di Alessandra Ziniti
ROMA — Il «dovere di prestare soccorso in mare«, «l’obbligo di sbarcare immediatamente i naufraghi in un posto sicuro che non può essere una nave», «tutte disposizioni ben conosciute da coloro che, per servizio, operano in mare svolgendo attività di polizia marittima».
Tre basilari principi giuridici messi neri su bianco dalla Cassazione che, oltre a dare ragione a Carola Rackete, peseranno e non poco sulla difesa di Matteo Salvini nei casi Gregoretti e Open Arms. E persino di condizionare la riscrittura dei decreti sicurezza nella parte che riguarda le sanzioni alle Ong. Perché i giudici della terza sezione della Corte di Cassazione, che hanno riconosciuto la correttezza della comandante della Sea Watch nello spericolato approdo a Lampedusa forzando il blocco navale della Finanza, hanno sostanzialmente affermato che vietare l’ingresso in acque italiane e lo sbarco ad una nave che ha a bordo migranti è illegittimo.
E dunque quando il 26 giugno scorso Carola, alle tre di notte, decise di accendere i motori ed entrare in porto ignorando l’alt, “toccando” una motovedetta della Finanza, per sbarcare i 41 migranti che aveva a bordo da 16 giorni, «agì correttamente in adempimento del dovere di soccorso in mare». E non andava arrestata con l’accusa di «resistenza o violenza contro nave da guerra», affermano i giudici secondo i quali, per altro, quella motovedetta della Finanza non può essere qualificata come nave da guerra perché non era condotta da un ufficiale della Marina militare.
Le motivazioni depositate ieri in Cassazione sono una nuova mazzata per Salvini alla vigilia del voto della giunta del Senato sull’autorizzazione a procedere per il caso Open Arms e in vista dell’udienza preliminare del processo per la Gregoretti che la Procura di Catania ha già chiesto di fissare. « Dire che si può speronare una nave della Guardia di Finanza con a bordo cinque militari è un principio pericolosissimo per l’Italia e per gli italiani. Un conto è soccorrere dei naufraghi in mare, che è un diritto- dovere di chiunque, un conto è giustificare un atto di guerra», il commento dell’ex ministro. L’inchiesta a carico della comandante della Sea Watch 3 è ancora in corso, i pm hanno chiesto una proroga di sei mesi. Ma la pronuncia della Cassazione avrà gittata lunga. «È un punto di riferimento decisivo per valutare la materia dei soccorsi in mare – dicono gli avvocati Alessandro Gamberini, Leonardo Marino e Salvatore Tesoriero – Valga questa pronuncia anche ad ammonire coloro che ancora fanno resistenza all’abrogazione di quei decreti sicurezza, che costituiscono un insulto alle ragioni del diritto». E Riccardo Magi, uno dei parlamentari che salì a bordo della Sea Watch 3, aggiunge: «Carola andava aiutata e ringraziata, Ora meriterebbe le scuse delle autorità italiane».