Il Barocco al giorno d’oggi

 

 

Elogio del Barocco contemporaneo, un Barocco che vuole raccontare un’epoca piena di contraddizioni e senza tante certezze come la nostra. Un’idea di arte strana e sovraccarica che, in origine (l’universo Barocco si colloca classicamente tra il XVII e il XVIII secolo), avrebbe dovuto prima di tutto sorprendere e coinvolgere l’osservatore con la sua estetica imponente. Un’idea di arte in cui, secondo il belga Luc Tuymans (1958), curatore della mostra Sanguine alla Fondazione Prada di Milano (fino al 25 febbraio), «si ritrovano le radici di quell’odierno populismo concepito come esperienza totalizzante destinata a ottenere istantaneamente una reazione emozionale, la stessa reazione che gli artisti barocchi cercavano di suscitare negli spettatori con i loro dipinti e con le loro sculture».

Il titolo Sanguine («sanguigno» nella traduzione italiana) vuole richiamare al colore del sangue, della matita rossastra dei disegni antichi, a un atteggiamento passionale e violento. Per una lettura personale (ma condivisibile) del Barocco tutta giocata su accostamenti inediti e associazioni inaspettate tra lavori di artisti contemporanei e opere di maestri del passato, ma anche tra media all’apparenza assai distanti: il disegno, il dipinto, la scultura, l’installazione, il video, la musica che diventa rumore (e viceversa), Haendel e il suono dei passi lungo una scala. Senza paura il curatore ha messo insieme, nello stesso allestimento, il Martirio di San Sebastiano di Zurbarán e l’Eclipse di Pavel Büchler; il sempre stupefacente Ragazzo morso da un ramarro di Caravaggio e il sempre sconvolgente panorama umano di Fucking Hell dei Chapman Brothers (60 mila soldatini giocattolo che all’interno di grandi vetrine praticano o subiscono violenza); la Mater dolorosa e il San Giovanni Battista di Johann Georg Pinsel e i Crystal Snowfalkes di Yutaka Sone. Senza mai seguire un rigido ordine cronologico o un criterio strettamente storiografico, Tuymans propone «di eludere la nozione tradizionale di Barocco, invitando a rileggere non soltanto l’arte seicentesca, ma anche quella contemporanea, mettendo al centro la figura dell’artista e il suo ruolo nella società».

Negli spazi della Fondazione si succedono sensazioni ed emozioni che di volta in volta possono assumere le forme più inaspettate: un’installazione con un grande vaso colmo di fiori bianchi (Bouquet IX di Willem de Rooij, 2012) che evoca le più tradizionali nature morte; un video tutto giocato sul nero e sul grigio con uno strano nuotatore che sembra emergere dal vuoto (Harnessed Swimmer di Dominik Lejman, 2009); il marmo rosso Levanto e quello rosa portoghese assemblati da Luciano Fabro per Il giorno mi pesa sulla notte I (1994); le architetture riflettenti di Carlo Arocha e Stéphane Schraenen (Frieze, 2014). Mentre alle pareti, quasi a voler ribadire il legame di questa contemporaneità barocca con il passato, scorrono i classici di Rubens (La lamentazione di Cristo, 1614), del Maestro dell’Annunciazione dei Pastori (Il ritorno del Figliol Prodigo, inizio XVII secolo), di van Dyck (Ritratto di Marten Pepijn, 1632), di Jordaens (Le figlie di Cecrope scoprono Erittonio, 1617).

Nella visione di Tuymans (una visione, quella del curatore-artista, molto legata alle sue radici nordiche fiamminghe) Caravaggio (in mostra, oltre al Fanciullo morso da un ramarro, anche il Davide con la testa di Golia della Galleria Borghese di Roma) conferma ancora una volta un primato artistico che gli ha permesso «di superare per primo la tradizione classica e manierista, incarnando lo spirito dell’artista barocco e la volontà di comunicare con il pubblico attraverso la forza della rappresentazione». Mentre Nosferatu/ The Undead (2018), la videoinstallazione di Javier Téllez, utilizza la memoria cinematografica (quella del capolavoro di Murnau) per mettere in scena la condizione d’isolamento dei malati mentali. E mentre, ancora, con la serie di litografie Thanatophanies (1955-95), On Kawara rappresenta solo «superficialmente» i visi deformati delle vittime delle bombe nucleari di Hiroshima e Nagasaki, ma più profondamente esprime la reazione umana all’orrore della guerra.

In questo continuo gioco di sentimenti e sensazioni, si finiscono per ritrovare inquietanti — sia pur bellissime — connessioni (oltre alla conferma del fascino di nuove star come Kerry James Marshall, appena inserito da «ArtReview Power 100» al secondo posto tra gli uomini più potenti del mondo dell’arte, Takashi Murakami, John Armleder o Mark Manders). Alla macabra vulnerabilità delle vittime che si osserva nel Compianto sul Cristo morto (1614) di Peter Paul Rubens fanno dunque da sponda gli enormi cavalli di Flanders Fields (2000) di Berlinde de Bruyckere. La bellezza della forma «che nasconde contenuti drammatici o intimi» è infine ugualmente esplorata nelle opere di Lili Dujourie e Giuseppe Gabellone come nella Cleopatra morente dipinta nella prima metà del 1600 da Guido Cagnacci. Mentre il dinamismo delle figure avvicina il Trionfo di David (1650) di Andrea Vaccaro a When the Going is Smooth and Good (2017) di Njideka Akunyili Crosby (stella dell’african art).

Sulle orme di Walter Benjamin, Luc Tuymans sembra così ritrovare nel Barocco le radici della modernità. Per scoprire, con Caravaggio e i Chapmans, in quello stesso Barocco l’unico interlocutore possibile per l’arte contemporanea.

 

Fonte: La Lettura, https://www.corriere.it/la-lettura/