maio-Salvini. Soprattutto con il grillino il dialogo è azzoppato e a Tria non è piaciuto, come ha confessato ad alcuni collaboratori del Tesoro, la fretta con cui è stato costruito l’impianto del decreto Dignità: «Sembra che su ogni cosa prevalgano la propaganda e la ricerca del consenso immediato» ha detto. Intercettato nei corridoi della Camera, dove ha risposto al question time, Tria si è lasciato andare a uno sfogo sulla distanza scavata nelle ultime settimane: «Con Di Maio e Salvini c’è incomunicabilità» ha ammesso con un sottosegretario. A M5S e Lega invece non piace che la sua voglia di autonomia tenga poco in considerazione l’indirizzo politico e le ricette promesse dai due leader in campagna elettorale. Allo stesso modo il leghista e il grillino sono irritati dal fatto che Tria sia sempre così prudente a ogni sua apparizione pubblica, con toni che non sembrano differenziarlo dai suoi predecessori. Da questi sospetti, il ministro si è difeso con il premier Giuseppe Conte, nei colloqui degli ultimi giorni: «Io ho chiari quali siano gli obiettivi politici, ma dovete anche capire che parlo in questo modo perché devo tenere buoni i mercati, in questa fase dobbiamo trasmettere tranquillità». Certo, ha dovuto mal digerire che sulle banche del credito cooperativo non abbia vinto la sua linea, e sia passato il mini-rinvio di due mesi proposto dal sottosegretario grillino Alessio Villarosa, ma ieri in Aula Tria ha comunque voluto lanciare un messaggio di distensione. È vero, ha detto che non si sfonderà il tetto del 3% del rapporto deficit/Pil, ma ha citato la pace fiscale, la flat tax leghista e il reddito di cittadinanza dei 5 Stelle come misure da inserire nella prossima legge di Bilancio, magari gradualmente. Unica certezza: quota 100 Ai piani alti del governo ci si lamenta che la mancanza di un metodo coordinato di lavoro stia mettendo in crisi la coalizione. Ma si sa, il potere fa miracoli. E allora la componente più pragmatica del governo ipotizza il massimo che è possibile fare con la prossima legge di Bilancio. Probabilmente, la riforma della Fornero con l’introduzione della quota 100: una misura attesa da moltissimi italiani, di grande impatto popolare, che trova d’accordo sia M5S sia la Lega. L’altra novità interessa professionisti e le partite Iva che già godono del regime forfettario con aliquota al 15%: allargare la platea, elevando il reddito massimo fino 100 mila euro. – c
Su La Stampa Ieri abbiamo anticipato l’agenda del presidente Sergio Mattarella che, dopo aver visto il premier Conte, intende incontrare nei prossimi giorni i presidenti di Camera (Roberto Fico) e Senato (Maria Elisabetta Casellati), per esercitare la sua moral susasion istituzionale. L’obiettivo è ricordare i parametri Ue in vista dell’approvazione della legge di Stabilità dopo i recenti attacchi all’Europa di Luigi Di Maio e Matteo Salvini.
Su La Stampa Ieri abbiamo anticipato l’agenda del presidente Sergio Mattarella che, dopo aver visto il premier Conte, intende incontrare nei prossimi giorni i presidenti di Camera (Roberto Fico) e Senato (Maria Elisabetta Casellati), per esercitare la sua moral susasion istituzionale. L’obiettivo è ricordare i parametri Ue in vista dell’approvazione della legge di Stabilità dopo i recenti attacchi all’Europa di Luigi Di Maio e Matteo Salvini.