Martina Rossi ha appena 20 anni quando il 3 agosto 2011 precipita dal sesto piano di un hotel a Maiorca, in Spagna. Trascorsa la sera in discoteca, è rientrata in hotel e sceglie di dormire in un’altra stanza perché, nella sua, ci sono rimaste due amiche con altrettanti ragazzi. Chiede ospitalità a Luca Vanneschi e Alessandro Albertoni che accettano e, secondo l’accusa, trasformano quelle ore in un incubo e nell’ultima notte della sua vita. Le vengono sfilati i pantaloncini, mai ritrovati, e Martina tenta la fuga provando a saltare il muretto del balcone, che separa due camere. Precipita nel vuoto. La difesa di Vanneschi e Albertoni ha sempre sostenuto che si trattò di suicidio.
Dopo 8 anni arriva la condanna a 6 anni di reclusione. L’accusa: morte come conseguenza di altro reato e tentata violenza di gruppo. In appello il primo reato è prescritto. Resta in piedi l’accusa di tentata violenza di gruppo: se fosse confermata, la pena del primo grado si ridurrebbe della metà.
Intervistato dal Fatto, in quei giorni Bruno Rossi, papà della ragazza, ha dichiarato: “Non è possibile che un giudice condanni a pene che poi non possono essere eseguite. Chiedo di pensare, perché non ci sia più un’altra Martina”.
Il prete prescritto grazie anche alla ex Cirielli
Don Vito Beatrice, prete a Roma, secondo l’accusa ha abusato della sua vittima da quando aveva appena 9 anni. La prescrizione – che in maniera molto complessa, nel suo caso, interviene con tre leggi diverse – però dimezzato la sua condanna: da 14 a 7 anni. La sua difesa da un lato ha chiesto l’assoluzione, per i fatti successivi al 2003, perché “il fatto non sussiste”, dall’altro, per i reati antecedenti, ha invocato con successo la “ex legge Cirielli”, che dimezza i termini di prescrizione per chi non ha altre condanne definitive. “Senza la prescrizione – ha commentato l’avvocato di parte civile Carlo Taormina – questo signore non avrebbe preso meno di 15 anni. Ha ridotto il ragazzo alla anaffettività nei confronti dell’altro sesso: per gli psichiatri è un’irreversibilità”. Taormina da parlamentare di Forza Italia votò a favore della ex Cirielli. Di questi e altri casi si occupa La Repubblica degli impuniti, pubblicato da Paper First e scritto da Peter Gomez, Valeria Pacelli e Giovanna Trinchella.
Abusi, condanne per 8 casi su 30
Don Mauro Inzoli avrebbe potuto rispondere di ben 30 casi di violenze su minori ma è stato condannato per 8 di essi. Decine di ragazzini tra i 12 e i 13 anni non avranno mai giustizia perché i loro casi sono già prescritti quando inizia l’inchiesta che nel 2016 porta alla condanna del prete: 4 anni e 9 mesi, grazie allo sconto di pena previsto dal rito abbreviato. Pena ridotta di ulteriori 2 mesi in Appello e confermata in Cassazione. Tra le vittime del prete – si legge nel libro – c’è chi s’è poi suicidato.
La strage di Viareggio e il caso Eternit
Quattro anni d’indagine, 7 di udienze: rischia di restare senza colpevoli il processo della strage di Viareggio, 32 vittime, il 29 giugno 2009, a causa del deragliamento di un treno carico di gpl. La prescrizione è già intervenuta per i reati di incendio e lesioni colpose gravi e gravissime. Restano in piedi il disastro ferroviario, che si prescrive il 29 dicembre 2021. L’omicidio colposo plurimo – che se non fosse aggravato dall’incidente sul lavoro già non sarebbe contestabile – si prescriverà nel 2026. Mauro Moretti, ex ad di Fs, condannato a 7 anni in Appello (con altre 8 persone) ha rinunciato alla prescrizione “per rispetto delle vittime e perché ritengo di essere innocente”. La parola ora tocca alla Cassazione.
E proprio la Cassazione, nel 2014 proscioglie per prescrizione i dirigenti della società belga Eternit, accusati di aver causato centinaia e centinaia di morti da amianto. I familiari e le vittime della strage di Viareggio si sono uniti a quelli di altre stragi nel coordinamento nazionale “Noi non dimentichiamo”: “La prescrizione – hanno dichiarato pochi mesi fa in Senato – è una spada di Damocle che blocca tutto e impedisce di sapere cosa è successo. Chi si oppone alla riforma vuole che le cose rimangano così”. “Io ho avuto il 90% di ustione alla pelle” dice Marco Piagentini, presidente dei familiari della strage di Viareggio, “ma da cosa, se l’incendio colposo è stato prescritto? Di cosa sono morti i nostri figli?”.