De Pisis, Paolini, Vitone incroci di talento attraverso il tempo

Passioni e obiettivi Al Museo Novecento ( da domani fino al 7 settembre) le opere dei tre artisti in un suggestivo gioco di incastri
di Elisabetta Berti
Non pochi sono i punti in comune tra Filippo de Pisis e Giulio Paolini, vissuti in epoche storiche ed artistiche completamente diverse, e le cui biografie si sono sovrapposte giusto per tre lustri (de Pisis morì a Milano nel 1956, Paolini è nato a Genova nel 1940). Entrambi si sono espressi, nell’arco di tutta la vita, non solo attraverso il gesto artistico ma anche con la scrittura, in particolare con la poesia, permettendoci così di comprendere bene se non il significato, l’intenzione delle loro opere. Ed entrambi citano, usano e fanno propria la bellezza dell’arte classica, appropriandosi di opere altrui per evocare sentimenti e idee. È proprio qui, nella dimensione concettuale sorprendentemente condivisa dai due maestri, che si inserisce la nuova mostra del museo Novecento aperta da domani al 7 settembre, e in cui si realizza un nuovo accostamento tra artisti di generazioni diverse. In sale separate ma in stretta connessione, sono esposte opere di Filippo de Pisis, di cui si scopre una nuova chiave di lettura, Giulio Paolini di cui si ammirano opere inedite, e di Luca Vitone, i cui allestimenti sembrano suggerire con quali occhi guardare alle due personalità. “Filippo de Pisis, l’illusione della superficialità”, curata da direttore Sergio Risaliti insieme a Lucia Mannini e con la collaborazione dell’associazione per Filippo de Pisis, è una grande esposizione di una quarantina di quadri del maestro ferrarese, pittore tra i maggiori del primo Novecento. Vittima negli anni Trenta di una “ polemica decorativa”, che lo accusava di perseguire una superficialità neo impressionista per via della sua pennellata veloce e dei piacevoli accostamenti cromatici, Filippo de Pisis spesso invece si comportò come un vero artista d’avanguardia, costruendo « quadri come fossero messe in scena, teatrini allegorici su una superficie che vuole illudere, come un pittore proto – concettuale » spiega Risaliti. Nelle sue nature morte sono giustapposti oggetti eterogenei, apparentemente presi a caso, come rebus da decifrare per entrare nel mistero dell’arte. Questo stare sospesi tra realtà e irrealtà, stimolando l’osservatore ad una riflessione che vada oltre « l’illusione della superficialità » , rimanda alla metafisica di De Chirico, che fu figura fondamentale nella sua formazione insieme al fratello Alberto Savinio e a Carlo Carrà, per il tramite dei quali entrò in contatto con le avanguardie francesi. Non è affatto un caso che De Chirico sia stato basilare anche per Giulio Paolini, di cui il museo Novecento ospita opere quasi tutte inedite, realizzate negli ultimi due anni per questi spazi, ad eccezione de “La pittura abbandonata” del 1985, e “Teorema”, scenografia per il balletto tratto dall’opera di Pasolini rappresentato al Maggio nel 1999. La mostra “ Quando è il presente?”, curata da Risaliti insieme a Bettina Della Casa, è un saggio significativo del lavoro di un artista che con il celebre “Disegno geometrico” del 1960 – una tela bianca con solo il disegno di una squadratura, potenziale punto di partenza di una qualsiasi opera d’arte – segnò uno spartiacque nella pittura moderna. Al piano terra del museo di piazza Santa Maria Novella, dove si è da poco conclusa la grande esposizione di Jenny Saville, c’è ora uno dei protagonisti dell’arte internazionale dagli anni Sessanta ad oggi, con le sue geometrie, le tele bianche, i collage, i calchi in gesso, le teche in plexiglass. Tuttavia Paolini non è mai stato così presente nelle sue opere come in queste, dice Risaliti, « l’artista è entrato in scena, nel tempo e nello spazio di rappresentazione che è il quadro, svela se stesso e la sua malinconia, ed esprime pensieri filosofici sull’esistenza ». Una delle opere, “Noli me tangere” del 2022 ispirata all’opera omonima del Beato Angelico, è esposto al convento di San Marco. Infine sia de Pisis che Paolini sono punti di riferimento per Luca Vitone, che per la mostra “ D’apres ( De Pisis- Paolini)” curata da Eva Francioli e Stefania Rispoli, ha realizzato opere site specific: come l’acquerello “ Stanze ( Studio Giulio Paolini, Torino)” in cui usa la polvere proveniente dall’atelier di Paolini per farne materia di pittura, e la scultura olfattiva “Il gladiolo fulminato ( Omaggio a Filippo de Pisis)” ispirato ad una tela del ferrarese. Stesso gioco evocativo Vitone lo ricava per la carta da parati che fa da sfondo alle sale espositive.
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