Dal ” caminetto” dei renziani viene fuori il nome di Pescini.

Massimo Vanni
La candidatura del sindaco di San Casciano non è stata formalizzata: anche Gelli vuol correre e bisogna mediare
C’è chi è accorso dalla spiaggia per poi tornarci subito dopo. Chi invece è già rientrato e se l’è presa comoda. Neppure in agosto però i renziani perdono il vizio dei “caminetti”: sotto la guida dell’ex ministro Luca Lotti, mercoledì mattina, una pattuglia di consiglieri regionali e parlamentari si è data appuntamento in via Forlanini per discutere di quello che appare ormai deciso. Della candidatura del sindaco di San Casciano Massimiliano Pescini a segretario di quel che resta del Pd toscano.
Il tempo dei giochi sta per scadere, le candidature vanno presentate entro il 10 settembre. E così, mentre il capo Matteo Renzi inneggia alla magnificienza di Firenze davanti alle telecamere delle 8 puntate tv, i suoi si occupano di sbrigare gli affari urgenti. Con prudenza. Molta prudenza: su Pescini la formalizzazione è stata rinviata perché all’orizzonte si staglia il possibile ritorno di Federico Gelli, il deputato che osò pronunciare il ” gran rifiuto” davanti alla corte renziana. Che si disse indisponibile, a conti fatti con grande lungimiranza, a correre per il sindaco di Pisa e Renzi lo ripagò mettendolo fuori dalle liste del parlamento.
Adesso Gelli accarezza il gran ritorno: «Se il candidato è Pescini corro pure io » , pare abbia detto l’ex parlamentare. Che potrebbe probabilmente contare sul sostegno dell’assessora regionale Stefania Saccardi e sul gruppo di Stefano Bruzzesi e Monia Monni. La prudenza è dunque giustificata: due candidature anziché una, con un volto conosciuto come avversario, potrebbe rivelarsi un bel guaio per i renziani.
Ora, oltre a Lotti, scommettono su Pescini l’ex segretario Dario Parrini e il presidente del Consiglio regionale Eugenio Giani. E nonostante la benedizione di Renzi, i renziani hanno deciso di prendersi un po’ di tempo. Non per coinvolgere quel che resta di un Pd toscano ormai franato sulle macerie di Pisa, Siena, Massa e Pistoia, solo per citare le ultime sconfitte. Non per aprire una riflessione impietosa su cosa oggi è rimasto del progetto del Pd. Non per ascoltare l’ex popolo del Pd che oggi sceglie Salvini. E neppure per approfondire i temi di un congresso che, finora, ha come unico documento un testo in cui si teorizza che il Pd per rinascere deve solo rimettersi in sintonia con un’economia toscana in ripresa (così c’è scritto).
No. La palingenesi del Pd è tutta rinviata al rilancio mediatico della Leopolda 9 di ottobre e alle mosse di Renzi. Il tempo, come stabilito nel “caminetto” serve solo a cercare una mediazione con Gelli, in questi giorni in vacanza lontano dall’Italia. Chissà, magari per offrirgli qualcosa in cambio. Per mettere in sostanza al sicuro la candidatura del segretario “organico”. O per valutare, come vorrebbe qualche renziano un po’ meno renziano, anche il lancio del sindaco di Campi Emiliano Fossi. Tra i pochi vincenti anche se ex renziano.
D’altro canto, l’idea di un segretario unitario è sfumata. Anche la sinistra del Pd pensa al suo candidato: Valerio Fabiani o magari il sindaco Fossi. Oppure una donna come Alessandra Nardini.
Fonte: La Repubblica, www.repubblica.it/