Della dedicazione della Cattedrale alla Madonna

Dare solennità al giorno – 18 novembre – della dedicazione della Cattedrale alla Madonna, cioè del suo battesimo, e farne oggetto di un incontro a più voci è iniziativa che giudicheranno felice quanti ritengono la riflessione storica un invito a pensare il presente non cancellando il passato. Sarà interessante ascoltare gli interventi in programma (Palazzo Arcivescovile, ore 11) di monsignor Paolo Giulietti, don Enrico Grassini e Michele Pellegrini, che della giornata celebrativa promossa dall’Arcidiocesi, dall’Opera metropolitana e dal Comune costituiranno il nucleo scientifico, o filologico che dir si voglia. Proporsi di valorizzare le esperienze contemporanee di pellegrinaggi, in modo da non ridurli a banali divagazioni turistiche, è obiettivo da acquisire con il massimo impegno: se non altro per impedire che l’immenso patrimonio di matrice religiosa sia spogliato dei significati che voleva – e vuole – trasmettere. Tra sguardo estetico e lettura storico-simbolica  dovrebbe stabilirsi un’alleanza, purtroppo ogni giorno più debole e sfocata. Sull’immagine che della Chiesa scaturisce evocando il rito della dedicazione si soffermerà don Enrico Grassini, rifacendosi a un passo della prima Lettera di Pietro ai fedeli, compilata a Roma all’incirca nel 63-64. I materiali impiegati per erigere l’edificio sono «pietre vive» (I Pt: 2, 5), perché connesse in unità come il popolo dei fedeli. «Ecclesìa» era il termine con cui nella Grecia si designava un’assemblea convocata per assumere collegialmente decisioni condivise. Si è poi trasferito anche ad un luogo progettato per accogliere chi ne varchi la soglia per immergersi in un’atmosfera sottratta all’ossessione dell’agenda mondana. A Michele Pellegrini spetterà il compito di tratteggiare gli anni tumultuosi di Alessandro III, pontefice di origine senesi: un energico Rolando Bandinelli. L’iconografia di Spinello Aretino in Palazzo Pubblico non lo raffigura nel contesto della cerimonia fatidica del 18 novembre 1179 ed è prova indiretta della sua assenza, ormai ammessa da tutti. Gli approfondimenti su una data tanto controversa non sono un dettaglio. Il problema ha offerto lo spunto per vivaci controversie, acutizzatesi nel 1979, l’anno proclamato dall’arcivescovo Castellano ottavo centenario della dedicazione. Ubaldo Morandi avallò la data indicata con un’ingegnosa deduzione – accanitamente smentita da don Mino Marchetti – facendo notare che tali riti non potevano che svolgersi di domenica e che nella fascia di anni da prendere in considerazione il 18 novembre del 1179 cadeva di domenica. Però nessun documento attesta quell’anno, che spuntò tardi, nel XVI secolo, e fu un elemento che rendeva partecipe Siena della pacificazione con la Chiesa finalmente raggiunta poco prima (1177) dall’imperatore Barbarossa, dopo 18 anni di tenaci  diatribe. Giugurta Tommasi (1541-1607), storico focoso oltre che «messer dell’Opera» e accademico degl’Intronati, si prese la briga di apporre una lapide con inciso 1179, ma fu un autoritario gesto polemico. Più che ripercorrere quegli accesi contrasti ricordare il giorno della dedicazione riporta alla mente oggi i sentimenti che spinsero a costruire le cattedrali. Le Corbusier ha sintetizzato il fervido clima civico dei nascenti Comuni: «Quando le cattedrali erano bianche l’Europa aveva organizzato i mestieri alla ricerca imperativa di una tecnica nuova, prodigiosa, temeraria, che conduceva a forme inattese e sconosciute . Una lingua internazionale regnava dovunque favorendo lo scambio delle idee e la trasmissione della cultura da Occidente ad Oriente, e dal Nord al Sud…» La cattedrali si elevavano come spazi stupefacenti di libertà e concordia grazie ad uno slancio costruttivo che coinvolgeva intere comunità, credenti e non credenti. Duomo deriva da domus, cioè casa, e la cattedrale che svettava sull’antica Acropoli era sentita come casa della città. Nella lettera testamento Pietro aveva ammonito: «siete edificati per essere una casa spirituale». E in chiusa (2,16):«Comportatevi come uomini liberi, non servendovi della libertà come di un velo per coprire la malizia…».

                                                                                                                         Roberto Barzanti

“La Nazione” , cronaca di Siena, 14 novembre 2021,