“Duce! Duce!”: Pound scrive a Mussolini

In un mannello di lettere, i rapporti del grande poeta al Duce. Voleva l’autobus da La Spezia a Salò, e stampare i discorsi di Confucio

28 ottobre 1943. Il dispaccio s’intitola, semplicemente, “Rapporto al Duce”, Report to Il Duce. Tra le tante cose, spicca “la proposta di un autobus da La Spezia a Salò, via Genova, Tortona, Piacenza e Cremona, per dare alla Repubblica una nuova spina dorsale”. In effetti, “la Liguria è completamente tagliata fuori dalle comunicazioni. Occorre prendere tre treni per arrivare da Rapallo a Brescia”. Non è la sola, questa, tra le service note di Ezra Pound in direzione Salò: ancora una volta il poeta insiste sulla teoria del “credito sociale” di C.H. Douglas, chiave di volta per un sistema economico più sano, consono alla libertà dell’individuo, alieno alla prevaricazione dello Stato totale e all’egofollia capitalista (sul punto: il capitolo “C.H. Douglas & il Credito Sociale” in, Luca Gallesi, Le origini del Fascismo di Ezra Pound, Ares, 2005). Il ‘carteggio’ tra il poeta e il Duce durò dieci anni – più che uno scambio, fu un monologo poundiano.

Vent’anni prima, a Rapallo, Pound giocava a tennis con William B. Yeats, ospitava un Ernest Hemingway in cerca di fama, lavorava ai Cantos ‘Malatestiani’. Nel 1923, da Rapallo, Pound va a Rimini, alloggia al Palace Hotel, piglia a bestemmiare. “La biblioteca è chiusa, il dannato custode ha l’influenza e il direttore è troppo pigro – o deve insegnare fisica altrove”. I ‘servizi pubblici’ italiani facevano acqua già allora. Pound, però, trova un alleato. Il portiere Averardo Marchetti, “ha giurato di forzare la biblioteca e di chiamare il Sindaco se non è aperta”, scrive il poeta, chiosando, “è un nobile fascista”. Secondo Lawrence Rainey, studioso di Thomas S. Eliot, di Ezra Pound, ma anche del Futurismo italiano, ‘Ez’ ha subito il fascino del Fascismo a Rimini, “nel primo mattino del 12 marzo 1923, appena quattro mesi dopo la Marcia su Roma di Mussolini, quando il poeta arrivò nella città di Rimini” (in Between Mussolini and Me, “London Review of Books”, marzo 1999). Vent’anni dopo il poeta scrive dispacci al Duce, di stanza a Salò, dandogli consigli, relazionandolo sul dilagare comunista in Europa:

“Movimenti spontanei comunisti in Inghilterra non esistono. I pochi intelligenti e genuini comunisti in Inghilterra sono comunisti non perché appoggino l’azione dei Bolscevichi ma perché sono contro gli usurai e contro l’usura. Tutti – dico tutti – i capi del Partito Comunista e i loro più gallonati aiutanti sono, almeno dal 1938, pagati da Mosca e assegnati a mansioni di spionaggio industriale”.

30 gennaio 1933. Nel mezzo del guado, dieci anni dopo la visita a Rimini, dieci anni prima dei dispacci inviati a Salò, alle ore cinque e mezza del pomeriggio, Ezra Pound incontra Benito Mussolini a Palazzo Venezia, Roma. L’abboccamento è preparato da tempo. Il 23 aprile 1932 ‘Ez’ contatta il segretario personale del Duce, Alessandro Chiavolini, “annunciandogli il desiderio di comunicare e incontrare il leader del governo italiano”. “Durante l’incontro, Pound presenta a Mussolini l’edizione dei Draft of XXX Cantos pubblicata tre anni prima a Parigi”. In quel volume, sono raccolti i ‘canti’ dedicati a Sigismondo Pandolfo Malatesta, visto da Pound – nel suo modo visionario di imbrigliare la Storia – come l’alter ego del Duce. Inoltre, Pound consegna a Mussolini “i 18 punti programmatici che sono la base della sua concezione ideologica”, poi pubblicati nel 1940 sul “Meridiano di Roma” come Di un sistema economico. L’incontro con Mussolini è recensito nel repertorio dei Cantos, wunderkammer del delirio dove Confucio e piazzale Loreto sono pareggiati in catatonico caos. Incipit del XLI: “Ma qvesto/ disse il Duce, è divertente”. Commento della figlia Mary, nel volume dei Cantos edito da Mondadori: “Nell’unica udienza che Pound ebbe con Mussolini, nel 1933, alla domanda ‘Che volete?’ rispose: ‘Pace, per terminare il mio poema’, e gli consegnò una copia dei primi XXX Cantos. Sfogliandoli il Duce li trovò ‘divertenti’”. Oltre alla pace, però, Pound fece anche la guerra.

