Divorzio in sette punti così il Tesoro ha silurato l’ad di Montepaschi

di Andrea Greco
MILANO — Eccoli, i sette motivi per cui il cda di Mps ha tolto le deleghe di capo a Guido Bastianini. Il Tesoro, socio al 64% della banca e regista della staffetta con Luigi Lovaglio, non l’ha motivata ufficialmente: attirandosi critiche da esponenti di quasi tutte le forze politiche, M5s in testa, e quasi tutti i sindacati bancari.
Quella verbalizzata nella riunione del cda Mps lunedì pare, tuttavia, una buona approssimazione. Da estratti del dibattito interno emergono sette rilievi per cui tutti i 13 consiglieri Mps espressi dal Tesoro hanno votato per disarcionare il banchiere in sella da metà 2020. Accuse anche gravi, a partire dal «disallineamento » con la strategia concordata dall’azionista con l’Ue, ossia vendere la banca entro cinque anni dal salvataggio di metà 2017. Bastianini, rimasto in cda come semplice consigliere, non replica ma annuncia querele, per difendere la sua reputazione a fronte di una cacciata ritenuta priva di “giusta causa”, e imputata alla volontà di tutelare la vecchia gestione di Mps. Vediamo i sette rilievi del verbale, in ordine di importanza. «Posizioni talvolta ambigue tra la definizione di un piano industriale stand alone e un piano al servizio di un’operazione strutturale come deliberato dal cda e come auspicato da tutte le autorità di vigilanza nonché anche dall’azionista (…) e atteggiamento non proattivo nell’identificazione del percorso strutturale previsto dalle normative», perché il piano industriale varato da Bastianini a fine 2020 aveva tratti autonomi, mentre il Tesoro puntava a un’aggregazione, tentata invano con Unicredit. «Assenza di una chiara presa di posizione giunta talvolta sino all’astensione rispetto a proposte di delibera veicolate al cda dalle strutture facenti capo all’ad, senza espressione di orientamento, in vicende di particolare delicatezza», ovvero l’azione di responsabilità agli ex vertici, richiesta da alcuni soci e alcuni partiti (specie i M5s) ma sette volte respinta dal Tesoro tramite voto in assemblea; senonché lo scorso ottobre il cda Mps unanime ha chiesto di congelare 725 mila euro di compensi a Fabrizio Viola, ad nel 2012-2016 e a fine 2020 è stato condannato in primo grado a sei anni per false comunicazioni e manipolazione informativa. «Complessa gestione delle figure manageriali», tra cui il capo dell’ufficio legale Riccardo Quagliana, spesso contrapposto all’ex ad sulle richieste danni agli ex manager. Tale rilievo si accompagna al «disallineamento nell’esecuzione di alcune delibere consiliari, come il conferimento del mandato al professor Zimatore», sempre per i contenziosi legali. Inoltre, «gestione dei rapporti con la stampa senza utilizzare le strutture preposte interne».
Venendo al passato prossimo, «il fraintendimento creato dall’audizione parlamentare in commissione banche, la cui secretazione non è stata preventivamente autorizzata dal cda che non ha potuto licenziare il testo consegnato, né conoscere il testo dell’adunanza», e «la difficoltà di ottenere la proposta in merito ai piani di successione, più volte sollecitata dal presidente del comitato nomine, con ripetuti richiami scritti che hanno sortito effetto solo nell’adunanza del 31 gennaio 2022». Pochi giorni dopo la riunione in cui i vertici del Tesoro avevano chiesto a Bastianini di farsi da parte, ma il cda non ne sapeva ancora nulla.
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