Chi riabilita chi.

 

Se fossimo dei berlusconiani dell ‘ antiberl usconismo, oggi parleremmo di toghe azzurre e di (in)giustizia a orologeria. Invece per fortuna siamo immuni dal virus, dunque prendiamo la decisione del Tribunale di Sorveglianza per quello che è: un fatto tecnico che prima o poi doveva arrivare e che, per i suoi effetti pratici, si limita ad anticipare di qualche mese ciò che sarebbe comunque accaduto l ‘ anno prossimo, allo scadere dei sei anni di incandidabilità previsti dalla legge Severino. Lo sapevamo tutti che, nell ‘ estate del 2019, B. sarebbe tornato candidabile ed eleggibile per legge. E che, se la legislatura non si fosse interrotta prematuramente, avrebbe preso uno a caso dei suoi eletti nell ‘ uninominale e l ‘ avrebbe ” convin to ” a dimettersi per candidarsi al suo posto alle elezioni suppletive in quel collegio. Cosa che pare si appresti a fare ora. Dopodiché, all ‘ atto pratico, non cambierà nulla, come dopo la sua espulsione dal Senato: B. in Parlamento non ha quasi mai messo piede neppure quand ‘ era deputato e continuerà a non mettercelo neanche se sarà rieletto, perché la vita parlamentare lo annoia e l ‘ idea di valere 1 su 945 lo fa impazzire. Quanto al presunto effetto acchiappavoti della sua riacquisita eleggibilità, fa semplicemente ridere: se il 4 marzo FI, con tanto di ” Berlu sconi Presidente ” nel logo sulla scheda, ha toccato il minimo storico di consensi (continuando a perderne negli ultimi due mesi), non è perché B. non fosse eleggibile, ma perché l ‘ 87% dei votanti l ‘ ha visto come un pericolo pubblico o almeno come un fallito, anche un po ‘ bollito. Il che naturalmente non significa che non conti più nulla, anzi: lo dimostrano la fine miserabile fatta da chiunque lo desse per morto o si credesse più furbo di lui; e il timore reverenziale che ancora gli riserva l ‘ intero sistema. Ma quel potere non è legato alla sua presenza o meno in Parlamento o nelle liste: gli deriva dai soldi, dalla potenza di fuoco del suo impero mediatico, dalla capacità di ricatto su tutti quelli che ha corrotto o beneficato e o che sono stati suoi complici, dalle relazioni occulte (si fa per dire) con i peggiori ambienti criminali della storia d ‘ Italia: dalla P2 a Tangentopoli a Cosa Nostra. C ‘ è, è vero, la suggestione della parola ” riabilita zione ” , che fa pensare a chissà quale revisione di giudizio sui suoi crimini. Ma la riabilitazione giudiziaria non c ‘ entra nulla col merito delle sentenze definitive: ne annulla solo gli effetti, senza sfiorare i verdetti né tantomeno cancellare i delitti e le connesse responsabilità etico-politiche (le uniche che dovrebbero interessare politici e cittadini). Si limita a smacchiare la fedina penale dei pregiudicati che, dopo un po ‘ di anni, abbiano tenuto una ” buona condotta ” . Silvio Berlusconi ” del inquente naturale ” era e ” delin quente naturale ” resta. Se il Canaro della Magliana o il Mostro di Firenze vengono riabilitati dal giudice di sorveglianza, rimangono il Canaro della Magliana e il Mostro di Firenze: hanno solo espiato la pena, evitato di delinquere ancora e tenuto una buona condotta. Punto. Ora, che, dopo la condanna definitiva per la mega-frode fiscale dei diritti Mediaset e i 10 mesi di servizi sociali, B. non sia tornato a delinquere, è piuttosto improbabile. Dalle indagini del Ruby-ter risulta che continuò a pagare decine di testimoni chiamati a deporre nei suoi processi (oltre a essere indagato a Firenze per le stragi del 1993 e imputato a Bari per aver pagato Gianpi Tarantini per mentire ai pm: fatti, questi, antecedenti alla condanna del 2013), ma per affermare che quella è corruzione bisogna attendere la sentenza definitiva. Invece i giudici sembrano aver trascurato le continue sparate contro i giudici della Cassazione che l ‘ hanno condannato, paragonati a un ” plotone di esecuzione ” ispirati da ” finalità politiche ” con una condotta più pessima che buona. Vedremo se, sul punto, la Procura generale si opporrà al provvedimento. Ma fin d ‘ ora possiamo cestinare come carta straccia tutti i commenti politici dei suoi amici: non solo i compagni di partito e di coalizione che esultano per non si sa bene quale vittoria, ma anche i compari del Pd che sono sempre stati culo e camicia, pappa e ciccia con lui. Chi aspetta le sentenze, o addirittura i provvedimenti tecnici tipo riabilitazione, per farsi un ‘ idea di un soggetto del genere o per modificarla, è senza speranze. Nessuna riabilitazione potrà mai cancellare i fatti inoppugnabili che fanno di B., nell ‘ ordine: un frodatore fiscale incallito, il protagonista di un patto di mutuo soccorso stipulato nel 1974 con i vertici di Cosa Nostra, un finanziatore per 18 anni della mafia (anche di quella corleonese di Riina, Bagarella e Provenzano, fino al 1992, l ‘ anno delle stragi di Capaci e via D ‘ Amelio), il compare di un condannato definitivo per concorso esterno in associazione mafiosa, il probabile terminale della trattativa Stato-mafia, un corruttore di senatori e testimoni, un pagatore occulto di Craxi, un piduista per giunta falso testimone sulla sua iscrizione alla loggia di Licio Gelli, il capo di un gruppo che corrompeva giudici, finanzieri e politici, comprava sentenze, falsificava bilanci, accumulava montagne di fondi neri all ‘ es te ro , scippava a un concorrente il primo gruppo editoriale a suon di mazzette, entrato in politica nel 1994 per scampare alla galera e alla bancarotta con 60 leggi ad personam o ad aziendam. Che Salvini, neoalleato dei 5Stelle, definisca la sua ricandidabilità ” una buona notizia per lui e per la democrazia ” la dice lunga sull ‘ ambiguità del nascente ” governo del cambiamento ” e sulla democrazia salviniana. Se un (altro) delinquente entra in Parlamento, è una pessima notizia per la democrazia. Almeno per quella che abbiamo in mente noi.
Il Fatto Quotidiano