Maggio 1976. C. David Heymann pubblica un libro, Ezra Pound the Last Rower: A Political Profile, dove mostra un mannello di Letters from Ezra Pound to Benito MussoliniPersonaggio rapace, Heymann: la sua carriera comincia, trentenne, nell’orbita di Pound; proseguirà con una serie di biografie ‘scottanti’ su Jackie Kennedy (nel 1989), Elizabeth Taylor (1995), ‘Bob’ Kennedy (2002) – muore nel 2012. In ogni caso. La prima lettera di Pound a “Sua Eccellenza il Capo del Governo” segue l’incontro romano, è datata 17 aprile 1933, è scritta a Rapallo, via Marsala 12-5. “Eccellenza e Duce…”, così si rivolge il poeta al capo di stato, “in omaggio devoto” viene allegato al biglietto il manoscritto di Jefferson and/or Mussolini ABC of Economics. Nota del burocrate del Ministero degli Affari Esteri: “Il noto scrittore americano Ezra Pound ha inviato a Sua Eccellenza il libro intitolato… e la copia dattiloscritta di… Questi libri dimostrano chiaramente l’amicizia dell’autore verso il Fascismo”. Nel 1925 Pound aveva scritto ad Harriet Monroe, editrice della rivista Poetry, che “personalmente penso il meglio possibile di Benito Mussolini. Se lo compariamo agli ultimi presidenti americani e premier britannici, beh, non possiamo permetterci di insultarlo”. ‘Desecretando’, per così dire, le “nove lettere di Ezra Pound a Mussolini custodite presso il Dipartimento di Giustizia a Washington, tra i documenti dell’FBI”, di fatto, Heymann intende chiarificare la relazione tra Pound e il fascismo. Fino agli anni, lividi, della Repubblica Sociale.

Già, ma cosa scrive Pound a Mussolini? Speculazioni economiche, teoria monetaria. Esempio. Rapallo, 22 dicembre 1936. “Duce! Duce! Molti nemici, molto onore. Voglio vedere tutti gli usurai come nemici d’Italia. Ma, Duce!, il sistema delle tasse è un pericoloso residuo del passato, un cadavere pernicioso, che deve essere sepolto insieme al Re Bomba e a Francesco Giuseppe. Poiché lo Stato fornisce una misura di scambio, lo Stato funziona. Lo Stato ha diritto a esigere un compenso per il suo lavoro. Ma questo compenso è fondamentalmente diverso dalla tassa”. Firmato, “Viva l’Italia, Ezra Pound, jure italico”. Una lettera del 15 maggio 1937 si apre con un’epigrafe riassuntiva: “La tassa non è una quota azionaria/ Una nazione non ha bisogno/ e non deve pagare l’affitto per/ il proprio credito”. Da lì in poi comincia quello che Richard H. Rovere su Esquire, primo settembre 1957, narrava come The Question of Ezra Pound

“Negli anni al St. Elizabeth’s, Pound ha costantemente sostenuto di non essersi voluto opporre al suo paese durante la guerra. Nei momenti di lucidità, sottolinea che avrebbe potuto salvarsi dalla miseria in cui è precipitato accettando la cittadinanza italiana, nel 1939. Ha preferito aggrapparsi al passaporto americano. È un fatto che nel 1942 abbia tentato di prendere l’ultimo treno diplomatico che ha condotto i cittadini americani da Roma a Lisbona. Gli è stato rifiutato il permesso di salire a bordo. Non ha avuto altra scelta che tornare a Rapallo… Gli aspetti criminali di Pound durante la guerra sono talmente frivoli storicamente quanto è grandiosa la sua poesia”.

Ezra Pound pensava che la poesia dovesse contenere tutto: il mito e la teoria economica, l’estasi e la lotta estenuante, estetica, etica, politica. Non gl’importava troppo la lirica conoscitiva, con proprietà d’intelletto (come T.S. Eliot), ma il verbo attivo, agente. Nel 1944 pubblica L’America, Roosevelt e le cause della guerra presente Introduzione alla Natura Economica degli Usa per le Edizioni Popolari di Venezia. A Fernando Mezzasoma, Ministro della cultura popolare della RSI, il 15 marzo 1944, Pound comunica il desiderio di editare “l’edizione bilingue dello Studio Integrale di Confucio”, “i discorsi di Confucio”, “il libro di Mencio”, “le odi e l’antologia degli antichi poeti cinesi collezionata da Confucio”. Nel 1954 Scheiwiller pubblica il libro di saggi Lavoro ed usura; dal 1955 il grande editore milanese lavora per una petizione da inviare all’ambasciata americana, domandando la scarcerazione del poeta: tra gli altri, firmano Attilio Bertolucci e Giorgio Caproni, Carlo Levi, Mario Luzi, Alberto Moravia, Marino Moretti, Eugenio Montale, Umberto Saba, Elio Vittorini.

I fascisti, comunque, non prendevano sul serio il poeta. Un funzionario dell’ufficio di Galeazzo Ciano, in calce a una lettera inviata da Pound al Duce, il 15 aprile del 1934, chiosa, “una cosa è certa, questo scrittore è mentalmente squilibrato”.

*In copertina: Ezra Pound in una fotografia di Lisetta Carmi, 1966, Zoagli

 

 

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