Parla il capo della task force: “Guerra al sommerso e limiti al contante, adesso tocca alla politica”
(m.gia.) «La nostra parte l’abbiamo fatta. Volevamo aiutare il governo ad uscire dalla paralisi nella quale si trova il Paese, e ora possiamo dire “missione compiuta”. Adesso tocca alla politica». Era il 10 aprile, e ancora all’acme della pandemia Giuseppe Conte annunciava la nascita di un Comitato per la gestione della Fase Due. «Lo presiederà Vittorio Colao», disse allora il premier. Oggi, a due mesi esatti di distanza, il Comitato ha concluso i suoi lavori, e Colao ha appena consegnato al capo del governo il risultato delle sue “fatiche”.
«Sono molto soddisfatto, abbiamo fatto un ottimo lavoro, 46 pagine di sintesi più 102 idee per il rilancio di un’Italia colpita da una crisi senza precedenti. È il massimo sforzo possibile, un piano di modernizzazione a tutto campo e di rimozione delle arretratezze del Paese. Anche Conte è molto contento…». Il manager italiano più quotato nel mondo sembra sincero, mentre nega ogni forma di competizione tra il suo Comitato, il governo e i ministri competenti. «In questi due mesi abbiamo lavorato con la massima correttezza e la massima cortesia reciproca, prima di arrivare al rapporto finale Conte ci ha fatto fare tutto il lavoro preparatorio con i ministri, e ho sempre trovato una grande disponibilità e una grande volontà di risolvere i problemi. Soprattutto le proposte più delicate, dal fisco al lavoro alle infrastrutture, le abbiamo “socializzate” tutte prima».
Il terreno, secondo Colao, è propizio. Da tutti i punti di vista. «Alla presentazione ufficiale del Rapporto abbiamo fatto anche il nostro piccolo show: abbiamo voluto che tre donne presenti nel nostro Comitato presentassero i punti salienti del piano su impresa e lavoro, ambiente e parità di genere. Un’innovazione senza precedenti, quest’ultima, alla quale teniamo moltissimo…». In effetti, per la prima volta in un disegno di rilancio dell’economia e della società italiana si introduce la «Vig», cioè la «Valutazione di impatto di genere», necessaria a integrare la piena parità tra uomo e donna nei processi decisionali. Ma più in generale, Colao spera che il lavoro fatto serva «ad aprire almeno un grande dibattito sulle cose che si possono e si devono fare per far ripartire il Paese, per ridisegnare il futuro all’insegna della coesione sociale e per disegnare un’Italia migliore da consegnare alle nuove generazioni». «Parliamoci chiaro – riflette – non sarebbe neanche giusto nutrire chissà quali aspettative miracolistiche sul nostro pacchetto. Ma qui si tratta di aiutare il governo a uscire da questa crisi, trasformando l’emergenza in opportunità. E questa è una cosa che dobbiamo fare tutti insieme, a tutti i livelli. Come l’Italia, anche la politica è bloccata. E noi dobbiamo darle una mano, per far uscire il Sistema-Paese dalla paralisi e per mettere d’accordo tutte le anime del Parlamento e della società. Perché vede, alla fine questo è il nostro grande problema, e questo è quello che oggi temo di più: le polemiche continue, le discussioni eterne. Invece noi abbiamo bisogno di agire subito, di mettere a terra in fretta gli interventi nei settori chiave: la semplificazione delle procedure e la digitalizzazione della Pa, le grandi opere e le reti, gli investimenti pubblici e quelli privati».
Centodue proposte sono tante. Forse troppe. «Sì, capisco che la mole possa spaventare. E capisco che, di fronte a tanta roba, la domanda cruciale diventa: che fare, adesso? E allora le dico questo: su 102 idee, io mi accontento se il governo ne fa sue almeno una quarantina. Nelle condizioni critiche in cui ci troviamo, sarebbe già una gran cosa». Ma a questo punto diventa fondamentale fissare almeno qualche priorità, per evitare la sindrome morotea dei «brevi cenni sull’universo». «Giusto – replica Colao – e allora le dico che per me la cosa fondamentale è il capitolo imprese e lavoro: quelli sono i nodi più intricati da sciogliere, altrimenti il Paese non riparte». E qui la carne al fuoco è davvero tanta. Dall’esclusione del Covid tra le cause di responsabilità penale dei datori di lavoro all’allentamento di tutti i vincoli del Decreto Dignità nel rinnovo dei contratti a tempo determinato, dal rinvio dei pagamenti delle imposte alla rinegoziazione obbligatoria dei contratti di locazione, dalla riqualificazione dei disoccupati alla riduzione del cuneo fiscale per le aziende che assumono a tempo indeterminato lavoratori con percorsi formativi.
«Le azioni che suggeriamo sono tante – osserva – ma a questo punto le priorità da seguire le decide il premier. Naturalmente il tema adesso è tutto politico…». Il riferimento dell’ex ceo di Vodafone è alle scelte che il governo potrebbe fare, se volesse davvero intestarsi misure ad alta intensità politica, e in molti casi anche assai impopolari. «Non c’è dubbio che alcune idee che offriamo alla discussione possono avere un impatto politico molto forte. Le faccio solo qualche esempio: le proposte sulla lotta al sommerso, sull’emersione del lavoro nero, sulla regolarizzazione del contante. Sono temi molto delicati, anche dal punto di vista della giustizia sociale. Dunque, anche in questo caso, tocca alla politica prendere in mano le redini, e decidere dove vuol portare l’Italia…». Colao non sbaglia: sfiora il nervo forse più sensibile, tra i tanti che il suo «Piano di Rilancio» va a sollecitare. Sia sul lavoro nero, sia sul contante, la sua Task Force propone di fatto due condoni. Nel primo caso, si tratta di «favorire l’emersione attraverso opportunità di Voluntary Disclosure ai fini della regolarizzazione, prevedendo un meccanismo di sanatoria e incentivazione e riducendo contribuzione e cuneo fiscale». Nel secondo caso, si tratta di «introdurre la Voluntary Disclosure sul contante e altri valori derivanti da redditi non dichiarati, a fronte del pagamento di un’imposta sostitutiva e dell’impiego per un periodo minimo di tempo di una parte significativa dell’importo in attività funzionali alla ripresa».
Dunque, due colpi di spugna. Ma funzionali (secondo il Comitato) prima di tutto alla cura di una piaga che, tra evasione fiscale ed economia informale, ci costa 200 miliardi l’anno. E poi al passaggio definitivo alla moneta elettronica, attraverso l’abolizione delle banconote sopra i 100 euro, «deduzioni/detrazioni Irpef, lotterie Instant Win, crediti d’imposta per gli esercenti». Ci si arriverà mai, in un Paese che per troppe volte ha strizzato l’occhio agli evasori, tartassando i cittadini onesti? La dottrina Colao è sempre la stessa: «Non sta a noi decidere. Noi diamo input per la rinascita italiana. Come del resto abbiamo fatto con il primo documento sulle riaperture: il governo ha recepito, e in tre settimane le abbiamo sbloccate, rimettendo in moto un bel pezzo di economia nazionale. Ora, se lo ritiene opportuno, Conte può procedere allo stesso modo. Dipende solo da lui. Io il mio dovere di manager l’ho fatto. Adesso, come Cincinnato, me ne torno ai miei orticelli…». Non ci crede nessuno, gli faccio osservare, ormai diventerà un’altra «riserva della Repubblica». «Si sbaglia: sono una riserva e basta. Un numero 13, che entra in campo ai tempi supplementari e poi, finita la partita, se ne va a fare la doccia».