Così cambiano le misure bandiera

Reddito cittadinanza
Con meno soldi crescono i paletti per ridurre la platea
di Valentina Conte
Se non si sblocca il reddito di cittadinanza, non parte neanche quota 100. Reddito e pensioni sono legati tra loro. E con la trattativa in corso tra Roma e Bruxelles. I Cinque Stelle negano che l’assegno sarà rivisto e ridotto a 500 euro.
«Resterà a 780 euro per un single», insistono. Ecco dunque che per limare i 9 miliardi stanziati in manovra – di cui 900 milioni per le pensioni di cittadinanza e un miliardo ai centri per l’impiego – bisognerà ipotizzare requisiti ancora più stringenti. E poi scommettere tutto sulla bocciatura delle domande che fioccheranno all’Inps a ritmi di centinaia di migliaia. Non da gennaio, certo. Anche perché mancano le norme. Prima delle elezioni europee di maggio, scommettono i pentastellati.
Al ministero dell’Economia è arrivata una prima bozza di provvedimento. I tecnici della Ragioneria stanno facendo le simulazioni. E la soglia Isee è finita subito nel mirino. La quota di 9.360 euro è considerata alta, può rientrarvi anche una famiglia con 21 mila euro di entrate annue. Si affaccia allora l’ipotesi di affiancarla ad altri paletti. Non solo seconde case e garage (al massimo 30 mila euro) e conto in banca (non più di 10 mila euro). Ma anche un Isre – la sola componente di reddito dell’Isee – ben definito. Per il Rei di Gentiloni l’asticella si era fermata a 3 mila euro, vincolo considerato molto severo (e con un Isee a 6 mila). Basterebbe rimodularlo per ridurre le famiglie da aiutare. Quelle in povertà assoluta sono 1 milione e 800 mila, circa 5 milioni di persone.
L’altra grana riguarda le pensioni di cittadinanza. Il ministro Luigi Di Maio ha sempre dichiarato di voler alzare le «minime» da 500 a 780 euro. Non sarà possibile: sono 3 milioni e 200 mila. I 900 milioni a disposizione sarebbero invece destinati, a detta dei tecnici, a 500 mila tra questi. Ma come selezionarli? Ecco dunque l’altra novità: introdurre per la prima volta nel sistema previdenziale italiano il requisito dell’Isee per restringere la platea. Ma si tratterà davvero di chi percepisce le pensioni integrate al minimo?
C’è da dubitarne. Visto che sembra in preparazione un importante emendamento alla manovra, antesignano di quel che sarà il pacchetto di cittadinanza. Si prevede di legare all’Isee – e dunque anche ai patrimoni, non solo ai redditi famigliari, come oggi – gli assegni sociali, incassati da 860 mila italiani per una spesa totale di 4,7 miliardi (in media circa 6 mila euro all’anno, 453 euro per tredici mensilità).
L’assegno sociale è una misura di pura assistenza, non legata ai contributi (come invece le pensioni integrate al minimo). Vincolarlo all’Isee significherebbe revocarlo a molti, «quelli con il coniuge ricco», spiega una fonte. Un precedente molto forte.
In pensione prima ma assegno tagliato del 16 per cento
La spesa per quota 100 sarà sotto i 5 miliardi, anziché quasi 7, nel 2019. Ne sono convinti i tecnici che lavorano al pacchetto pensioni. Nulla è pero definito. E soprattutto nessuno sa come il minore esborso asciugherà i saldi finali, a partire dal deficit al 2,4%. Le norme potrebbero arrivare come emendamento alla manovra in Senato. O con un provvedimento successivo.
Unica eccezione: il taglio alle pensioni d’oro, già pronto la Camera. Si tratta di un contributo di solidarietà quinquennale sugli assegni retributivi sopra i 90 mila euro lordi, con prelievi a scaglioni, dal 10 al 20%. Gettito atteso: 600-700 milioni in 5 anni.
Quota 100 rimane come è stata pensata: un’opzione per anticipare l’uscita con almeno 62 anni e almeno 38 di contributi. L’assegno sarà più basso del 16% in media – stima il governo – per effetto dei minori versamenti, ma si prenderà per più tempo. Finestre e divieto di cumulo ridurranno la platea, valutata in 350 mila di cui 120 mila statali. I privati andranno in pensione dopo 3 mesi dalla maturazione dei requisiti, si suppone da aprile. Gli statali dopo 6, con un’unica possibile uscita nel mese di settembre 2019. I “quotisti” non potranno lavorare fino a quando non compiranno 67 anni, l’età di uscita della vecchiaia che viene confermata. Un divieto che oscilla da uno a 5 anni e che serve a scoraggiare pensionamenti di massa.
«Quota 100 sarà sperimentale per tre anni, dal 2019 al 2021», spiega il sottosegretario leghista al Lavoro Claudio Durigon. «Il quarto anno potrebbe scattare quota 41, la possibilità cioè di andare in pensione con 41 anni di contributi, a prescindere dall’età. Ma non è detto che le due regole non possano convivere». Le due quote potrebbero dunque coesistere.
«Non abbiamo potuto fare quota 41 sin da subito, sarebbe costata 9 miliardi il primo anno e poi a salire, coinvolgendo 600-700 mila persone. I tre anni di quota 100 servono a sgonfiare questi numeri. Quota 41 è stato da sempre il nostro obiettivo». Ecco perché la speranza di vita, applicata al requisito delle pensioni anticipate – legate cioè solo ai contributi versati – viene bloccata. Non sale di cinque mesi nel 2019, ma rimane ferma a 42 anni e 10 mesi (un anno in meno per le donne) fino a quando non sarà portata a 41.
Mentre quella legata alle pensioni di vecchiaia passerà a 67 anni da 66 anni e 7 mesi.
Nel pacchetto previdenziale ci sarà anche la pace contributiva, per colmare i buchi contributivi del passato (ma solo post 1996) versando tra un minimo e un massimo, con uno sgravio fiscale. Così il riscatto della laurea. In più, «le imprese potranno dilazionare in più anni le cartelle Inps», aggiunge Durigon. Quelle pubbliche, come le partecipate, saneranno i contributi evasi in 10 anni, anziché 5. Quelle private in 5 anni anziché 3.
Fonte: La repubblica, https://www.repubblica.it/