Crollano le aziende del turismo E Firenze dimezza la crescita

I dati di Cna sui nuovi avviamenti: la Città metropolitana va molto peggio del resto d’Italia

Silvia Ognibene

 

L’economia toscana soffre più di quella italiana le conseguenze della pandemia di coronavirus e Firenze spicca in negativo soprattutto per il crollo verticale del turismo, la principale leva sulla quale una gran parte della città ha scommesso negli ultimi anni soprattutto nel suo centro storico. L’ulteriore conferma degli squilibri provocati dalla sparizione causa Coronavirus del turismo internazionale arriva da un’indagine di Cna sugli avviamenti di nuove imprese nel secondo trimestre del 2020 in rapporto allo stesso periodo del 2019: a quattro mesi dal lockdown le imprese attive nella Città metropolitana, seppur di poco, sono cresciute: dello 0,3% globalmente e dello 0,2% nell’artigianato, mentre in Italia i due comparti sono cresciuti, rispettivamente, dello 0,5 e dello 0,6%. Una frenata che si aggiunge alle quasi 4 mila imprese (3.949) chiuse nel primo trimestre dell’anno.

Andando a vedere i singoli settori, i dati di Cna Firenze indicano che il crollo delle aziende turistiche in senso stretto — ovvero tour operator e agenzie di viaggi — è del 100% a Firenze, contro un calo del 63% nel resto d’Italia. E va malissimo tutta la filiera del turismo: alloggi e ristorazione meno 76% (l’Italia fa meno 59%), i trasporti nei quali si contano anche i bus turistici e gli Ncc dove i nuovi avviamenti calano del 75% (meno 41% il dato nazionale). Le percentuali negative così elevate danno il segno di quanto l’economia metropolitana sia diventata nel tempo turismo-dipendente.

E le piccolissime indicazioni positive contenute nell’ultimo bollettino dell’Agenzia nazionale del turismo (Enit) certo non fanno vedere la luce in fondo al tunnel: le prenotazioni di voli con destinazione Italia (da parte di turisti provenienti dai mercati di riferimento per Firenze) fra il 13 luglio e il 23 agosto mostrano un calo del 90,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso (era meno 91,7% 15 giorni fa). Un miglioramento infinitesimale che non sposta di un millimetro la crisi nera del turismo, sebbene alcuni mercati abbiano frenato la loro diminuzione delle prenotazioni: in particolare, la Germania passa da meno 83,7% a meno 75,7%, e la Francia da meno 79,1% a meno 64,9, il Regno Unito da meno 90,6% a meno 86,5%. Al contrario il mercato statunitense — faro del turismo fiorentino, insieme a Canada e Giappone — non dimostra un calo nei tassi di diminuzione, scendendo ancora a meno 94,3% e la Russia addirittura risale a meno 93%. Tempi di ripresa? Lunghi, molto lunghi, come spiega la responsabile del settore turismo di Cna Firenze, Paola Lorenzini: «Una piena ripresa non si avrà prima del 2023, quando i fatturati delle imprese del turismo sono stimati in crescita del 2% rispetto al 2019. Per la metà del 2021 ci attendiamo una significativa ripresa del turismo interno e tra la fine del 2021 e il 2022 una parziale ripresa del turismo internazionale». «Oggi — prosegue Lorenzini — la Città metropolitana è fortemente in perdita, sta vivendo le stesse dinamiche delle altre grandi città d’arte italiane, Roma e Venezia. Qualche turista proveniente dai Paesi confinanti si vede, francesi, austriaci, ma sono pochi. L’80% degli hotel in città è chiuso e soffrono soprattutto le piccole strutture a gestione familiare, a causa del fatto che i pochi grandi hotel aperti offrono tariffe scontatissime, condizionando il mercato. Per non parlare del turismo residenziale in appartamento, completamente a zero».

Secondo Lorenzini, rischiano di saltare le imprese che erano in difficoltà già prima del Covid-19, principalmente a causa della mancanza di liquidità: «È questa la vera emergenza, la liquidità per le imprese. Voglio essere ottimista: il governo ha messo in campo misure importanti per la liquidità, anche se insufficienti, e finalmente in Europa è stato trovato l’accordo sul Recovery Fund che è uno strumento decisivo. Adesso il nostro appello alle istituzioni è per fare presto, veramente presto, per dare alle imprese la liquidità che è ossigeno per sopravvivere».

 

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