Chi ha paura di Diego Fusaro?

Una domanda sbagliata

Le idee si combattono o si criticano con le idee. Ostracismi o scomuniche non sono accettabili. Per questo è sorprendente che esponenti del Pd, a titolo personale, abbiano formulato un’interrogazione al sindaco chiedendogli perché mai si sia voluto «riproporre» a Siena «la presenza del discusso filosofo Diego Fusaro, già ospite della nostra città nel 2020». Perché – si potrebbe  rovesciare il quesito – ed in nome di quali motivazioni l’amministrazione comunale sarebbe dovuta intervenire per impedire, nell’ambito del festival “Sĺ Siena”, la presentazione del pamphlet “Golpe globale” ? Si sa che Fusaro ha un percorso ideologico-politico molto frastagliato e bizzarro e che le sue tesi operano uno spregiudicato mix di tendenze e teorie, smantellando confini di scuole o di assunti collocati tradizionalmente a destra o a sinistra. Ma è innegabile che proprio misurarsi con questa sulfurea e abile impostazione è di autentico interesse. Dico subito che considero pericolose le posizioni dei «no vax» e sostengo convinto la campagna vaccinale in corso, nonostante sia stata condotta e attuata con una babelica confusine di linguaggi e modalità operative. Tuttavia dubbi e interrogativi sono più che leciti e occorre rispondere con pacatezza e con dati alla mano. Fusaro ha ripetuto e sistematizzato una visione che discende da pagine di autori non liquidabili con un’alzata di spalle. Tra essi in Italia si è distinto Giorgio Agamben, secondo il quale le misure adottate in uno stato considerato di eccezione (o di emergenza che dir si voglia) sarebbero la prefigurazione di un futuro nel quale il potere dei ceti dominanti su scala globale agirebbe per sottoporre a controlli sempre più estesi e discriminanti (si veda quanto accade per il «green pass») allo scopo preminente di rafforzare il dominio sui corpi e sulla salute. Sicché si avrebbe la situazione descritta da Michel Foucault, secondo la quale nella sua fase ultima il capitalismo affiderebbe la sua sopravvivenza governando direttamente la vita, la “«nuda vita», e restringendo la socialità e i diritti fondamentali. Un capitalismo terapeutico preoccupato esclusivamente della vita in quanto mera vita biologica ignorando ciò che rende la vita stessa ( la «zoè» di cui scrisse Aristotele) incapace di evolversi in «bios», cioè in esperienza vissuta con pienezza mentale e spirituale che dovrebbe avere. Riassumere così – mi rendo conto – un discorso arduo e ricco di suggestioni è banalizzarlo: serve a richiamare letture che richiederebbero spazio adeguato. Quale è il vizio di fondo che tesi del genere manifestano? Esse in varie sfumature non partono dalla realtà dei dati. Sostengono che l’epidemia, anzi la pandemia, sia un pretesto i cui danni sono amplificati in vista di un teorema tutto politico e assolutistico con la volontà di istituire un ordine post-umano incentrato su una tecnocrazia oppressiva e mutilante. Così la cura del virus che, con sperimentazioni  e tentativi, si va precisando viene del tutto sottovalutata, facendo leva su problematiche tuttora aperte e su una sprezzante diffidenza verso la ricerca scientifica, le «scienze della vita» di cui a Siena tanto si parla. «Il post-umanesimo – scrive Fusaro – è, per dirla à la Lenin, la ‘fase suprema del capitalismo, il naturale approdo della open society del globalismo mercatista». Lo sbocco di questa riflessione sfocia, ahimè, in un’esaltazione del populismo contro ogni casta e viene usato in termini del tutto ostili ad una ragionevole difesa dei principi della democrazia liberale. Anziché lottare per avere buone regole e modalità efficaci per contrastare la devastante diffusione di Covid-19 e sue varianti si finisce per disegnare un’apocalisse senza rimedi possibili e quindi per consacrare come inevitabile un sempre più torvo governo attraverso la paura. Elevando cosi i rischi da battere ad un destino inattaccabile. Questioni enormi, contraddizioni evidenti, perplessità non fantasiose: da discutere dialogando con franchezza critica. È indubbio – credo – che l’esasperazione individuale  di un vitalismo ribelle ad ogni norma di cautela è il peggior nemico del rispetto della persona e di un attivo senso di solidarietà.    

                                                                                                                       Roberto Barzanti

“La Nazione”, cronaca di Siena, 28 settembre 2021(versione più ampia)